I vizi della vendita forzata vanno fatti valere mediante opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, comma 2, c.p.c.
di Ernestina De Medio Scarica in PDFCassazione civile, sez. terza, 25 giugno 2020 n. 22854, Pres. Spirito, Est. Tatangelo
In tema di processo esecutivo, ogni questione relativa alla validità ed efficacia dell’aggiudicazione e della vendita forzata deve essere fatta valere, tanto dalle parti della procedura quanto dall’aggiudicatario, nell’ambito del processo stesso e attraverso i rimedi impugnatori ad esso connaturali (e, quindi, principalmente, mediante l’opposizione agli atti esecutivi), non essendo ammissibile un’autonoma azione di ripetizione, anche solo parziale, del prezzo di aggiudicazione nei confronti dei creditori che hanno partecipato al riparto o del debitore al quale sia stato attribuito l’eventuale residuo (Nella fattispecie, la S.C. ha statuito che il principio, di portata generale, trova applicazione pure nel caso di discrepanza tra la superficie reale dell’immobile venduto e quella indicata nella relazione di stima posta a base della vendita coattiva, senza che tale ipotesi possa essere assimilata a quella di evizione, anche soltanto parziale, la quale consente all’acquirente della cosa espropriata di ripetere il prezzo da ciascun creditore).
CASO
L’aggiudicataria di un immobile reclama la restituzione di parte del prezzo versato, e già distribuito ai creditori, sull’assunto che il bene acquistato abbia una superficie inferiore a quella indicata nella relazione di stima, in base alla quale era stato determinato il prezzo base d’asta.
SOLUZIONE
La Suprema Corte rigetta il ricorso, dichiarandone l’inammissibilità in relazione agli accertamenti di fatto riservati ai Giudici di merito sulla base del materiale probatorio agli atti del quale viene richiesta una nuova e diversa valutazione inammissibile in sede di legittimità, e l’infondatezza, posto che “nella vendita forzata l’aggiudicatario del bene pignorato, in quanto parte del processo di esecuzione, ha l’onere di far valere l’ipotesi di aliud pro alio solo con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi che va esperita nel limite temporale massimo dell’esaurimento della fase satisfattiva dell’espropriazione, costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione.
QUESTIONI
Quando l’aggiudicatario intende proporre nei confronti dei creditori azioni di ripetizione di parte del prezzo pagato per la vendita forzata e lo debba fare dopo la chiusura della procedura o comunque fuori dal processo di esecuzione, deve fornire la prova della impossibilità di contestare la regolarità del procedimento di vendita coattiva attraverso le opposizioni proponibili in sede esecutiva, dimostrando di aver potuto acquisire la consapevolezza dei vizi solo dopo la chiusura della procedura.
Il che va escluso, ove l’aggiudicatario sia entrato nel possesso del bene acquistato in coincidenza con l’emissione del decreto di trasferimento e dunque prima dell’approvazione del progetto di riparto, così come va escluso qualora abbia visitato il bene prima della partecipazione alla gara (acquisendo contezza delle dimensioni effettive), ma soprattutto ove l’immobile posto in vendita venga aggiudicato a un prezzo di gran lunga maggiore a quello cui sarebbe stato aggiudicato anche in caso di corretta indicazione nella perizia di stima delle dimensioni (nel caso esaminato indicate in misura maggiore rispetto alle reali).
In pratica, la pluralità di rilanci acclara che l’errore nell’indicazione della superficie (del giardino) non ha avuto alcuna incidenza sul prezzo di aggiudicazione. Anzi, l’aggiudicazione a un prezzo superiore al valore stimato fa venir meno il nesso di causalità tra il danno e il prezzo corrisposto in più rispetto al valore del bene, quale sarebbe stato determinato in mancanza dell’errore di misurazione e pagato in assenza di rilanci, quale prezzo base dell’esperimento di vendita.
