Il voto negativo dell’amministrazione finanziaria non impedisce l’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento. Una lettura critica
di Silvia Zenati, Avvocato e Dottore Commercialista Scarica in PDFTribunale di La Spezia, 14 gennaio 2021 – contra Tribunale di Bari 18 gennaio 2021
Parole chiave proposta di transazione fiscale – voto negativo dell’amministrazione finanziaria – omologa dell’accordo da parte del Tribunale
Massima L’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento deve ritenersi raggiunto anche in caso di mancato raggiungimento delle maggioranze a causa del voto negativo espresso dalla Amministrazione finanziaria, purché lo stesso risulti decisivo per l’approvazione della proposta, e più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria
Disposizioni applicate art. 12 comma 3 ter L.3/2012, come introdotto dall’art.4 ter comma 1 lett.f D.L.137/2020, convertito in L.176/2020 – CM 34/E del 29/12/2020
Il Tribunale di La Spezia si è pronunciato sulla controversa applicabilità del c.d. cram down nei confronti dell’amministrazione finanziaria, come di recente introdotto nella L.3/2012, ed immediatamente applicabile in una procedura di sovraindebitamento già aperta, e quindi da considerarsi pendente alla data di entrata in vigore della novella legislativa (25 dicembre 2020).
L’art. 12 comma 3 quater della l.3/2012, inserito nella normativa del sovraindebitamento dall’art. 4 ter comma 1 lettera f), d. l. 137/2020, convertito nella l. 176/2020, consente al Tribunale di omologare l’accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria, quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuali di cui all’art.11, comma 2, L.3/2012 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell’OCC, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
La novella ha preso atto della situazione di difficoltà nella quale viene a trovarsi l’amministrazione finanziaria in sede di espressione del voto sulla proposta formulata dal debitore, situazione che di fatto generava minime adesioni alle proposte contemplanti il non integrale pagamento del debito erariale, introducendo nella l.3/2012 la facoltà del Tribunale di omologare l’accordo, anche in mancanza dell’adesione da parte dell’amministrazione finanziaria: sul significato del concetto di mancata adesione, da intendersi solo in senso letterale, e cioè come mancata espressione del voto, ovvero anche come espressione di voto negativo, prende posizione il Tribunale di La Spezia, affermando che la novella legislativa “ comporta la conversione ipso iure in voto positivo del voto negativo espresso dall’Agenzia delle Entrate rispetto alla proposta di accordo di composizione della crisi avanzata dal debitore, qualora ricorrano due condizioni: quale prima condizione è necessario che il contenuto positivo o negativo del voto sia decisivo ai fini dell’esito delle votazioni (nel senso che il voto positivo dell’Agenzia delle Entrate comporta l’approvazione della proposta, mentre il voto negativo dell’Agenzia delle Entrate comporta la mancata approvazione della proposta); quale seconda condizione è necessario che la proposta di accordo di composizione della crisi consenta all’Agenzia delle Entrate di ottenere soddisfazione maggiore rispetto a quella ricavabile dalla procedura di liquidazione del patrimonio ai sensi degli artt. 14 ter ss. 3/2012.”.
Il giudice di merito ricostruisce la ratio legis nel principio costituzionale dell’art.97, disciplinante il buon andamento della Pubblica amministrazione, ritenendolo elemento fondante della novella legislativa sul cram down imposto all’amministrazione finanziaria, nelle sole ipotesi in cui il voto della stessa risulti decisivo per l’esito della votazione: infatti, qualora il voto stesso risulti ininfluente, l’obiettivo della massima efficienza della Pubblica amministrazione verrebbe comunque a realizzarsi, anche se per fattori estranei alla condotta della P.A., sussumibile nella espressione del voto.
Tale interpretazione della giurisprudenza di merito risulta confliggente con il contenuto della circolare n.34/E del 29 dicembre 2020 dell’Agenzia delle Entrate, disciplinante le regole per la valutazione delle proposte di trattamento del credito tributario presentate dai contribuenti nelle procedure concorsuali maggiori, secondo la quale l’ufficio, nel valutare le proposte di transazione sotto il profilo della condotta del debitore e della sua capacità di apportare finanza esterna a beneficio dei creditori, dovrà puntualmente motivare l’eventuale voto negativo, anche per consentire al contribuente di esaminare gli elementi di criticità rilevati dall’ufficio. Alla luce di ciò, consentire, come sostiene il collegio ligure, l’intervento omologatorio del Tribunale non solo in caso di inerzia, ma anche in caso di voto negativo consapevolmente e motivatamente espresso dall’ufficio, significherebbe consentire la (inaccettabile) sostituzione della volontà del Giudicante a quella del creditore Erario.
La posizione del Tribunale di La Spezia risulta in aperto contrasto con quella assunta, in tempi concomitanti, dal Tribunale di Bari (decreto del 18 gennaio 2021) in una procedura di concordato preventivo pendente nella quale l’amministrazione finanziaria aveva espresso voto negativo: il collegio dei giudici baresi ritiene infatti che sia il tenore letterale delle norma, che parla di mancata espressione del voto, sia la derivante disparità di trattamento tra i creditori ammessi al voto (in quanto solo il voto contrario dell’amministrazione finanziaria, e non quello di altri creditori, sarebbe superabile con la valutazione del Tribunale), non consentano di ritenere giustificato l’intervento del Tribunale in merito all’approvazione della proposta concordataria, in caso di voto contrario espresso dell’amministrazione finanziaria.