19 Dicembre 2017

Sull’ammissibilità del riesame del trattenimento del cittadino straniero presso un CIE

di Maddalena Ciccone Scarica in PDF

Cass. 29 settembre 2017, n. 22932 http://bit.ly/2yip1vl

Straniero – Trattenimento presso centro CIE – Richiesta di riesame – Ammissibilità – Procedimento camerale – Competenza del giudice di pace (Cod. proc. civ., artt. 737, 742, 742 bis; direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, art. 15)

[1] In tema di immigrazione, è sempre consentita la domanda di riesame del provvedimento di trattenimento presso un CIE, da introdurre, in mancanza di apposita disciplina normativa al riguardo, con lo strumento del procedimento camerale ex art. 737 c.p.c., sicché per il principio della concentrazione delle tutele la competenza a provvedere è del giudice della convalida e delle proroghe da identificarsi nel giudice di pace.

CASO

[1] A seguito di un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale nei confronti di un cittadino delle Mauritius, questi, in attesa dell’allontanamento e del rimpatrio, era trattenuto, per ordine del Questore, presso il CIE di Ponte Galeria, a Roma. Si svolgeva, quindi, davanti al giudice di Pace, il procedimento di convalida, che si concludeva con un decreto che confermava il trattenimento presso il CIE. Successivamente, con ordinanza il giudice di Pace dichiarava improcedibile l’istanza proposta ex artt. 742 e 742 bis c.p.c. per ottenere la revoca del decreto di convalida, poiché il ricorrente avrebbe dovuto osservare le regole della procedura penale. Avverso la pronuncia di improcedibilità, il cittadino mauriziano proponeva ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] Al fine di rendere effettiva la previsione contenuta nell’art. 15, co. 3, direttiva 2008/115/CE (c.d. direttiva rimpatri) – che consente la possibilità di revisione, su istanza del trattenuto, delle condizioni legittimanti il trattenimento – la Corte di cassazione afferma la natura self executing della richiamata previsione della direttiva ed ammette la ritualità di domande giudiziali di riesame della stessa, da proporsi, in mancanza di un’apposita disciplina normativa al riguardo (per la non avvenuta trasposizione dell’art. 15 nell’ordinamento interno), con lo strumento del procedimento camerale ai sensi degli artt. 737 e ss. c.p.c. (stante la natura civilistica del procedimento in esame, al pari di ogni altro procedimento che miri a incidere sullo status dello straniero richiedente), davanti allo stesso giudice della convalida e delle proroghe, ossia il Giudice di Pace, il quale è tenuto a riesaminare l’attualità dell’interesse al trattenimento dello straniero secondo le finalità perseguite dalla legge e dalla Direttiva europea.

QUESTIONI

[1] L’art. 15, par. 3, dir. 2008/115/CE (c.d. direttiva rimpatri) prevede che, in ogni caso, il trattenimento sia riesaminato, a intervalli ragionevoli, su richiesta dell’interessato o d’ufficio. Ciò consente di attribuire rilevanza a circostanze ignote o inesistenti all’atto della convalida o della proroga e, pertanto, mai sottoposte all’attenzione del giudice, ovvero di circostanze sopravvenute alla convalida medesima.

La l. 2 agosto 2011, n. 129 – di recepimento della direttiva nell’ordinamento interno – non ha, tuttavia, introdotto tale istituto. Sul mancato recepimento, cfr., in dottrina, Marletta, Detenzione “amministrativa” dello straniero e riserva di giurisdizione in materia di libertà personale, in Criminalia, 2013, 61, il quale evidenzia, da un lato, la previsione esplicita di un riesame per le sole misure meno coercitive previste dall’art. 14, co. 1-bis, T.U.I., dall’altro una «paradossale discriminazione» legata ad un’omissione per la misura più grave, ovvero il trattenimento.

Ci si chiede, pertanto, se la previsione della direttiva possa essere direttamente applicabile, anche in assenza di specifica previsione di una norma interna.

Il provvedimento in epigrafe si conforma all’orientamento emerso nella giurisprudenza di merito – su cui cfr. G.d.P. Roma 24 aprile 2015, con nota di De Santis, Il “riesame” della convalida del trattenimento del cittadino straniero presso il CIE, in www.eclegal.it.; 17 aprile 2015; 15 gennaio 2015 – che afferma la natura self executing della Direttiva in questione (quanto meno in parte qua), e la conseguente ritualità di istanze di riesame giudiziario della convalida del trattenimento.

