Truffe contrattuali cinesi: se le conosci le eviti
di Roberto Luzi Crivellini Scarica in PDFAffare imperdibile, normale richiesta commerciale o tentativo di raggiro? I malintenzionati in Cina non sono molto creativi e gli schemi utilizzati per i “bidoni” sono ben noti e ricorrenti: vediamo i principali.
1. Il contatto via internet e l’invito a firmare il contratto in Cina
Il caso più frequente è quello di una società cinese che, dopo aver reperito informazioni sui prodotti italiani attraverso il sito web dell’azienda italiana, comunica via email la disponibilità ad acquistare importanti quantitativi di merce. Segue di solito un primo scambio corrispondenza via email tra le parti, all’esito del quale la società cinese comunica la decisione di acquistare i prodotti echiede di finalizzare l’accordo in tempi molto rapidi, invitando la parte italiana a recarsi in Cina per concludere la trattativa e non lasciar sfumare l’affare.
Molti ci credono e non resistono alla tentazione di saltare sul primo aereo: sbarcati in Cina la situazione sembra ancor più allettante, visto che il potenziale compratore si dimostra un negoziatore molto arrendevole, disponibile ad accettare tutte le condizioni proposte dalla parte italiana e frettoloso di concludere il contratto.
Questo però non è un buon segno, anzi: deve suonare come un campanello d’allarme. E’ noto che i cinesi sono negoziatori abili e molto pazienti e le trattative commerciali di solito sono lunghe e snervanti, una trattativa troppo semplice, soprattutto se si tratta del primo incontro tra le parti, è molto sospetta.
Che ci si trovi di fronte ad un tentativo di truffa è certificato poi dalla richiesta di alcuni pagamenti in loco al fine di poter concludere l’affare.
A titolo d’esempio, i più comuni sono: una tassa di registrazione del contratto presso un notaio del luogo; un contributo spese per incombenti amministrativi o doganali; un pagamento in contanti per ammorbidire le autorità preposte ed ottenere in tempi rapidi licenze o permessi di importazione dei beni. A volte accade anche che lo straniero sia invitato a offrire pranzi o cene o a soggiornare in un albergo prenotato dalla parte cinese, salvo poi ricevere la sorpresa di un conto esorbitante.
Rientrati in Italia, purtroppo, molto spesso il contratto firmato resterà un inutile pezzo di carta, il fantomatico cliente si renderà irreperibile e la società cinese risulterà inesistente. Si avrà allora la certezza che l’intera operazione era architettata al solo fine di estorcere all’incauto straniero qualche migliaio di euro.
2. Il pagamento su un diverso conto corrente
Un’altra truffa molto frequente è quella del conto corrente bancario diverso da quello solitamente utilizzato.
Qui le parti di solito sono invertite. La società cinese è il venditore dei prodotti, da cui l’imprenditore italiano intende acquistare o ha già acquistato una serie di partite di merce.
Un giorno il venditore o l’agente di riferimento informa il compratore che il conto corrente bancario normalmente utilizzato è stato bloccato (le scuse più frequenti sono che stato ecceduto il limite di valuta estera autorizzato, o sono in corso verifiche amministrative, o semplicemente si è cambiata la banca utilizzata), con invito a provvedere al pagamento del prezzo su un diverso conto corrente, intestato ad altro soggetto. In altri casi la richiesta è motivata dal fatto che la fornitura dei prodotti avviene per il tramite di un’altra società, che è titolare della licenza di esportazione dei prodotti ed è autorizzata a ricevere il pagamento per conto del venditore.
Dopo avere eseguito il pagamento, il compratore italiano ha spesso l’amara sorpresa di non ricevere la merce: alle sue richieste riceverà la risposta stupita cheil venditore non ha mai ricevuto il pagamento, che il diverso conto corrente non appartiene alla società e che la richiesta di pagamento su altro conto proveniva da un hacker che ha intercettato la corrispondenza tra le parti. Solo a quel punto, verificando l’indirizzo email dal quale è stata trasmessa la richiesta di utilizzo del nuovo conto corrente, il compratore si avvede in genere di qualche piccola differenza nell’account email utilizzato per la richiesta di pagamento sul diverso conto (es. diverso nome a dominio, diverso provider o differente nome utente).
Il venditore a quel punto si renderà disponibile a spedire la merce solo a condizione che il pagamento venga rinnovato sul conto corrente corretto, cosa che – evidentemente – è bene non fare per non essere ingannati una seconda volta. Le ricerche di verifica dell’intestatario del falso conto corrente in genere non portano ad alcuna risposta da parte della banca e sarà di fatto impossibile identificare gli autori della truffa.
3. Prevenire è meglio che curare
Nei casi visti sopra, ed in altri simili, una volta perpetrata la truffa è pressoché inutile cercare di porvi rimedio: i costi e le spese legali sono di solito superiori al valore del danno e nella maggioranza dei casi è impossibile rintracciare il responsabile del raggiro. Ecco allora qualche consiglio utile – oltre al buon senso – per evitare di cadere in tranelli simili a quelli descritti:
1) Verificare l’identità della controparte. Ogni società cinese ha unabusiness license rilasciata dalla SAIC (State Administration for Industry and Commerce), che contiene le seguenti informazioni:
– nome ufficiale della società in caratteri cinesi;
– numero di registrazione;
– sede;
– oggetto sociale;
– data di costituzione e scadenza;
– legale rappresentante;
– capitale registrato e versato.
La business license è un documento in lingua cinese, simile al seguente:
Verificare le informazioni, con l’aiuto di un professionista competente, consentirà di appurare l’identità dell’interlocutore, l’affidabilità della società e il fatto che il sedicente rappresentante possa in effetti spendere il nome della società.
2) Smarcato positivamente il primo punto, è bene procedere comunque con molta prudenza, specie nel caso di nuovo cliente o fornitore. Nel caso di vendita di prodotti ad un compratore cinese è opportuno chiedere unpagamento in acconto anticipato e il saldo del prezzo a merce pronta, oppure l’apertura di una lettera di credito. Nel caso in cui la parte cinese sia il fornitore è raccomandato prevedere un’ispezione on site della merce, con incarico a società terza di certificare la qualità dei prodotti e la rispondenza alle specifiche contrattuali.
3) In ogni caso è bene affidarsi ad un consulente specializzato per la redazione del contratto, evitando improvvisazioni: i contratti sono generalmente bilinguee va verificata con attenzione la traduzione del testo italiano o inglese in cinese, così come occorre valutare se inserire penali contrattuali e quale sia la scelta migliore per eventuali controversie (spesso la decisione di prevedere la competenza esclusiva del giudice italiano si rivela un boomerang che rende inutile ed anti-economico procedere con l’azione legale).