Sull’ammissibilità del regolamento di competenza d’ufficio tra materia e valore
di Giacinto Parisi Scarica in PDFCass., sez. un., 18 gennaio 2018, n. 1202
[1] Competenza civile – Regolamento d’ufficio – Ammissibilità – Presupposti (Cod. proc. civ., art. 45)
[1] È inammissibile il regolamento di competenza d’ufficio nel caso in cui il secondo giudice dinanzi al quale il processo venga riassunto neghi di esser competente per materia e ritenga che la competenza sulla causa sia regolata solamente ratione valoris.
CASO
[1] All’esito del giudizio di opposizione promosso avverso un decreto ingiuntivo recante condanna dell’ingiunto al pagamento di una somma di circa mille euro a titolo di canoni enfiteutici, il Giudice di pace di Cefalù declinava la propria competenza rimettendo le parti innanzi alla sezione specializzata agraria del Tribunale di Termini Imerese, sul presupposto che la domanda avanzata in via monitoria rientrasse nella competenza ratione materiae di quest’ultimo giudice.
A sua volta, il Tribunale di Termini Imerese, sezione specializzata agraria, dinanzi al quale era stato nel frattempo riassunto il giudizio, sollevava regolamento di competenza d’ufficio, richiamando la costante giurisprudenza di legittimità secondo cui sono estranee alla materia agraria le controversie in tema di pagamento dei canoni enfiteutici, essendo esse regolate soltanto ratione valoris.
La sezione VI-3 della Suprema Corte, investita della decisione sul regolamento di competenza, ha ritenuto di non condividere l’orientamento giurisprudenziale secondo cui sarebbe inammissibile il regolamento di competenza d’ufficio ex art. 45 c.p.c. quando il secondo giudice, indicato come competente per materia dal primo giudice e davanti al quale la causa sia stata riassunta, nell’escludere di essere munito di competenza per materia sostenga che la competenza spetti ad altro giudice per ragioni di valore, dovendosi ritenere ogni questione relativa a quest’ultimo profilo ormai preclusa.
Conseguentemente, la Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria del 7 giugno 2017, n. 14252 (in Riv. dir. proc., 2017, 1371 s.), ha rimesso il regolamento d’ufficio de quo al primo presidente, il quale lo ha poi assegnato alle Sezioni Unite.
SOLUZIONE
[1] Il massimo consesso della Suprema Corte ha stabilito che è inammissibile il regolamento di competenza d’ufficio nel caso in cui il secondo giudice, adito a seguito della riassunzione, neghi di essere competente per materia e ritenga che la competenza sulla causa sia regolata soltanto ratione valoris.
A sostegno di tale decisione, la Corte ha affermato che, ove si ritenesse ammissibile il regolamento di competenza d’ufficio nella fattispecie sopra tratteggiata, l’eventuale decisione di accoglimento, in quanto necessariamente contenente, ai sensi dell’art. 49, comma 2°, c.p.c., anche l’individuazione del giudice competente per valore, non essendovi alcun giudice competente per materia, sostanzialmente produrrebbe il medesimo effetto di un regolamento di competenza d’ufficio ratione valoris, che, invece, l’art. 45 c.p.c. non accorda, per insindacabile scelta di merito legislativo.
QUESTIONI
[1] La pronuncia in commento conferma il precedente orientamento seguito dalla Suprema Corte (tra le più recenti, v. Cass. 15 giugno 2016, n. 12354; Cass. 19 gennaio 2015, n. 728; Cass., sez. un., 19 ottobre 2011, n. 21582, in Riv. dir. proc., 2012, 1389, con nota di M. Zulberti), sia pure «in base ad una diversa motivazione» rispetto a quella precedentemente addotta a sostegno della medesima conclusione.
L’approdo raggiunto dalle Sezioni Unite non appare tuttavia condivisibile (nello stesso senso, v. D. Noviello, Osservatorio sulla cassazione civile, in Riv. dir. proc., 2017, 1371 s.).
Innanzitutto, come è stato osservato dall’ordinanza interlocutoria Cass. 7 giugno 2017, n. 14252, cit., la precedente giurisprudenza si basava su di un equivoco, determinato da una non coerente elaborazione della nozione di «identità del motivo di contrasto» tra il primo ed il secondo giudice, da sempre considerato quale presupposto necessario per poter sollevare regolamento di competenza d’ufficio ex art. 45 c.p.c. (così, infatti, già Cass., 5 agosto 1968, n. 2807, in seguito sempre confermata).
In particolare, la Corte aveva ravvisato un evidente difetto di logica formale, ove si riconosce il carattere di pronuncia sulla competenza per materia alla declinatoria ratione materiae proveniente dal primo giudice e non alla pronuncia con la quale il secondo giudice neghi di avere la competenza per materia attribuitagli dal primo.
In aggiunta, la Corte aveva ritenuto che, subordinando l’ammissibilità del rilievo del conflitto alla positiva individuazione di un diverso criterio di competenza, per materia o territorio inderogabile, del primo giudice (peraltro assumendo che, in mancanza, debba intendersi che il secondo giudice abbia declinato la propria competenza per valore), si commetterebbero due errori: si aggiungerebbe all’art. 45 c.p.c. un elemento che il legislatore non ha previsto e si perverrebbe ad una pressoché totale abrogazione del regolamento d’ufficio.
Peraltro, anche nella dottrina si era condivisibilmente osservato che l’orientamento seguito dalla giurisprudenza di legittimità era opinabile, sotto due distinti profili (R. Frasca, Il regolamento di competenza, Torino, 2012, 268 s.).
In primo luogo, perché l’art. 45 c.p.c., nella parte in cui prevede che il secondo giudice richiede il regolamento d’ufficio «se ritiene di essere a sua volta incompetente», allude ad una valutazione opposta a quella del giudice a quo, che certamente implica la negazione della competenza attribuitagli dal primo giudice, ma non anche la specificazione della sussistenza della competenza, per lo stesso titolo, dello stesso o di altro giudice.
Inoltre, si era affermato che dalla declinatoria della competenza per materia del secondo giudice non potrebbe desumersi una implicita declinatoria di competenza per valore, sia perché l’espresso riferimento alla competenza per materia dovrebbe escludere che il giudice intendesse riferirsi alla competenza per valore, sia perché, in ogni caso, ogni statuizione sulla competenza dovrebbe necessariamente essere espressa.
Tutti i predetti argomenti sono stati tuttavia ignorati dal recente arresto delle Sezioni Unite, che hanno così perso un’occasione per fare chiarezza sull’ambito applicativo dell’art. 45 c.p.c.