Tabelle millesimali in condominio: forma scritta “ad substantiam” ed esclusione di modifica per “ facta concludentia”
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Torre Annunziata, sentenza 1330/2020 del 21/09/2020 (giudice F. Coppola).
“L’attuale regime normativo, che richiede sempre l’unanimità per la formazione e la modificazione, salvo le eccezioni prescritte, implicitamente, supera tale classificazione, non distinguendo circa la natura delle tabelle, cioè sul se esse deroghino o meno ai criteri legali, e richiede sempre, per la revisione, l’unanimità (art. 69, comma 3, disp. att. c.c.). La revisione delle tabelle non effettuata all’unanimità, nei casi in cui non sia possibile provvedervi con la maggioranza, deve, quindi, ritenersi nulla per l’impossibilità dell’oggetto, e perciò impugnabile indipendentemente dall’osservanza del termine perentorio di trenta giorni ex. art. 1137, comma 2, c.c.”
- Descrizione del caso in sentenza
Con atto di citazione dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, il condomino Tizio proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo richiesto dall’opposto Condominio, il quale deduceva di essere creditore di una somma relativa ad oneri condominiali (quote ordinarie e conguagli) per gli anni compresi dal 2012 al 2016, a fronte di bilanci consuntivi e preventivi regolarmente approvati dall’assemblea condominiale mediante delibere successive, mai impugnate dall’opponente.
A fondamento della propria opposizione a decreto ingiuntivo, Tizio eccepiva la nullità di esse delibere, in quanto, a suo dire, la ripartizione delle spese era avvenuta in base a tabelle millesimali diverse rispetto a quelle annesse al regolamento di condominio contrattuale, redatto dall’impresa costruttrice e trascritto alla Conservatoria dei Registri di Napoli.
Per tal motivo, chiedeva la dichiarazione di nullità di esse delibere in questa differente sede e contestualmente la revoca del decreto ingiuntivo; in via gradata, inoltre, domandava il riconoscimento dell’eventuale minor somma risultante dall’applicazione delle summenzionate tabelle millesimali contrattuali, in luogo della maggior somma richiesta in decreto.
L’opponente, quindi, deduceva l’illegittimità del decreto ingiuntivo poiché il relativo credito era fondato su delibere di approvazione di preventivi e consuntivi annuali di spesa da ritenersi viziate, atteso che il riparto delle spese era avvenuto in base a tabelle millesimali mai approvate in sede assembleare e che quindi le tabelle millesimali originarie, in nessun caos possono ritenersi modificate per “facta concludentia”, come sostenuto dall’opposto condominio.
Il Condominio contestava le avversarie deduzioni, affermando che le “nuove” tabelle millesimali erano in uso circa vent’anni, che esse erano state ratificate nel 2013 con delibera e, che la modifica poteva avvenire anche per comportamenti concludenti.
La causa veniva riservata in decisione, all’esito dell’esperimento della procedura obbligatoria di mediazione ordinata dal giudice, a seguito dell’eccezione d’improcedibilità (fase di opposizione a decreto ingiuntivo), come sollevata dal Condominio opposto.
Il giudice monocratico di Torre Annunziata, definitivamente pronunziandosi sulla domanda proposta da Tizio, accoglieva parzialmente l’opposizione; revocava il decreto ingiuntivo e, condannava l’opponente al pagamento di una minor somma per le motivazioni che seguono in commento.
- L’approvazione delle tabelle millesimali: maggioranza o unanimità ?
Il giudicante imposta l’iter argomentativo della pronuncia dal precedente n. 18477/2010 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ove veniva affermato che l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non avendo natura negoziale non doveva essere sorretto dal consenso unanime dei condomini, essendo a tal scopo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2, c.c.[1].
