8 Novembre 2022

Valutazione dei fatti costitutivi la prova del credito vantato dall’ex amministratore di condominio verso i condomini già operata dal giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità

di Francesco Luppino, Dottore in legge e cultore della materia di diritto privato presso l'Università degli Studi di Bologna Scarica in PDF

Cassazione civile, sez. 6-2, ordinanza 25 febbraio 2020, n. 5062. Presidente P. D’Ascola – Estensore A. Scarpa

Massima: “In tema di condominio, l’accettazione da parte del nuovo amministratore della documentazione condominiale consegnatagli dal precedente così come un pagamento parziale, a titolo di acconto di una maggiore somma, non costituiscono prove idonee del debito nei confronti di quest’ultimo da parte dei condomini per l’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando pur sempre all’assemblea di approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l’opportunità delle spese affrontate d’iniziativa dell’ amministratore. La sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore, non integra, pertanto, una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata”.

CASO

Tizio, ex amministratore del Condominio Caio, depositava ricorso per ingiunzione avanti al Tribunale di Catania chiedendo la condanna del Condominio ingiunto, al pagamento di una certa somma, esponendo di esserne creditore a titolo di compensi professionali e di rimborso di spese anticipate per la gestione del condominio medesimo, nel corso del suo mandato.

In seguito alla notifica del decreto ingiuntivo così ottenuto, Il Condominio Caio proponeva opposizione, adducendo che sia il “passaggio di consegna” all’amministratore subentrante, sia la delibera condominiale dedotta da Tizio nel proprio ricorso non costituivano prove del credito né ricognizione di debito, eccependo, in subordine, la prescrizione del credito professionale vantato da Tizio.

In accoglimento dell’opposizione il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo precedentemente emesso e condannava Tizio al rimborso delle spese processuali di Caio.

Tizio appellava la decisione del giudice di prime cure, sostenendo, tra l’altro, che il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di considerare come l’approvazione dei rendiconti da parte dell’assemblea condominiale comprendeva anche il debito azionato in sede monitoria, sia per anticipazioni che per compensi a lui  dovuti quale precedente amministratore .

Con sentenza la Corte d’Appello di Catania respingeva l’impugnazione di Tizio.

Tizio ricorreva per Cassazione con un ricorso fondato su tre motivi.

Resisteva il condominio Caio con controricorso.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 5062 del 25 febbraio 2020, ha rigettato il ricorso presentato da Tizio ed ha condannato il ricorrente a corrispondere al condominio le spese del giudizio di cassazione nonché al pagamento, ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

QUESTIONI

Con il primo motivo di ricorso, Tizio denuncia l’errore nel quale sarebbe incorsa la Corte d’Appello di Catania nel ritenere che non poteva assurgere “a valore di prova di detto credito il verbale di passaggio delle consegne al nuovo amministratore e l’impegno o il versamento di un acconto”, anche per l’anticipo non autorizzato dall’assemblea, e che quest’ultimo non può essere valutato come ricognizione del debito.

Secondo il ricorrente, infatti, la sottoscrizione del verbale di consegna da parte del nuovo amministratore, comprensivo dell’indicazione del credito a lui spettante, avrebbe invece valore di ricognizione del debito. In particolare, il versamento di un primo acconto da parte del nuovo amministratore, avvenuto dopo la delibera assembleare, che secondo Tizio proverebbe il proprio credito, costituirebbe l’esecuzione della volontà assembleare di procedere ai pagamenti, senza alcuna riserva.

Con il secondo motivo di ricorso, Tizio censura il ragionamento della corte territoriale che non avrebbe ammesso la c.t.u. richiesta dall’allora appellante, poiché ritenuta esplorativa, in quanto la documentazione bancaria prodotta da Tizio non sarebbe stata sufficiente a dimostrare il credito vantato.

Secondo Tizio, invece, la consulenza avrebbe avuto la funzione di consentire una ricostruzione del rapporto contabile non controverso nella sua esistenza e l’asserita insufficienza sarebbe stata superata dalla ricognizione del debito operata dal nuovo amministratore in seno al verbale di passaggio di consegne ed anche dal versamento dell’acconto in favore di Tizio.

Con il terzo ed ultimo motivo, Tizio lamenta l’errore commesso dalla corte catanese nell’aver concluso che tutta la documentazione bancaria prodotta, se da un canto, non consente una ricostruzione precisa delle eventuali anticipazioni di Tizio, dall’altro costituisce un riscontro preciso circa la gran confusione dei patrimoni dell’ex amministratore e quelli dei condomini amministrati.

Dal canto suo Tizio sostiene, invece, di aver raggiunto la piena prova della sua domanda attraverso la documentazione prodotta e, nello specifico, mediante: (i) il passaggio di consegne al nuovo amministratore con il riconoscimento del debito del Condominio; (ii) il bonifico effettuato a titolo di acconto; (iii) la delibera assembleare che ebbe ad approvare i rendiconti e ad autorizzare il nuovo amministratore a procedere ai pagamenti.

