Sull’attuazione delle ordinanze possessorie non seguite dal giudizio di merito
di Giorgio Giuseppe Poli Scarica in PDFTribunale di Cuneo; ordinanza 4 luglio 2016
[1] Possesso – Procedimento – Ordinanza – Mancata prosecuzione del giudizio di merito – Effetti – Esecuzione forzata in genere(Cod. civ., artt. 1168, 1170; cod. proc. civ., artt. 612, 669 duodecies, 703)
[1]In caso di mancata instaurazione del giudizio di merito nel termine perentorio previsto dall’art. 703, comma 4°, c.p.c., il provvedimento possessorio acquisisce natura definitiva ed efficacia esecutiva, con la conseguenza che esso deve essere eseguito nelle forme dell’art. 612 c.p.c., posto che il giudice della fase “cautelare” ha esaurito ogni funzione e non potrebbe quindi effettuare altre pronunce.
CASO
[1] A seguito di un provvedimento di reintegrazione nel possesso di una servitù di passaggio tra fondi, reso in sede di reclamo da parte del Tribunale in composizione collegiale, le parti vittoriose instavano per la (fissazione delle modalità di) esecuzione del provvedimento mediante ricorso ex art. 612 c.p.c., dopo aver notificato alla controparte atto di precetto.
Il soccombente proponeva allora opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., con cui chiedeva anche la sospensione dell’esecuzione, ritenendoinapplicabili le forme dell’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, dovendo farsi luogo alla «attuazione» dei provvedimenti cautelari nelle forme previste dall’art. 669 duodecies c.p.c. e, nel merito, sostenendo l’ineseguibilità del provvedimento per la sussistenza di vincolo idrogeologico sui terrenide quibus.
Il giudice dell’opposizione, ritenuta correttamenteradicatal’esecuzione ex art. 612 c.p.c. in relazione ad un provvedimento possessorio definitivo, respingeva l’istanza di sospensione, condannando l’opponente al pagamento delle spese processuali. Avverso tale provvedimento veniva interposto giudizio di reclamo dinanzi al collegio, conclusosi con la pronuncia in epigrafe, che confermava gli esiti del primo grado.
SOLUZIONE
[1] Il provvedimento in epigrafe muove dalla convinzione che il procedimento possessorio non ha natura cautelare, in quanto esso è, si, regolato dalle disposizioni sul procedimento cautelare uniforme (669 bis e ss. c.p.c.), ma solo nei limiti della loro compatibilità con il procedimento possessorio: esso sarebbe, infatti, solo ipoteticamente bifasico, essendo solo eventuale il giudizio di merito successivo alla fase sommaria, con la conseguenza che, in difetto dell’instaurazione di tale seconda fase, il provvedimento possessorio acquisirebbe carattere di definitività, diversamente dal provvedimento cautelare destinato a perdere efficacia se non inizia il giudizio di merito.
A conforto della tesi viene richiamato un precedente della giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 17 febbraio 2014, n. 3629, inForo it., Rep. 2014, voce Possesso, n. 35; ma nello stesso v. anche, più di recente, Cass. 4 marzo 2015, n. 4292, in Dir. e giust., 2015) che, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione avverso il reclamo avente ad oggetto un provvedimento possessorio,ha prospettato l’alternativasecondo cui all’ordinanza possessoria, non seguita dall’instaurazione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dall’art. 703, comma 4°, c.p.c., potrebbe riconoscersi o una efficaciaendoprocessualee meramente esecutiva, come avviene per i pur ontologicamente diversi provvedimenti cautelari comunque inidonei al giudicato (arg. ex art. 669 octies, comma 9°, c.p.c.), o una efficacia preclusiva pro iudicato (v. art. 653, comma 1°, c.p.c.) e dunque unairretratabilità e stabilità esterna assimilabile a quella della sentenza passata in giudicato.