Le Sezioni Unite nella pronuncia su richiamata, condividendo l’avviso che la tabella millesimale serva esclusivamente ad esprimere un rapporto di valore tra i diritti dei vari condomini, in termini aritmetici, senza incidenza alcuna rispetto agli stessi; chiarivano che l’atto di approvazione è esclusivamente atto di mera natura valutativa del patrimonio ai delimitati effetti della distribuzione del carico delle spese condominiali, ovvero della misura del diritto di partecipazione alla formazione della volontà assembleare. Pertanto, in questo senso, la delibera assembleare di approvazione delle tabelle, non si pone come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condominio, ma esclusivamente come parametro di quantificazione dello stesso, determinato in base ad una precisa valutazione tecnica.
Detto orientamento trova conferma anche in una recentissima pronuncia medesima Corte di Cassazione, in cui veniva ribadito che “Per l’atto di approvazione delle tabelle millesimali e per quello di revisione delle stesse, è sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2, c.c., ogni qual volta l’approvazione o la revisione avvengano con funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge; viceversa, la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella “diversa convenzione”, di cui all’art. 1123, comma 1, c.c., rivelando la sua natura contrattuale, necessita dell’approvazione unanime dei condomini.” [2].
Da ciò consegue che, sulla scorta delle divergenze tra tabella ricognitiva e tabella derogatoria al regime legale, qualora ricorra la prima ipotesi e nel caso in cui la relativa deliberazione approvativa risulti viziata da errori originari o da sopravvenute sproposizioni, per ripristinare la correttezza aritmetica è sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2, c.c.[3]
Qualora si tratti di tabelle allegate ad un regolamento di origine contrattuale e non comportanti deroga ai principi di cui all’art. 1123 c.c., ai fini distributivi del carico delle spese condominiali, l’atto di approvazione e di revisione delle tabelle non ha natura negoziale e, dunque, è sufficiente la maggioranza qualificata ex art. 1136, comma 2, c.c., e non già dell’unanimità dei consensi.
L’ago della bilancia tre unanimità e maggioranza qualificata, ai fini approvativi e di revisione delle tabelle, risiede nel rispetto e quindi nella mancata deroga dei criteri legali per la ripartizione delle spese condominiali.
- Le modifiche della L.220/13, articolo 69 disp att cc; i “facta concludentia”
Questa disciplina ha trovato modifica, però, nel nuovo testo dell’art. 69 disp. att. c.c., in esito alla riforma L.220/13, il quale primo comma prevede che: “I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità. Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi:
1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;
2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione”.
Per cui, la disciplina vigente richiede, per la rettifica o revisione delle tabelle millesimali, legali o convenzionali l’unanimità dei consensi, salve le ipotesi espressamente derogatorie.
In ordine alla forma degli atti, il Tribunale adito, ricevendo espressamente l’orientamento maggioritario della Corte di Cassazione[4], ha sottolineato che gli atti di approvazione o di revisione delle tabelle millesimali debbano avere forma scritta “ad substantiam” e che la relativa approvazione per facta concludentia deve essere, di conseguenza, necessariamente esclusa.
Ciò in quanto, essendo richiesta la forma scritta ab substantiam per la formazione e modifica del regolamento condominiale[5], anche se di natura non contrattuale, e che le tabelle millesimali sono allegate al regolamento, il quale ai sensi dell’art. 1138 c.c. viene approvato “dall’assemblea con maggioranza”; ne consegue che, in primis, le tabelle devono essere approvate mediante la medesima maggioranza richiesta per l’approvazione del regolamento di condominio; in secundis, che la prescritta forma scritta ad substatiam per il regolamento sia imposta anche per gli atti di approvazione o revisione delle tabelle.
Si aggiunge che tale regime, consenso unanime e forma scritta ab substantiam, viene prescritto sia per le tabelle millesimali conformi ai dettami legislativi in materia di ripartizione delle spese pro-quota, che per le tabelle che derogano ai legali criteri anzidetti, in virtù dell’attuale regime normativo, di cui all’art. 69, comma 3, disp. att. c.c., che supera implicitamente la suddetta classificazione richiedendo sempre l’unanimità per la formazione e modificazione delle tabelle, prescindendo dalla natura di quest’ultime.
