1 Marzo 2022

Sull’inapplicabilità dell’obbligo della specifica approvazione per iscritto al patto di non concorrenza nel contratto di agenzia

di Abigail Owusu, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. II, sent. 14 gennaio 2022, n. 1143 – Pres. Manna, Rel. Varrone

Parole chiave:

Contratto di agenzia – patto di non concorrenza – clausole vessatorie – contratto concluso mediante moduli o formulari – obbligo della specifica approvazione per iscritto – predisposizione unilaterale – serie indefinita di rapporti – esclusione

Massima: “In tema di condizioni generali di contratto, perché sussista l’obbligo della specifica approvazione per iscritto di cui all’art. 1341 c.c., comma 2, non basta che uno dei contraenti abbia predisposto l’intero contenuto del contratto in modo che l’altra parte non possa che accettarlo o rifiutarlo nella sua interezza, ma altresì è necessario che lo schema sia stato predisposto e le condizioni generali siano state fissate, per servire ad una serie indefinita di rapporti, sia dal punto di vista sostanziale, perché confezionate da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti, sia dal punto di vista formale, in quanto predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie. Ne consegue che 01, cui l’altro possa richiedere di apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto” [Massima ufficiale].

Disposizioni applicate:

Artt. 1341, 1342 c.c.

CASO

La società Alfa adiva il Tribunale della Spezia, lamentando il rifiuto da parte della società Beta, in favore della quale aveva svolto attività di agente dal 1987 al 2007, di corrispondere quanto dovuto a titolo di patto di non concorrenza per il periodo successivo alla cessazione del rapporto di agenzia.

La società Beta, costituitasi in giudizio, replicava che nel contratto era prevista una percentuale dello 0,25 % sulle vendite da imputare a patto di non concorrenza, chiedendo in via riconvenzionale il pagamento della penale in conseguenza della violazione del patto di non concorrenza da parte della società attrice, oltre alla restituzione di tutti gli importi versati in corso di rapporto a tale titolo.

Il Tribunale, verificata la sussistenza della violazione del patto di non concorrenza e la validità della relativa clausola, condannava la società Alfa a restituire quanto percepito a tale titolo, oltre al pagamento della penale.

La società Alfa proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

Nel costituirsi nel giudizio di appello, la società Beta proponeva appello incidentale per il caso di accoglimento della domanda di nullità del patto di non concorrenza, chiedendo altresì la restituzione di quanto versato a tale titolo nel corso del rapporto.

La Corte d’Appello riteneva infondato il gravame con riferimento alla domanda principale di pagamento dell’indennità in forza del patto di non concorrenza.

Sul punto, il giudice di seconde cure condivideva il rilievo del Tribunale secondo cui non poteva dirsi di per sé invalida la regolazione del patto di non concorrenza attraverso il riconoscimento di un importo in forma percentuale-provvigionale rispetto agli affari conclusi. La Corte d’Appello riteneva, viceversa, fondato l’altro motivo di appello relativo alla nullità del patto di non concorrenza, così come la conseguente domanda di restituzione di quanto corrisposto a tale titolo.

Secondo la Corte d’Appello, nonostante nel contratto si affermasse che erano in corso trattative per la proposta di incarico di agente generale di sub-area, il testo di regolazione del rapporto risultava predisposto unilateralmente dalla società Beta ed era identico ad altri contratti stipulati dalla medesima società con altri agenti. L’unico punto differente riguardava la misura delle provvigioni, ivi compresa la quota inerente la remunerazione del patto di non concorrenza.

Non essendo stata fornita alcuna prova in ordine ad una reale pattuizione della clausola inerente il divieto di concorrenza al momento della cessazione del rapporto contrattuale, il giudice di seconde cure concludeva nel senso della vessatorietà del relativo patto, e quindi della sua nullità ex art. 1341, comma 2, c.c. stante la mancata specifica approvazione per iscritto, in quanto inserito in un testo destinato concretamente ad essere utilizzato per una contrattazione uniforme.

La società Beta proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, cassa con rinvio la decisione della Corte d’appello ritenendo che nel contratto di agenzia la pattuizione vessatoria non necessita di specifica approvazione per iscritto, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., in quanto il regolamento negoziale non è rivolto ad una platea indifferenziata di soggetti, bensì solo agli agenti, né lo stesso risulta predisposto a mezzo di moduli o formulari.

