Vendita diretta da parte dell’agricoltore: le novità
di Luigi Scappini Scarica in PDFIl Legislatore, con la Legge di Bilancio per il 2019 è intervenuto sull’articolo 4 D.Lgs. 228/2001 ampliando il raggio di azione concesso agli imprenditori agricoli per vendere, in deroga alle ordinare regole amministrative del commercio, in zona agricola.
Come noto, a partire dalla riforma del 2001, attuata con la L. 57/2001 e i connessi decreti legislativi, è stata introdotta una figura moderna di imprenditore agricolo che, tra le varie attività cui si può dedicare, contempla anche veri e propri atti di commercio, quali la valorizzazione e commercializzazione di prodotti agricoli, a condizione, tuttavia, che gli stessi provengano in misura prevalentemente dall’attività agricola esercitata, sia essa la coltivazione del fondo, l’allevamento di animali o la selvicoltura.
In tale contesto innovativo si innesta anche la previsione di cui all’articolo 4 D.Lgs. 228/2001 che va a riformare quanto precedentemente disciplinato con la L. 59/1963 che, nella realtà, non vietava la vendita ai produttori agricoli, ma la limitava ai propri prodotti, per i quali, tuttavia, non era necessario munirsi della licenza prevista dall’allora R.D.L. 2174/1926. Se è vero che la disciplina non richiedeva la licenza, era comunque necessario, ai sensi dell’articolo 3, presentare la domanda di autorizzazione ai sindaci dei Comuni presso i quali si intendeva procedere alla vendita.
L’articolo 4 D.Lgs. 228/2001 è innovativo innanzitutto per il fatto che, in ossequio a un concetto di dinamismo imprenditoriale, estende la vendita dei prodotti agricoli non solo alla forma stanziale della sede aziendale, maanche alla forma itinerante, non itinerante su aree pubbliche, in locali aperti al pubblico, su aree pubblichemediante utilizzo di un posteggio e, da ultimo, in modalità e-commerce.
L’altra novità è data dall’oggetto della vendita che non è più limitato ai propri prodotti ma, come evidenziato dal comma 5, può concernere prodotti derivati e quindi ottenuti per effetto di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli propri, prodotti derivanti dalla manipolazione e trasformazione di prodotti agricoli provenienti dal proprio fondo, prodotti agricoli acquistati da altri produttori agricoli e appartenenti allo stesso settore merceologico, seppur in misura non prevalente e prodotti agricoli acquistati da altri soggetti non produttori agricoli seppur in misura non prevalente (cfr. risoluzioni Mise 81039/2016 e 169670/2017).
L’articolo 4, tuttavia, limitava la possibilità di cedere prodotti attinenti al proprio settore merceologico; per fare un esempio, fermo restando la possibilità per un allevatore di maiali di vendere nel proprio punto aziendale dedicato non solo salami, ma anche vino, le regole derogatorie si potevano applicare solo per i prodotti strettamente attinenti all’attività svolta.
Tale quadro viene modificato dall’articolo 1, comma 700, L. 145/2018 che introduce il nuovo comma 1-bisnell’articolo 4, prevedendo che i produttori agricoli singoli e associati, “possono altresì vendere direttamente al dettaglio in tutto il territorio della Repubblica i prodotti agricoli e alimentari, appartenenti ad uno o più comparti agronomici diversi da quelli dei prodotti della propria azienda, purché direttamente acquistati da altri imprenditori agricoli. Il fatturato derivante dalla vendita dei prodotti provenienti dalle rispettive aziendedeve essere prevalente rispetto al fatturato proveniente dal totale dei prodotti acquistati da altri imprenditori agricoli”.
Ecco che allora quanto sopra detto viene meno e l’allevatore di maiali potrà vendere il vino, le marmellate, il formaggio, la frutta e la verdura, in abbinamento alle proprie carni e insaccati a condizione che:
- l’acquisto avvenga direttamente da altri imprenditori agricoli e
- non venga snaturata l’origine del proprio reddito e quindi la prevalenza del fatturato proveniente dalla vendita sia originata dai propri prodotti.
Una norma dirompente che, tuttavia, merita alcuni urgenti chiarimenti in relazione alle modalità con le quali l’imprenditore potrà dimostrare la provenienza “agricola”, fermo restando le possibili difficoltà per i soggetti preposti alle verifiche di comprendere quando il prodotto sia il frutto del lavoro di un imprenditore agricolo exarticolo 2135 cod. civ..
Si ricorda che, con la L. 205/2017 (Legge di bilancio per il 2018), era stato allargata la vendita anche alla “somministrazione non assistita” e al cd. “street food” agricolo (cfr. risoluzione Mise 56196/2018).
Infine, si sottolinea che il regime testé descritto è applicabile nei limiti di fatturato pari a 160.000,00 euro per gli imprenditori individuali e 4 milioni di euro per quelli associati.