16 Gennaio 2024

Superbonus, abbandono del cantiere da parte dell’appaltatore e condanna all’adempimento

di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Pavia, 20 ottobre 2023

Parole chiave

Appalto – Superbonus – Abbandono del cantiere – Domanda di adempimento – Risarcimento del danno

Massima: “Nell’ambito di un contratto di appalto per la realizzazione di opere di efficientamento energetico con il beneficio fiscale del superbonus al 110%, laddove l’appaltatore abbandoni il cantiere avendo realizzato solo il 60% dei lavori concordati, sussiste un grave inadempimento dell’impresa edile, che legittima da parte del committente la presentazione di una domanda di risoluzione del contratto o – alternativamente – di adempimento del contratto, in ambedue i casi con diritto del committente a ottenere il risarcimento del danno, commisurato ai maggiori costi sostenuti per le utenze”.

Disposizioni applicate

Art. 1655 c.c. (nozione), art. 1453 c.c. (risolubilità del contratto per inadempimento)

CASO

Tra un committente e un appaltatore viene concluso un contratto di appalto avente a oggetto opere di efficientamento energetico per un corrispettivo di 105.000 euro. Si tratta di lavori che rientrano nelle categorie per cui è possibile godere del beneficio fiscale del superbonus al 110%. Una buona parte dei lavori viene realizzata, essendo stato perfezionato uno stato avanzamento lavori (s.a.l.) al 60%. A questo punto il cantiere si blocca, dal momento che l’appaltatore non riesce a cedere i crediti d’imposta. Non monetizzando i crediti fiscali, l’appaltatore non riesce a pagare i subappaltatori, generandosi uno stallo nei lavori. Il committente si vede allora costretto ad agire in giudizio, chiedendo in via principale l’adempimento del contratto di appalto e – in via subordinata e alternativa – la risoluzione del contratto.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Pavia riconosce l’esistenza di un inadempimento grave dell’appaltatore, che legittimerebbe la risoluzione del contratto, ma accoglie la domanda di adempimento presentata in via principale dal committente e condanna l’appaltatore a terminare l’esecuzione delle opere previste, condannando altresì l’impresa edile al risarcimento del danno, consistente nei maggiori costi di approvvionamento di energia e gas.

QUESTIONI

Uno dei principali problemi pratici che il superbonus ha incontrato è stato il blocco della cessione dei crediti. Verso metà 2022, le banche hanno ridotto fortemente l’acquisto dei crediti d’imposta. La motivazione principale è semplicemente l’esaurimento della capienza fiscale delle banche. Le imprese edili si sono così improvvisamente trovate con i cassetti fiscali pieni di crediti d’imposta e nell’impossibilità di monetizzarli. Questa situazione ha condotto a un sostanziale blocco dei cantieri: senza la necessaria liquidità, le imprese non riescono più ad approvvigionarsi dei materiali né riescono a pagare maestranze e subappaltatori.

A fronte di un cantiere bloccato, la scelta di base che deve compiere il committente è se insistere per l’esecuzione del contratto oppure per la risoluzione del medesimo. Si tratta di valutazioni che dipendono dai singoli casi concreti e da diversi fattori. Se è venuta meno la fiducia nella capacità dell’impresa edile di realizzare i lavori, non rimane altra via che chiedere la risoluzione del contratto di appalto, anche al fine di sostituire la prima impresa con una seconda impresa, che ci si augura più affidabile ed efficiente.

Il caso affrontato dal Tribunale di Pavia si colloca esattamente in questo ambito. L’avvocato nominato dal committente chiede in via principale l’adempimento e, in via alternativa e subordinata, la risoluzione del contratto di appalto. Di primo acchito, parrebbero essere due domande in contraddizione: non si può chiedere sia l’adempimento di un contratto sia la risoluzione del medesimo (dal punto di vista logico: o si va avanti o ci si ferma). In realtà, non vi è alcuna contraddizione nelle domande presentate dal committente, in quanto le due istanze vengono presentate in via alternativa e subordinata: in via principale l’adempimento e, se questo risultasse non possibile, la risoluzione.

Il Tribunale di Pavia accerta che buona parte dei lavori sono stati effettuati e che mancano solo tre gruppi di lavorazioni: l’installazione dei pannelli fotovoltaici, l’impianto per la produzione di energia elettrica e la colonnina per la ricarica degli autoveicoli. Si tratta comunque di una quota di lavori importanti (il 40%), la cui mancata realizzazione giustifica la risoluzione per inadempimento grave. Il committente però ha chiesto in via principale l’adempimento; ecco allora che il giudice pavese accoglie la domanda principale e condanna l’impresa edile a completare i lavori non ancora terminati.

La sentenza del Tribunale di Pavia merita di essere segnalata in quanto costituisce uno dei primi precedenti collegati agli inadempimenti dei contratti di appalto nell’ambito del superbonus. Il provvedimento del giudice pavese lascia però l’amaro in bocca, in quanto il lettore della sentenza ha l’impressione che si tratti di una decisione destinata a rimanere inadempiuta. Si consideri che l’impresa edile rimane contumace nel processo civile. L’appaltatore dunque non solo ha smesso di realizzare i lavori, ma non partecipa nemmeno al processo. Rimangono allora dubbi che l’impresa edile adempia poi spontaneamente alla sentenza del Tribunale di Pavia, riprendendo i lavori. Un conto è avere un titolo giudiziario in mano, un altro conto è che l’impresa voglia/possa adempiere.

La sentenza del Tribunale di Pavia, oltre al profilo della condanna al corretto adempimento del contratto, contiene un altro profilo degno di nota. Come si ricordava sopra, il committente aveva chiesto anche la condanna dell’appaltatore al risarcimento del danno. La richiesta viene accolta dal giudice pavese. Il Tribunale di Pavia osserva che l’oggetto del contratto di appalto consiste in lavori di efficientamento energetico, che consentono dei risparmi nelle bollette di luce e gas. Se i lavori fossero stati terminati puntualmente, il committente avrebbe goduto di risparmi nelle forniture di elettricità e gas. La causa di questi costi aggiuntivi sono i ritardi dell’appaltatore, che viene condannato a pagare al proprietario un risarcimento del danno nella misura di 4.256,38 euro.

In conclusione, merita di essere riportato il dispositivo della sentenza. Il Tribunale di Pavia accerta e dichiara l’inadempimento della società appaltatrice relativamente al contratto intercorso con il committente; per l’effetto condanna l’appaltatrice alla perfetta e integrale esecuzione di detto contratto con il perfezionamento degli interventi mancanti e consistenti in: a) consegna e posa di 15 pannelli fotovoltaici e delle batterie d’accumulo; b) installazione, avvio e collaudo dell’impianto di produzione di energia elettrica; c) consegna e posa della colonnina di ricarica per l’auto. Il giudice pavese condanna altresì la società appaltatrice alla rifusione dei danni patiti dal committente e quantificati in 4.256, 38 euro.

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