QUESTIONI

La sentenza in commento offre un’occasione per svolgere alcune riflessioni sulla portata dell’obbligo della specifica approvazione per iscritto di cui agli artt. 1341, comma 2, e 1342, comma 2, c.c., in relazione al contratto di agenzia.

Al fine di indagare la decisione in oggetto, giova ricordare, seppure sinteticamente, la disciplina dettata dal Codice civile in tema di condizioni generali di contratto.

Come è noto, le condizioni generali di contratto sono le clausole predisposte unilateralmente da un soggetto per regolare in modo uniforme una serie indeterminata di rapporti contrattuali (in dottrina cfr. C. M. Bianca, Condizioni generali di contratto, Milano, I, 1979, II, 1981; Id., voce Condizioni generali di contratto (tutela dell’aderente), in Dig. IV ed., Disc. priv., sez. civ., III, Torino, 1988, 397 ss.; Id., voce Condizioni generali di contratto: I) Diritto civile, in Enc. giur. Treccani, VII, Roma, 1988, 2; G. De Nova, Le condizioni generali di contratto, nel Trattato Rescigno, X, Obbligazioni e contratti, 2, Torino, 1997; A. Di Majo, Il controllo giudiziale delle condizioni generali di contratto, in Riv. dir. comm., 1970, I, 192 ss.)

In ordine alla qualificazione di tali clausole dalla lettura degli artt. 1341 e 1342 c.c., dottrina e giurisprudenza hanno ricavato due diverse tipologie contrattuali.

La prima è costituita dai c.d. contratti per adesione, caratterizzati dal consenso manifestato da una delle parti mediante la mera adesione ad uno schema predisposto dall’altra parte attraverso le condizioni generali di contratto.

La seconda è quella dei contratti conclusi mediante moduli o formulari predisposti dal contraente o da terzi.

Con il contratto per adesione si costruisce un regolamento destinato a disciplinare uniformemente i rapporti contrattuali del predisponente; viceversa, con il contratto–tipo si forma uno strumento utilizzabile per la conclusione di una serie indefinita di contratti mediante la semplice compilazione di spazi vuoti.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi in materia, possono qualificarsi come contratti “per adesione” esclusivamente «le strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (vale a dire se predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari)» (cfr. Cass. n. 2294/2001; Cass. n. 12153/2006; Cass. n. 7607/2015). Viceversa, non possono essere qualificati tali i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riguardo a singole e specifiche vicende negoziali e a cui l’altro contraente possa apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto.

Le condizioni generali di contratto sono efficaci nei confronti del contraente non predisponente se al momento della conclusione del contratto le ha conosciute o avrebbe potuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza.

In entrambi i casi, il contratto si forma sulla base di una presunzione secondo cui la conoscibilità delle clausole equivale a manifestazione tacita di consenso.

Detto in altri termini, le clausole non negoziate dai contraenti entrano a far parte della regolamentazione pattizia sul presupposto della conoscibilità dell’aderente delle clausole predisposte unilateralmente dall’altra parte.

La ratio di tale normativa, che deroga alle normali modalità di negoziazione del contenuto contrattuale, è stata rinvenuta, nell’esigenza di semplificare «l’organizzazione e la gestione delle imprese», considerato che «il bisogno di una libertà di trattativa […] importerebbe intralci spesso insuperabili» (cfr. Relazione di accompagnamento al Codice civile vigente n. 612). Come evidenziato da autorevole dottrina, l’impiego di metodi di contrattazione standardizzata offre vantaggi non trascurabili, determinando una riduzione di quei costs of bargaining che le tecniche di contrattazione individualizzata contribuiscono invece ad elevare (V. Roppo, I contratti standard e le tecniche del loro controllo, in Il controllo sociale delle attività private, a cura di S. Rodotà, E.C.I.G., 1977, p. 529 ss.).

In quanto le condizioni generali sono utilizzate dal predisponente nel proprio interesse, l’aderente risulta esposto al pericolo di trovarsi assoggettato ad un regolamento che aggravi ingiustificatamente la sua posizione contrattuale.

Per tale ragione, il secondo comma dell’art. 1341 c.c., richiamato a sua volta, per i contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari, dal secondo comma dell’art. 1342 c.c., richiede per un elenco tassativo di clausole la specifica

approvazione per iscritto (in argomento, in dottrina, v. L. Francario, Le clausole vessatorie, in Enc. giur. Treccani, Milano, VII, 1988, p. 8 ss.; A. Genovese, voce Condizioni generali di contratto, in Enc. del dir., VIII, Milano, 1961, p. 802 ss.).

