13 Luglio 2015

Violazione di norme processuali e regime di deducibilità del vizio

di Enrico Picozzi Scarica in PDF

Cass., Sez. III, 9 aprile 2015, n. 7086

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Impugnazioni civili – Violazione di norma processuale – Sentenza pronunciata prima della scadenza dei termini ex art. 190 c.p.c. – Impugnazione – Onere di dimostrare un effettivo pregiudizio – Sussistenza (C.p.c., artt. 101, 190, 352, 360 n. 4)

[1] La deliberazione della sentenza prima della scadenza dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. non costituisce una nullità della sentenza invocabile in sé e per sé, essendo viceversa sempre necessario che la parte che deduca siffatta violazione indichi anche la sussistenza di un effettivo pregiudizio quale conseguenza del vizio processuale.

CASO
[1] Nell’ambito di un giudizio di risarcimento del danno derivante da illecito cagionato da cosa in custodia ex art. 2051 c.c., la domanda veniva respinta tanto in primo quanto in secondo grado. Il soccombente, pertanto, ricorreva per cassazione, deducendo anche la violazione dell’art. 190 c.p.c., poiché la sentenza era stata deliberata in un momento anteriore alla scadenza del termine per lo scambio delle memorie di replica.

SOLUZIONE
[1] Il Supremo Collegio, dopo aver preliminarmente rilevato l’esistenza di un orientamento prevalente (cfr. Cass., sez. III, 10 marzo 2008, n. 6293; Cass., sez. I, 15 febbraio 2007, n. 3454; Cass., sez. III, 6 marzo 2006, n. 4805; Cass., Sez. III, 18 ottobre 2005, n. 20142; Cass., sez. III, 7 marzo 2003, n. 3416; Cass., sez. III, 21 maggio 2001, n. 6897) che considera la violazione in discorso come causa di nullità della sentenza, ritiene di dissociarsene, affermando, di contro, che l’inosservanza di una norma processuale può dar luogo a nullità alla sola condizione che abbia prodotto una lesione in concreto del diritto di difesa. In questa direzione, dunque, il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un effettivo pregiudizio, deve indicare nel ricorso: aa) le ulteriori e rilevanti aggiunte o specificazioni che la contravvenzione del termine di cui all’art. 190 c.p.c. gli ha impedito di svolgere; nonché bb) la ragionevole probabilità che quelle deduzioni, se fossero state prese in esame, avrebbero condotto la lite verso un esito differente (analogamente, cfr. Cass., sez. III, 23 febbraio 2006, n. 4020)

QUESTIONI
[1] Come già anticipato, la pronuncia in commento si pone in linea di chiara discontinuità rispetto all’orientamento maggioritario, nell’ambito del quale, a più riprese, si sono affermati i seguenti principi di diritto:
1) la violazione dell’art. 190 c.p.c. dà luogo a nullità del procedimento ex art. 156, comma 2, c.p.c. e, conseguentemente della sentenza (cfr. Cass., sez. II, 3 giugno 2008, n. 14657);
2) il pregiudizio può ritenersi sussistente in re ipsa, senza la necessità di dover dimostrare di aver patito una specifica lesione al diritto di difesa (cfr. Cass., sez. II, 24 marzo 2010, n. 7072);
3) con la conseguenza che, diversamente opinando, si finirebbe per considerare il pregiudizio, rectius le modalità di rilievo della nullità come sopra descritte, elemento costitutivo della nullità medesima (cfr. Cass., sez. VI, 5 aprile 2011, n. 7760)
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Data l’emersione del contrasto giurisprudenziale, non si può escludere che della questione verranno presto investite le Sezioni Unite ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c.

Per maggiori approfondimenti in dottrina, cfr. Luiso, Invalidità e mezzi di impugnazione della sentenza, in Riv. dir. proc., 2009, 15 e ss.; Gradi, Vizi in procedendo e ingiustizia della decisione, in Studi in onore di Carmine Punzi, Vol. III, Torino, 2008, 63 e ss.