Gli Ermellini hanno riunito la trattazione dei tre motivi di ricorso, perché connessi tra loro e tutti e tre infondati.

La Corte d’Appello di Catania ha ritenuto che Tizio non avesse raggiunto la prova del credito relativo al compenso e alle anticipazioni da lui vantate e ciò rappresenta, come è noto, un apprezzamento di fatto che costituisce prerogativa del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità.

Secondo la sentenza impugnata, non assurge a prova del credito vantato da Tizio né il verbale di passaggio di consegne all’amministratore subentrante, né il versamento dell’acconto deliberato dall’assemblea dei condomini.

I giudici del Supremo Collegio, dunque, hanno eccepito come di fatto le tre censure perseguono la scopo di sollecitare la Cassazione medesima ad effettuare una nuova rivalutazione circa la sussistenza della prova del credito, analizzando la contabilità condominiale, ovvero gli esborsi effettuati e le attività espletate da Tizio, ma tali valutazioni e calcoli costituiscono accertamenti di fatto demandati al giudice di merito e sono incensurabili in sede di Cassazione se non sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.

Gli Ermellini hanno ribadito un principio costantemente affermato in sede di giurisprudenza di legittimità secondo cui, «poiché il credito dell’amministratore per il recupero delle somme anticipate nell’interesse del Condominio si fonda, ex art. 1720 c.p.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, è l’amministratore che deve offrire la prova degli esborsi effettuati, mentre i condomini (e quindi il Condominio) – che sono tenuti, quali mandanti, a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, ed a pagargli il compenso oltre al risarcimento dell’eventuale danno – devono dimostrare di avere adempiuto all’obbligo di tenere indenne l’amministratore di ogni diminuzione patrimoniale in proposito subita»[1].

In sostanza, i giudici della Cassazione hanno affermato che incombeva su Tizio, ex amministratore del condominio Caio, l’onere probatorio circa la dimostrazione dei fatti su cui si fondava la sua pretesa creditoria inerente il recupero delle spese che aveva sostenuto durante la sua gestione. Invece, spettava all’assemblea dei condomini il potere di approvare, con il conto consuntivo, gli incassi e le spese condominiali, ma solo una chiara e definitiva indicazione in bilancio dell’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili avrebbe potuto costituire idonea prova del debito dei condomini nei confronti del precedente amministratore[2].

Secondo gli Ermellini, a conferma del ragionamento svolto dai giudici della corte territoriale, l’accettazione da parte del nuovo amministratore del condominio Caio della documentazione condominiale consegnatagli da Tizio e il pagamento parziale, a titolo di acconto, non costituiscono prove idonee a dimostrare l’esistenza e la sussistenza del debito nei confronti del ricorrente per l’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, in quanto spetta pur sempre all’assemblea l’approvazione del conto consuntivo per confrontarlo con il preventivo, ovvero valutare l’opportunità delle spese affrontate d’iniziativa dell’amministratore.

Riprendendo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità in altre occasioni, «la sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore, non integra, pertanto, una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata».[3]

Inoltre, la sentenza impugnata per Cassazione ad ogni modo ha negato anche la sussistenza di una delibera assembleare che approvasse il rendiconto e che specificasse le somme a carico del condominio da corrispondere a Tizio.

In altre occasioni la Corte di Cassazione ha già affermato che la deliberazione dell’assemblea di condominio, che procede all’approvazione del rendiconto consuntivo, pur ove evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, non consente di ritenere dimostrato, in via di prova deduttiva, che la differenza sia stata versata dall’amministratore con denaro proprio, in quanto la ricognizione di debito postula un atto di volizione da parte dell’organo collegiale in relazioni a poste passive specificamente indicate[4].

Infine, gli Ermellini hanno chiarito che non è censurabile in sede di legittimità la mancata disposizione della consulenza tecnica d’ufficio da parte del giudice di merito, in quanto, nel caso di specie, incombeva sul ricorrente Tizio provare i fatti costitutivi del proprio diritto di credito e non si poteva usare la consulenza come strumento idoneo a esonerare la parte dal soddisfare il proprio onere della prova «o a procurare esplorativamente circostanze o elementi non provati».

[1] Cass. civ., Sez. 2, ordinanza 26 febbraio 2019, n. 5611; Cass. civ., Sez. 6 2, ordinanza 17 agosto 2017, n. 20137; Cass. civ., Sez. 2, sentenza 30 marzo 2006, n. 7498.

[2] Affermato da Cass. civ., sez. II, sentenza 28 maggio 2012, n. 8498; Cass. civ., sez. II, sentenza 14 febbraio 2017, n. 3892.

[3] Cass. civ., sez. II, sentenza 28 maggio 2012, n. 8498.

[4] Cass. civ., sez. II, sentenza 9 maggio 2011, n. 10153.

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