La ratio dell’onere formale della specifica sottoscrizione risulta ispirata alla tutela di una parte, qualificata come aderente, che non ha partecipato alla formazione e alla formulazione delle condizioni del contratto, essendosi limitata soltanto a sottoscrivere un testo da altri predisposto. Il secondo comma dell’art. 1341 c.c. è dunque volto a tutelare il contraente debole che, proprio in ragione di tale sua debolezza non avendo potere economico finisce per accettare tutte le condizioni da altri imposte.

Come sottolineato dalla prevalente dottrina, la soluzione normativa che impone tale onere formale importa comunque l’osservanza del medesimo a prescindere dalla circostanza che l’aderente abbia avuto conoscenza delle clausole vessatorie o si sia trovato in posizione economica non inferiore rispetto al predisponente (C.M. Bianca, voce Condizioni generali di contratto: I) Diritto civile, cit., p. 8).

Ciò di cui il legislatore si preoccupa è che il soggetto aderente, che non ha avuto modo di partecipare alla predisposizione del contenuto contrattuale, venga allarmato, tramite la doppia sottoscrizione, sul contenuto di particolari clausole.

Per l’applicazione della norma non assume alcun rilievo la pericolosità in concreto della clausola, risultando al contrario sufficiente che la clausola corrisponda ad una di quelle previste dal legislatore sulla base di un giudizio ipotetico di pericolosità in astratto (V. Cusumano, Le condizioni generali di contratto: vessatorietà e bilateralità, in NGCC, 2016, p. 240).

Questo requisito della debolezza economica di uno dei due contraenti, messo in luce dalla dottrina, risulta superato da quella giurisprudenza che ritiene sufficiente, ai fini della qualificazione formale di un contratto come contratto per adesione, la riferibilità del regolamento negoziale ad una platea indifferenziata di soggetti ovvero la sua predisposizione mediante moduli o formulari (cfr. Cass. n. 2294/2001 cit.; Cass. n. 12153/2006 cit.; Cass. n. 7607/2015 cit.).

Con specifico riguardo al contratto di agenzia, dove l’autonomia negoziale delle parti non incontra alcun limite per quanto attiene alla determinazione pattizia (in argomento si rinvia a F. Toffoletto, Il contratto di agenzia, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da Cicu-Messineo-Mengoni, continuato da P. Schlesinger, Milano, 2008, p. 41 ss.), deve escludersi l’applicabilità, al patto di carattere vessatorio aggiunto al contratto, degli artt. 1341, 1342 c.c. non essendo il regolamento negoziale   riferito ad una platea indifferenziata di soggetti, ma solo agli agenti, né lo stesso risulta predisposto a mezzo di moduli e formulari (Cass. 4190/2020).

Più in generale, con la sentenza in commento la Corte di Cassazione evidenzia, come ai fini dell’operatività degli artt. 1341 e 1342 c.c., non sia sufficiente che uno dei contraenti abbia predisposto unilateralmente l’intero contenuto del regolamento negoziale ma sia altresì necessario che le condizioni in esso fissate non possano che essere accettate (o rifiutate), nella loro interezza e, comunque, siano finalizzate a disciplinare una serie indefinita di rapporti.

Nel caso di specie, la Corte ha escluso l’applicabilità degli artt. 1341 e 1342 c.c. al patto di non concorrenza del contratto di agenzia per non integrare quest’ultimo un contratto “per adesione”, avuto riguardo, da un lato, al fatto che il regolamento negoziale di cui fosse riferibile ad una platea limitata e ben definita di soggetti, dall’altro, per non essere stato predisposto a mezzo di moduli e formulari tanto che, con specifico riferimento alla remunerazione del patto di non concorrenza, le condizioni cambiavano di volta in volta. Con riguardo a quest’ultimo aspetto, la giurisprudenza ritiene che lo svolgimento di una trattativa imponga di ricondurre la fattispecie nell’alveo del contratto individuale, venendo così meno le ragioni di una tutela specifica, comunemente ravvisata proprio nell’impossibilità di contribuire alla formazione del contenuto del contratto.

La sentenza in commento si inserisce nella scia dell’interpretazione evolutiva dell’onere formale previsto dagli artt. 1341 e 1342 c.c., volta a valorizzare il ruolo effettivamente rivestito dalle parti al momento della conclusione del contratto.