Quale che sia l’opzione interpretativa prescelta, ne discenderebbe,ad avviso della pronuncia in epigrafe, l’attribuzione all’ordinanza possessoria, quando non seguita dalla prosecuzione del giudizio di merito nel termine perentorio previsto dalla legge, dei caratteri della definitività ed esecutorietà: dal che discenderebbe, nel caso di specie, che il provvedimento possessoriodivenuto stabile, per mancata instaurazione del giudizio di merito,deve essere eseguito nelle forme proprie dell’esecuzione forzata ex art. 612 c.p.c., e non già attuato secondo quelle dell’art. 669 duodecies c.p.c., anche considerato che il giudice della fase sommariaavrebbe ormai esaurito ogni sua funzione, ivi compresa quella di rendere qualsiasi pronuncia ulteriore sul punto.
In definitiva, il provvedimento in commento opera un distinguo piuttosto netto: da una parte starebbe il provvedimento possessorio non definitivo – evidentemente perché non sono ancora scaduti i termini per la proposizione, rectius prosecuzione del giudizio di merito, o perché il merito stesso è stato già instaurato e l’ordinanza è dunque destinata ad essere sostituita dalla sentenza -da attuarsisecondo le modalitàdi cui all’art. 669 duodecies c.p.c.; dall’altra parte si collocherebbe il provvedimento possessorio definitivo o stabile, perché non seguito dal giudizio merito entro il termine perentorio previsto dall’art. 703, comma 4°, c.p.c., suscettibile di essere eseguitonelle formetradizionali della esecuzione in forma specifica (605 ss. e 612 ss. c.p.c.).
QUESTIONI
[1] Per confutare la tesi del provvedimento in commento in favoredell’eseguibilità dei provvedimenti possessori “stabili” nelle forme del Libro III del c.p.c. (sostenuta nel solco di una impostazione dottrinale fedele alla, ormai sorpassata,concezione monofasica del procedimento possessorio: v. in questo senso De Cristofaro, sub art. 704 c.p.c., in Codice di procedura civile commentato, 4a ed., Milano, 2010, diretto da Consolo, 904 s.; Proto, La riforma del procedimento possessorio, inGiust. civ., 2007, II, 96; in senso conforme parrebbe anche Cecchella, Il nuovo processo possessorio, in Cecchella, Amadei, Buoncristiani, Il nuovo processo ordinario e sommario di cognizione, Milano, 2006, 142 s., secondo cui l’applicazione delle disposizioni del processo cautelare, tra cui l’art. 669 duodecies, è innegabile, ma soltanto sino alla misura sommaria e «alla stabilità dei suoi effetti»; in senso dubitativo cfr.Marinucci, Le nuove norme sul procedimento possessorio, in Riv. dir. proc., 2005, 843, secondo cui le stesse conclusioni andrebbero estese per coerenza ai provvedimenti cautelari di carattere anticipatorio, anch’essi potenzialmente in grado di dettare una regolamentazione definitiva della controversia), potrebbe obiettarsi che l’ordinanza conclusivadella fase sommaria del procedimento possessorio, quand’anche stabilizzatasi per effetto della mancata prosecuzione del giudizio di merito, non rientra tra i «provvedimenti» cui la legge espressamente attribuisce efficacia di titolo esecutivo(diversamente da quanto accade ad esempio, nell’ambito di altri procedimenti di natura bifasica, per il decreto ingiuntivo, per l’ordinanza di convalida di licenza o sfratto o per l’ordinanza presidenziale dei giudizi di separazione e divorzio).Tuttavia, posto che una parte della giurisprudenza ammette che taluni provvedimenti (diversi dalla sentenza) possano considerarsi titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell’art. 474, comma 2°, n. 1) c.p.c., anche in difetto di specifica previsione legislativa (v., tra gli altri, l’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c.: per ulteriori ragguagli sul punto cfr. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Padova, 2014, 76 ss., spec. 95), l’obiezione rischia di non essere dirimente.
Cionondimeno, anche a prescindere da tale argomento formale, merita pieno sostegno, anche a seguito della riforma del 2005, l’impostazione secondo cui l’esecuzione dei provvedimenti possessori resi all’esito della fase sommariasi colloca al di fuori del processo di esecuzione regolato dal libro III del c.p.c., indipendentemente dal fatto che essa sia chiesta quando è ancora pendente il termine perentorio per la prosecuzione del giudizio di merito ovvero quando essoègià irrimediabilmente spirato, restando invece soggettaalle modalità più agili edeformalizzate previste dall’art. 669 duodecies c.p.c. con riguardoalle misure aventi ad oggetto obblighi di fare, non fare, consegna o rilascio (sia consentito rinviare a G.G.Poli, L’attuazione dei provvedimenti possessori, in AA.VV.,I procedimenti possessori, opera diretta da Carratta, Bologna, 2015, 243 ss., spec. 257 ss., ove ulteriori richiami di giurisprudenza e dottrina in proposito).