La questione posta all’attenzione della Corte viene qualificata come un’ipotesi di aliud pro alio, da far valere entro il termine di venti giorni dalla conoscenza (conseguita o conseguibile con la normale diligenza) del vizio con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi e nulla ha a che vedere con l’ipotesi di evizione (anche parziale) che, ai sensi dell’art. 2921 c.c., consentirebbe l’azione di ripetizione secondo cui l’acquirente della cosa espropriata, se ne subisce l’evizione, può ripetere il prezzo (o una parte proporzionale del prezzo) non ancora distribuito, dedotte le spese, e, se la distribuzione è già avvenuta, può ripetere da ciascun creditore la parte che ha riscossa e dal debitore l’eventuale residuo, salva la responsabilità del creditore procedente per i danni e per le spese .
L’evizione è la perdita totale o parziale della cosa a causa di pretese avanzate da terzi sulla cosa stessa: è un fatto che si manifesta successivamente alla conclusione della procedura di vendita forzata, pur essendo ad essa preesistente, e che determina la mancata attuazione dell’effetto traslativo dell’atto di acquisto del bene.
La responsabilità del creditore procedente (che sussiste tutte le volte in cui egli sia in colpa benché non in mala fede) per l’evizione subita dall’acquirente si giustifica per il fatto che l’ordinamento gli attribuisce un potere di scelta circa i beni del debitore su cui soddisfare il proprio credito, chiamandolo a rispondere delle conseguenze quando assoggetti ad esecuzione beni che non appartengono al debitore. Si vuole, altresì, evitare ogni ingiustificato arricchimento del creditore e del debitore a danno del terzo acquirente.
Ne consegue che l’aggiudicatario che, attraverso l’opposizione agli atti esecutivi, lamenti vizi “quantitativi” dell’immobile, non può invocare la riduzione del prezzo di vendita ex art. 2921 co. 2 c.c. (c.d. evizione parziale).
La giurisprudenza di legittimità, infatti, ritiene che l’elemento caratterizzante l’evizione sia sempre l’intervento rivendicativo o espropriativo del terzo, vendita volontaria o forzata che sia, escludendo invece la garanzia quando il terzo si limiti ad affermare la esistenza di un diritto di proprietà sul bene, senza esperire alcuna azione per recuperare il diritto nella propria sfera patrimoniale (ex plurimis Cass. 13-05-2003 n.7294; Ord. Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 23.12.2019).
L’art. 2921 c.c., infatti, attribuisce all’aggiudicatario una tutela restitutoria – attraverso un’azione contro i creditori per la ripetizione dell’indebito, in proporzione al prezzo distribuito – e, se del caso, anche una tutela di carattere risarcitorio: all’aggiudicatario evitto viene riconosciuto il diritto di ripetere il prezzo non ancora distribuito o quello oggetto di distribuzione (nel caso in cui questa sia già intervenuta), fatta salva la responsabilità del creditore procedente per i danni ed il limite dei creditori privilegiati od ipotecari ai quali la causa di evizione non sia opponibile.
La ratio, dunque, è da ricercare nella responsabilità assunta da chi pone in moto il processo esecutivo ed indica i beni da espropriare, nonché da chi trae vantaggio dalla procedura stessa.
In termini generali la garanzia per evizione prevista dall’art. 1483 cc ha la funzione di eliminare lo squilibrio delle prestazioni determinato dall’inadempimento del venditore; la garanzia opera, dunque, nei limiti del ripristino della situazione anteriore alla conclusione del contratto anche in mancanza di colpa del venditore; la colpa è invece necessaria allorché il compratore chieda il risarcimento integrale dei danni, comprensivo anche dell’interesse positivo.
Nel caso di specie, l’aggiudicatario ha solo riscontrato (peraltro tardivamente) una situazione di fatto differente da quella rappresentata e descritta nella CTU che non rientra nelle ipotesi di garanzia per evizione.
Ad abundantiam ricordiamo che l’art. 2922 c.c. prevede che “nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa” e che “essa non può essere impugnata per causa di lesione”, residuando all’aggiudicatario la sola possibilità di impugnare la vendita quando il bene trasferito risulti del tutto diverso da quello descritto ovvero si riveli assolutamente inidoneo all’utilizzo descritto nell’ordinanza di vendita e nella pubblicità, integrando un c.d. aliud pro alio (sul tema v., da ultimo, Tedoldi, Esecuzione forzata, Pisa, 2020, 155 s.; Id., Vendita e assegnazione forzata, in Dig. civ., XIX, Torino, 1999, 653 ss., dove ulteriori richiami).
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