4 Aprile 2016

Sull’inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado per omessa indicazione od omessa prova della data di comunicazione dell’ordinanza

di Michele Ciccarè Scarica in PDF

Cass., Sez. VI-Lavoro, 10 marzo 2016, n. 4738

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Impugnazioni civili – Ricorso per cassazione ex art. 348 ter c.p.c. – Mancata indicazione della data di comunicazione dell’ordinanza filtro – Ammissibilità o inammissibilità – Rimessione alle Sezioni Unite (C.p.c. artt. 348 ter, 366) 

Impugnazioni civili – Ricorso per cassazione ex art. 348 ter c.p.c. – Mancato deposito della prova circa la data di comunicazione dell’ordinanza filtro – Procedibilità o improcedibilità – Rimessione alle Sezioni Unite (C.p.c., artt. 348 ter, 369, co. 2, n. 2) 

[1] Rilevato che costituisce questione di massima di particolare importanza, oltretutto oggetto di contrasto giurisprudenziale, la sorte del ricorso per cassazione, proposto ex art. 348 ter c.p.c., nei casi di mancata indicazione della data di comunicazione dell’ordinanza filtro – ammissibilità ovvero inammissibilità ex art. 366 c.p.c. –, sono rimessi gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. 

[2] Rilevato che costituisce questione di massima di particolare importanza la sorte del ricorso per cassazione, proposto ex art. 348 ter c.p.c., nei casi di mancata produzione della prova circa la data di comunicazione dell’ordinanza filtro – procedibilità ovvero improcedibilità ex art. 369, co. 2, n. 2, c.p.c. –, sono rimessi gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

CASO
[1, 2] Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 348 ter, co. 3, seconda pt., c.p.c. il termine di 60 giorni per la proposizione dell’impugnazione «decorre dalla comunicazione o dalla notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità» dell’appello.

[1] Nel caso di specie, pronunciata l’inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c., il soccombente impugnava la sentenza di primo grado ex artt. 348 ter, co. 3, e 360, co. 1, c.p.c., senza menzionare, nel testo del ricorso per cassazione, la data dell’avvenuta comunicazione dell’ordinanza filtro.

[2] Inoltre, il ricorrente non depositava presso la cancelleria della Corte di cassazione nessun documento attestante la data di comunicazione della suddetta ordinanza.

 

SOLUZIONE
La sez. VI-Lavoro ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite delle seguenti questioni (v. analoghe ordinanze di rimessione Cass., 10 marzo 2016, n. 4737 e Cass., 14 marzo 2016, n. 5006):

[1] se sia da considerare inammissibile, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., il ricorso per cassazione proposto ex art. 348 ter c.p.c. avverso la sentenza di primo grado, qualora la parte non indichi nel testo dell’atto la data dell’avvenuta comunicazione dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello;

[2] se debba dichiararsi l’improcedibilità, ai sensi dell’art. 369, co. 2, n. 2, c.p.c., del giudizio di legittimità proposto ex art. 348 ter c.p.c. avverso la sentenza di primo grado, quando la parte non abbia depositato presso la cancelleria della Corte di cassazione l’atto di comunicazione dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello.

 

QUESTIONI
[1] In relazione al primo quesito, stando ad un orientamento maggioritario, il ricorrente deve indicare, pena l’inammissibilità del ricorso proposto avverso la sentenza di primo grado, la data di comunicazione dell’ordinanza filtro (Cass., 23 febbraio 2016, n. 3531; Cass., 4 febbraio 2016, n. 2262; Cass., 3 febbraio 2016, n. 2130; Cass., 18 dicembre 2015, n. 25592; Cass., 25 novembre 2015, n. 24074; Cass., 20 novembre 2015, n. 23831; Cass., 18 novembre 2015, n. 23637; Cass., 9 ottobre 2015, n. 20236).

In particolare, tale adempimento va considerato requisito essenziale di contenuto/forma del ricorso: infatti, per il principio di autosufficienza, esso deve contenere anche ogni elemento idoneo a poterne valutare la tempestività.

Tale regola non trova applicazione (v. Cass., 9 ottobre 2015, n. 20236):

  1. quando l’impugnazione sia comunque proposta nel termine di 60 giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza filtro (cfr. anche Cass., 12 marzo 2009, n. 6050 e Cass., 7 luglio 2004, n. 12462, in materia di regolamento di competenza);
  2. allorché l’onere di comunicazione dovesse essere escluso per legge;
  3. se la comunicazione della cancelleria – da doversi in tal caso necessariamente depositare ex 369, co. 2, n. 4, c.p.c. – risulti inidonea ad individuare il tipo di provvedimento emanato (sul punto Cass., 26 novembre 2015, n. 2412; Cass., 6 ottobre 2015, n. 19949; Cass., 11 settembre 2015, n. 18024).

Anche in caso di espressa indicazione della data di comunicazione del provvedimento impugnato, resta comunque impregiudicato il potere di accesso agli atti della Suprema Corte, al fine di constatare l’effettiva tempestività del ricorso proposto.

Viceversa, secondo un diverso indirizzo, la tempestività dell’impugnazione può essere verificata dalla Corte «nell’esercizio del suo dovere d’ufficio», con la conseguenza che il ricorso è ammissibile nonostante la mancata indicazione della data di comunicazione dell’ordinanza filtro (così Cass., 15 dicembre 2015, n. 25208). 

[2] In merito alla seconda questione si contrappongono due teorie. 

  1. Stando al dato letterale, il mancato deposito della prova dell’avvenuta comunicazione non sembra comportare l’improcedibilità del giudizio di legittimità introdotto. Infatti, l’art. 369, co. 2, n. 2, c.p.c., prevede il deposito della «copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta»; viceversa, nei casi in analisi si è in presenza di una comunicazione, oltretutto del provvedimento non impugnato.
  2. Stando ad un’interpretazione sistematica e preso atto della peculiarità del filtro in appello, un siffatto onere potrebbe essere esteso ai casi de quibus per identità di ratio, consistente nella possibilità di verificare la tempestività dell’impugnazione proposta. Peraltro, la giurisprudenza ha già imposto a pena di improcedibilità – nei casi in cui il dies a quo per l’impugnazione decorra per legge dalla comunicazione, e non dalla notificazione – il deposito in copia autentica del provvedimento impugnato corredato dalla prova dell’avvenuta comunicazione (Cass., 30 luglio 2015, n. 16169; Cass., 16 aprile 2009, n. 2004).

In generale, sulla compatibilità costituzionale delle disposizioni che fanno decorrere il termine breve per impugnare dal giorno della comunicazione della decisione v. Cass., 5 novembre 2014, n. 23526.