I “vizi di forma telematici” alla prova della giurisprudenza
di Giuseppe Vitrani, Avvocato Scarica in PDFCome noto, il timore degli operatori del diritto è che l’introduzione delle molteplici novità procedure peculiari per provvedere al deposito telematico degli atti del processo abbia dato vita ad un nuovo formalismo giudiziario in grado di determinare nuove ipotesi di responsabilità per l’avvocato.
Ci si domanda in particolare quale portata cogente abbiano le norme sulle attestazioni di conformità o quale forza vincolante abbiano le disposizioni sulle notificazioni per via telematica, che sono per la verità particolarmente minuziose e giungono anche ad indicare le parole esatte che debbono essere inserite nel campo “oggetto” del messaggio di posta elettronica certificata.
Sempre in tema di notificazioni, il timore di incorrere in decadenze o sanzioni processuali è acuito dal fatto che l’art. 11 della legge n. 53 del 1994 prevede la comminatoria di nullità ad ampio spettro, essendo ivi previsto che “le notificazioni di cui alla presente legge sono nulle e la nullità è rilevabile d’ufficio, se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica”.
A tali interrogativi sta dando ora risposta convincente la giurisprudenza, anche di legittimità; sta infatti emergendo con nettezza una linea interpretativa che, calate le norme sul processo telematico nel complessivo sistema disegnato dal codice di rito, tende di fatto a restringere parecchio lo spazio per la comminatoria di nullità o decadenze.
In linea generale, in giurisprudenza si sta dunque facendo ampio utilizzo del principio generale di cui all’art. 156 c.p.c. secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.
Detto principio, lo ha recentemente ricordato la Suprema Corte, vale anche per le notificazioni, in relazione alle quali la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario. Il risultato dell’effettiva conoscenza dell’atto che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ovverosia l’indirizzo di PEC, determina il raggiungimento dello stesso scopo perseguito dalla previsione legale del ricorso alla PEC (Cass. SS. UU., 18 aprile ’16, n. 7665).
Tale principio ha, ad esempio, trovato espressa applicazione in una nota sentenza della Corte d’Appello di Cagliari, ove si è affermato expressis verbis che, in caso di notificazione effettuata ai sensi dell’art. 3 bis legge n. 53 del 1994 a mezzo della posta elettronica certificata, l’erronea indicazione, nell’oggetto del messaggio, dell’anno della legge istitutrice della facoltà di notifica in proprio per gli avvocati integra un mero errore materiale rilevabile all’evidenza e non costituisce motivo di nullità della notificazione stessa.
Possiamo dunque affermare che in generale, pertanto, sia la Suprema Corte sia i giudici di merito appaiono ormai decisamente contrari ad accogliere eccezioni con le quali si lamenti un mero vizio procedimentale senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa e possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale.
Viene così applicato correttamente il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, in forza del quale “La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte” (Cass. SS. UU., 18 aprile ’16, n. 7665).
È ora auspicabile che detta linea interpretativa si rafforzi e consolidi; solo attraverso siffatta lettura delle norme si potrà trasmettere il giusto messaggio secondo cui l’infrastruttura del processo civile telematico costituisce un mezzo per una migliore attuazione dei principi di difesa consacrati nel processo e non è invece una costruzione destinata a creare nuove ipotesi di nullità o decadenza a carico dell’avvocato.