Versamento in conto capitale dell’usufruttuario in luogo del nudo proprietario
di Dario Zanotti, AvvocatoTribunale di Bologna, Sez. spec. in materia di imprese, sentenza del 23 dicembre 2014, n. 3721.
Parole chiave: Usufrutto – Quote sociali – Società a responsabilità limitata – Capitale sociale
Massima: “L’usufruttuario di quote di una S.r.l. non può trarre in concreto vantaggio dal versamento spontaneamente effettuato in conto capitale, perché la disciplina di legge, e in particolare l’art. 2352 c.c., richiamato dall’art. 2471 bis c.c., pur attribuendo il diritto di voto all’usufruttuario, non gli consentono di sottoscrivere l’aumento di capitale, riservato invece al nudo proprietario.”
Disposizioni applicate: Artt. 985, 986, 2352 e 2471 bis c.c.
Secondo il Tribunale di Bologna, la disciplina civilistica (v. artt. 2352 e 2471 bis c.c.), pur attribuendo il diritto di voto all’usufruttuario, non gli consente di sottoscrivere l’aumento di capitale, che resta invece riservato al nudo proprietario. Ciò ha conseguenze ad esempio nelle ipotesi in cui un usufruttuario decida spontaneamente di contribuire con versamento in conto capitale: la legge infatti non consente di ritenere che le nuove (eventuali) quote possano automaticamente essere sottoscritte dall’usufruttuario che ha versato in luogo del nudo proprietario.
Nella sentenza che si commenta, una s.r.l. aveva deliberato all’unanimità di procedere a versamenti in conto futuro aumento del capitale, prevedendo altresì che, qualora l’aumento non fosse stato deliberato entro dieci anni dalla data dell’assemblea, i soci avrebbero avuto diritto alla restituzione di quanto versato. In tale contesto, un usufruttuario (Caio, per comodità di lettura) ha versato spontaneamente a favore della società la somma in conto capitale al posto del nudo proprietario. Caio, poi, ha inteso chiedere l’accertamento del proprio diritto alla restituzione di quanto versato o comunque del diritto di sottoscrivere una quota di piena proprietà proporzionale al versamento eseguito.
Come noto, rileva la corte bolognese, i versamenti c.d. “in conto capitale” si inseriscono tra i conferimenti eseguiti al di fuori degli schemi previsti dal Codice civile; essi si traducono in un incremento del solo patrimonio netto della società e non sono imputabili a capitale (anzi, secondo certa giurisprudenza sarebbero assimilabili ai conferimenti di capitale di rischio; cfr. Cass. 16393 del 2007) fino a che, con apposita delibera assembleare di modifica dell’atto costitutivo, non ne venga disposto successivamente l’utilizzo per un aumento del capitale sociale.
In tale ambito, l’aumento di capitale – per l’operare degli artt. 2352 e 2471 bis c.c. – resta riservato al solo nudo proprietario, e ogni eventuale usufruttuario potrebbe legittimamente sottoscrivere l’aumento di capitale soltanto in tale sua qualità, vantando esclusivamente il diritto di usufrutto sulle azioni di nuova emissione (cfr. art. 2532, comma 3, c.c.). L’usufruttuario che ha sottoscritto l’aumento di capitale potrebbe avere comunque diritto ad un’indennità, da commisurarsi nella minor somma tra l’importo della spesa e l’aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti (cfr. art. 985, comma 2, c.c.), ovvero il valore delle addizioni al tempo della riconsegna (cfr. art. 986, comma 2, c.c.), a seconda di quanto si consideri applicabile.
Caio, l’usufruttuario, nemmeno avrebbe potuto far valere la sussistenza di un indebito nei confronti della società, come richiesto nell’ambito del caso in analisi. Secondo il Tribunale, la scelta di Caio di effettuare il versamento delle somme spontaneamente, senza attendere che il socio nudo proprietario gliene fornisse la provvista (art. 2352, comma 2 c.c.) o senza rivalersi su quest’ultimo, non possono essere addebitate alla società, che è terza rispetto ai rapporti tra usufruttuario e nudo proprietario.
Vale la pena di segnalare, in chiusura del presente commento, che sembra essere ammessa dalla giurisprudenza di merito la facoltà dell’usufruttuario di sottoscrivere un aumento di capitale riservato ai soci (nella specie si trattava di azioni) per la parte di esso rimasta inoptata da questi ultimi. Infatti, secondo il Tribunale di Bari che ha deciso nell’ambito di un procedimento cautelare, l’usufruttuario non sarebbe da considerarsi come “terzo” rispetto alla società e, pertanto, le azioni di nuova emissione sulle quali grava diritto di opzione dei soci possono divenire di esclusiva proprietà dell’usufruttuario nella misura in cui i soci non abbiano esercitato l’opzione a loro spettante (cfr. Trib. Bari, ordinanza del 4 giugno 2010, commentata da E.E. Bonavera, in Le Società, n. 10, 2010, pp. 1192 ss.).
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