D’altro canto, il Tribunale censura le interpretazioni della giurisprudenza di merito, richiamate dalla difesa del Condominio, relativamente ai “facta concludentia”, che giustificherebbero presunte modifiche delle tabelle in assenza di unanimità, quali: “prolungata accettazione dei bilanci, la partecipazione con voto favorevole a reiterate delibere di approvazione delle spese condominiali straordinarie, l’acquiescenza alla concreta attuazione di tali delibere”.
In particolare, sottolinea che l’opponente non aveva dedotto/provato che le tabelle contrattuali fossero derogatorie dei criteri legali ex. art. 1123 c.c., essendo necessario, in base al previgente regime vigente all’epoca, il consenso unanime per la modifica delle tabelle contrattuali.
- Il rilevo d’ufficio sulla nullità della delibera
Infatti, ricorda il Tribunale che secondo consolidato orientamento della Suprema Corte SSUU 4806/05, la distinzione tra nullità ed annullabilità delle delibere è la seguente: “in tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrarie all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono su diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedente qualificate maggioranza in relazione all’oggetto”[6].
Peraltro, non sfugge al Tribunale la questione “pregiudiziale” che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese condominiali, il condomino opponente non può fare valere questioni attinenti l’annullabilità della delibera condominiale di approvazione della spesa[7].
Di conseguenza, l’accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo discende dalla specifica circostanza che la delibera sia stata impugnata e/o sospesa dal giudice del merito dell’impugnazione alla delibera medesima e non da quello in cui il decreto ingiuntivo viene successivamente opposto.[8]
Il ragionamento del Tribunale si allarga sino a qualificare anche i limiti della rilevabilità d’ufficio, laddove arriva a definire che compete al giudice, sollevare d’ufficio l’eccezione, allorquando il vizio della delibera sia di nullità, investendo un elemento costitutivo della domanda ed estendendosi quindi anche alle delibere, il principio dettato in materia di contratti dall’art. 1421c.c.[9]
Per questi motivi, il Tribunale di Torre Annunziata, in parziale accoglimento della domanda del ricorrente, ritenendo che le delibere poste a fondamento del decreto ingiuntivo fossero adottate nella vigenza del nuovo testo dell’articolo 69 disp att cc ed avendo ripartito le spese secondo tabelle diverse da quelle contrattuali originarie, non modificate all’unanimità, fossero nulle, revocava il decreto ingiuntivo e condannava l’opponente al pagamento di una minor somma, rispetto a quella riporta in decreto.
[1] Confermato anche da Cass., sez. 2, civ, ordinanza del 25/10/2018 n. 27159.
[2] Cass., sez. 2, civ, sentenza del 10/03/2020 n. 6735.
[3] In tal senso: Cass., sez. 6, ordinanza del 25/01/2020 n. 1848; Cass., sez. 2, civ, ordinanza del 25/10/2018 n. 27159.
[4] Cass., sez. 2, civ., sentenza del 15/10/2019 n. 26042.
[5] Cass., sez. un., civ., sentenza del 30/12/1999 n.943; Cass., sez. 2, civ., sentenza del 18/04/2002 n. 5626; Cass., sez. 2, civ., sentenza del 16/09/2004 n. 18665; Cass., sez. 2, civ., sentenza del 14/08/2007 n. 17694; Cass., sez. 6, civ., ordinanza del 05/02/2013 n. 2668.
[6] Cass., sez. Un., civ., sentenza del 07/03/2005 n.4806.
[7] Cass. civ. SU 26628/2009; Cass. civ. 4672/2017
[8] Cass. civ. 19938/12; 7741/17; 16389/18.
[9] Cass. civ. 12582/2015; 6652/2017.