Contra, Trib. Torino 16 novembre 2016, che ha dichiarato inammissibile un’istanza di riesame perché il titolo del trattenimento è rappresentato esclusivamente dal provvedimento di convalida, mentre l’istituto del riesame non è stato recepito nell’ordinamento nazionale né può essere ritenuto self executing atteso che la norma sovranazionale non è sufficientemente specifica proprio in ordine al termine entro il quale detto riesame dovrebbe essere effettuato; Cass., 15 giugno 2004, n. 11268, Foro it., Rep. 2004, voce Straniero, 310 – con una decisione, tuttavia, antecedente alla c.d. Direttiva rimpatri secondo cui la convalida del trattenimento dello straniero espulso dal territorio dello stato, non è revocabile a norma dell’art. 742 c.p.c., in quanto tale norma non è invocabile tutte le volte che il provvedimento abbia, come nel caso, carattere decisorio e natura sostanziale di sentenza, non rilevando, in proposito, il richiamo al procedimento in camera di consiglio espresso nell’art. 13 bis, e la menzione, negli artt. 13 e 14 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, degli artt. 737 ss. c.p.c.; né l’esclusione espressa della reclamabilità per i giudizi di espulsione (art. 13 bis citato, come modificato dall’art. 4 d.lgs. 13 aprile 1999, n. 113), e non per quelli di convalida (art. 14, co. 6, d.lgs. n. 286/1998), vale a consentire, per implicito, la reclamabilità di questi ultimi).

Tale orientamento si pone, tuttavia, in contrasto con Corte giust. UE 28 aprile 2011 (C-61/11, PPU, El Dridi c. Italia), secondo cui, lo strumento del riesame su istanza di parte, così come le altre previsioni contenute negli artt. 15 e 16 della citata direttiva, «sono incondizionati e sufficientemente precisi da non richiedere ulteriori specifici elementi perché gli Stati membri li possano mettere in atto».

Il riesame su istanza di parte risulta, pertanto, l’unico strumento in grado di assicurare un rimedio effettivo alle prerogative di libertà individuale, meritevoli in quanto tali del massimo livello di garanzia, in conformità a quanto statuito da Corte cost. 10 aprile 2001, n. 105, Foro it., 2001, I, 2700, secondo la quale, il trattenimento presso il CIE è misura limitativa della libertà personale nonché causa di «mortificazione della dignità dell’uomo».

Per l’ammissibilità si è espresso anche Trib. Torino, 24 maggio 2016, che ritiene applicabile l’istituto in esame non sulla base della Direttiva 2008/115/CE, ma – trattandosi di richiedente asilo – sulla base della Direttiva 2013/33/UE relativa alle norme sull’accoglienza. L’art. 9, co. 5, di tale Direttiva prescrive il riesame del trattenimento da parte di un’autorità giudiziaria ad intervalli ragionevoli, d’ufficio o su istanza di parte. È evidente l’analogia tra la disposizione prevista dalla Direttiva rimpatri e quella prevista dalla Direttiva accoglienza: in entrambi i casi si tratta di restrizione della libertà personale attuata per via amministrativa e sottoposta a convalida (ed eventualmente proroga) giurisdizionale, ed in entrambi i casi il legislatore nazionale non ha recepito l’istituto nel diritto interno: infatti, nulla dicono né gli artt. 13 e 14, d.lgs. 286/98 né l’art. 6, d.lgs. 142/2015. Tuttavia, anche in questo caso, ad avviso del giudice, il silenzio del legislatore italiano non preclude l’esercizio del diritto al riesame del trattenimento data l’ampiezza dei soggetti legittimati (su istanza di parte o d’ufficio) e, soprattutto, in considerazione dello scopo cui l’istituto è preposto: il sopravvenire di circostanze nuove idonee a mettere in dubbio la legittimità del trattenimento, la cui possibilità di esame attribuisce il carattere dell’effettività alle garanzie procedurali che, diversamente, sarebbero frustrate se si dovesse attendere la scadenza del termine di fase del trattenimento per poter essere esaminate.

La Suprema Corte, non chiarisce, tuttavia, quale sia lo strumento esperibile per il riesame della convalida o della proroga del trattenimento.

Sul punto, cfr. De Santis, op. cit., il quale osserva che, se si concepisce il procedimento camerale come un contenitore neutro (così, Carratta, La procedura camerale come «contenitore neutro» e l’accertamento dello status di figlio naturale dei minori, in Giur. it., 1996, I, 1, 1301), pare lecito ritenere che si applichi l’intero corpus di disposizioni di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. Pertanto, se si considera che, per espressa previsione degli artt. 13 e 14 T.U.I., il procedimento di convalida si svolge in camera di consiglio, al fine di attivare un procedimento di riesame del provvedimento di convalida sarebbe applicabile tanto la disciplina del reclamo, ex art. 739 c.p.c., quanto quella della revoca, ex art. 742 c.p.c.

Eppure, la Corte, premessa una generica utilizzabilità del procedimento camerale ex artt. 737 ss. c.p.c., da un lato esclude che l’istanza di riesame possa tecnicamente qualificarsi come una revoca; dall’altro affida la competenza sul riesame allo stesso giudice della convalida e delle proroghe, con ciò escludendo anche la possibilità che si tratti di un reclamo.