Cosicché, in primo luogo, la competenza a stabilire le modalità di attuazione della misura ed a controllarne il relativo iter, risolvendo eventuali difficoltà o contestazioni, spetterà allo stesso giudice del provvedimento interdittale e non invece al giudice dell’esecuzione (v. Petrillo, sub art. 703 c.p.c., in Commentario alle riforme del processo civile, a cura di Briguglio e Capponi, Padova, 2007, 328 s.) e, in secondo luogo,potrà legittimamente omettersi l’osservanza delle ordinarie formalità del processo di esecuzione in forma specifica, tra cui ad esempio la preventiva notificazione del precetto, bastando che il provvedimento venga notificato in forma esecutiva nei confronti dell’intimato, né saranno, di regola, esperibili le opposizioni esecutive (pur se è inevitabile che le disposizioni dettate per l’esecuzione in forma specifica costituiranno il canovaccio secondo cui si muove il giudice dell’attuazione: v. così Saletti, Le riforme del codice di rito in materia di esecuzione forzata e di attuazione delle misure cautelari, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1992, 454).
La ratio di tale scelta legislativa, desumibile dal richiamo contenuto nell’art. 703, comma 2°, c.p.c. alle disposizioni del procedimento cautelare uniforme da ritenersi compatibili con la struttura e l’essenza del procedimento possessorio (tra cui, appunto, l’art. 669 duodecies), non è connessa dunque alla natura cautelaredi tali provvedimenti (peraltro da più parti contestata: v. su tali profili A.D. De Santis, Il procedimento possessorio, in AA.VV, I procedimenti possessori, cit., 125) né alla loro (dubbia) provvisorietà in caso di mancata instaurazione del merito possessorio:essa si spiega, invece, in funzione dell’esigenza- condivisacon i provvedimenti cautelari – di assicurare un continuo e celere adeguamento della situazione di fatto tutelata alla realtà materiale ed ai suoi mutamenti e, dunque, di apprestare modalità informali e spedite in grado di realizzareefficacementeil ripristino immediato della situazione violata.
In altre parole, la estrema semplicità e speditezza della fase di attuazione dei provvedimenti possessori, incompatibili con le forme tradizionali dell’esecuzione forzata in forma specifica, non sono altro che il riflesso della elasticità e celerità della fase sommaria di concessione della misura: il che sembra coerente con la previsione (v. art. 1168, comma 4°, c.c.) per cui la reintegrazione nel possesso deve ordinarsi «sulla semplice notorietà del fatto, senza dilazione».
Così stando le cose, si è voluta evitarela tradizionale cesura tra fase concessiva e fase esecutiva, assecondandol’efficacia intrinsecamente coattiva di cui sono dotati i provvedimenti possessori che, per dirla con le parole di una consolidata massima giurisprudenziale, hanno i caratteri della esecutività, ma non danno luogo ad esecuzione forzata, in quanto non realizzano un’alternativa tra adempimento spontaneo ed esecuzione forzata, ma un fenomeno che si svolge ex officio iudicis(sulla compatibilità delle forme dell’attuazione cautelare con i provvedimenti possessori e sulla continuità tra fase concessiva ed attuativa della misura v., e pluribus,Cass. 13 aprile 2015, n. 7365, in Foro it., Rep. 2015, voce Possesso, n. 14; Cass. 12 marzo 2008, n. 6621, in Giur. it., 2008, 2522 ss.; Cass. 12 gennaio 2006, n. 407, in Foro it., Rep. 2006, voce cit., n. 60; Cass. 17 settembre 2003, n. 13666, id., Rep. 2003, voce cit., n. 69; Cass. 15 gennaio 2003, n. 481, in Foro it., 2003, I, 2424, con nota di De Santis di Nicola;Cass. 25 giugno 1997, n. 5672, in Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 66; nella giurisprudenza di meritoTrib L’Aquila, 7 giugno 2013, in Giur. it., 2014, 2197, con nota di Parisi; Trib. Bari, 16 aprile 2012, in www.giurisprudenzabarese.it; Trib. Piacenza, 15 febbraio 2011, in www.ilcaso.it; Trib. Ascoli Piceno, 28 aprile 2010, n. 132, in Dir. e lav. Marche, 2010, 3-4, 367; contra v. tuttavia Trib. Voghera, 8 ottobre 2007, ibid.).
Proprio in considerazione della segnalata inscindibilità tra fase concessiva ed attuativa (su cui v., pur se con riferimento alle misure cautelari, il tradizionale insegnamento di Liebman, Unità del procedimento cautelare, in Riv. dir. proc., 1954, 248 ss.; e Montesano, I provvedimenti d’urgenza nel processo civile, Napoli, 1955),èassai probabileche l’attuazione della misura preceda, in concreto, la decisione delle parti di dar vita (o no) alla fase del c.d. “merito possessorio”: in questo senso parrebbe doversi leggere l’art. 669 duodeciesc.p.c.,nella parte in cui dispone che l’attuazione avviene sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento «il quale ne determina anche le modalità di attuazione», quasi a voler significare che dettemodalità potrebbero, rectius dovrebbero, essere fissate ab originedal giudice della fase interdittale, onde scongiurare la necessità di un apposito ricorso ex post.
Non sembra pertanto chelesegnalaterationes(speditezza edeformalizzazionedella fase attuativa) possano venir meno per il sol fatto che il provvedimento si è stabilizzato a causa della mancata prosecuzione del giudizio di merito entro il termine perentorio ex art. 703, comma 4°, c.p.c.; così come è assai arduo immaginare che le forme della attuazione/esecuzione dello stesso provvedimento (ordinanza conclusiva della fase sommaria) possano assumere diverse sembianze in dipendenza del momento in cui viene avanzata la richiesta di realizzare il comando giudiziale.
Né può condividersi l’idea che, una volta estinto il giudizio di merito, sarebbe cessata ogni potestà del giudice della fase interdittale e bisognerebbe quindi investire della questione il giudice dell’esecuzione: anche a fronte di un provvedimento possessorio divenuto potenzialmente definitivo e irretrattabile – il che non è comunque da condividersi, come sostenuto da Tiscini, I provvedimenti decisori senza accertamento, Torino, 2009, 174 ss. la quale fonda l’efficacia meramente esecutiva e inidonea al giudicato dell’ordinanza possessoria non seguita dal merito sulla innegabile analogia strutturale con i procedimenti cautelari anticipatorii; conf. Basilico, Efficacia dell’interdetto possessorio, in AA.VV., I procedimenti possessori, cit., 225 ss -permane l’opportunità di assicurare la maggiore coincidenza possibile tra giudice dell’attuazione e giudice della concessione della misura.
Diverso problema, estraneo al presente scritto, è se la competenza per l’attuazioneex art. 669 duodecies c.p.c. vada affidata allo stesso giudice della fase concessoria inteso come persona fisica o come ufficio giudiziario; se, in secondo luogo, detta fase attuativadebba essere sempre affidata al giudice di primo grado sommario o possa esserne investito ancheil giudice del reclamo chiamato a concedere la misura;se infine, in questa secondaipotesi, sia eventualmente possibile delegareall’attuazione (per intuibili esigenze di speditezza) uno solo dei componenti del collegio (su tali questioni v. ancora G.G. Poli., L’attuazione dei provvedimenti, cit., 248 ss.).
A differenza di quanto quisostenuto in relazione all’ordinanza della fase sommaria, non è dubbio invece che la sentenza conclusiva della (ormai solo eventuale) fase di “merito possessorio” debba essere eseguita nei modi ordinari della esecuzione in forma specifica del codice di rito (v. in tal senso, da ultimo, Cass. 8 agosto 2014, n. 17845, in Foro it., Rep. 2014, voce cit., n. 36).