30 Maggio 2016

Sulla specificità del motivo d’appello nel processo tributario

di Michele Ciccarè Scarica in PDF

Cass., Sez. VI-5, 11 gennaio 2016, n. 227

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Impugnazioni civili – Appello in materia tributaria – condizioni di ammissibilità – motivo specifico (C.p.c. artt. 342; D.lgs. 546/1992: art. 53) 

[1] Il motivo specifico d’appello ex art. 53, d.lgs. 546/1992, può essere ricavato anche per implicito dall’atto di impugnazione nel suo complesso, purché sia chiara la richiesta rivolta al giudice del gravame e le ragioni della doglianza, la quale può coincidere con quella già prospettata in primo grado. 

CASO
[1] La competente Commissione Tributaria Provinciale rigettava l’impugnazione del contribuente avverso alcuni avvisi di accertamento notificatigli dall’Agenzia delle Entrate.

Il contribuente proponeva quindi appello contro le sentenze di primo grado; eppure, gli appelli venivano dichiarati inammissibili dalla Commissione Tributaria Regionale per violazione dell’art. 53, d.lgs. 546/1992 (c.d. codice del processo tributario), in quanto privi di specifiche censure alle decisioni oggetto di impugnazione.

Va precisato sin d’ora che, ai sensi della norma in questione, l’appello è dichiarato inammissibile se manca o è assolutamente incerta l’indicazione – fra gli altri requisiti – dei «motivi specifici dell’impugnazione».

Avverso le decisioni di secondo grado il contribuente proponeva distinti ricorsi per cassazione, sostenendo la conformità degli appelli proposti alle prescrizioni dell’art. 53, d.lgs. 546/1992.

SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte, disposta la riunione dei giudizi instaurati, accoglie il motivo di ricorso proposto. In particolare, i giudici di legittimità affermano che nel processo tributario la struttura del motivo d’impugnazione «non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello», soggiungendo altresì che, ai sensi dell’art. 53 d.lgs. 546/1992, è sufficiente «soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza» (così Cass., 11 gennaio 2016, n. 227).

QUESTIONI
[1] Il principio enunciato dalla Sezione Tributaria nella decisione in analisi risulta costantemente applicato dalla giurisprudenza di legittimità per valutare l’ammissibilità dell’appello proposto nel processo tributario (ex multis, Cass.,  4 maggio 2016, n. 8823; Cass., 15 aprile 2016, n. 7596; Cass., 16 marzo 2016, n. 5177; Cass., 23 febbraio 2016, n. 3536; Cass., 22 febbraio 2016, n. 3467; Cass., 22 febbraio 2016, n. 3367; Cass., 12 febbraio 2016, n. 2871; Cass., 29 gennaio 2016, n. 1702; Cass., 11 gennaio 2016, n. 226; Cass., 24 giugno 2015, n. 13030; Cass., 19 dicembre 2014, n. 27037; Cass., 28 maggio 2014, n. 11945; Cass., 19 giugno 2013, n. 15331; Cass., 20 dicembre 2012, n. 23567; Cass., 30 novembre 2012, n. 21390; Cass., 24 febbraio 2012, n. 2855; Cass., 5 dicembre 2011, n. 26091; Cass., 26 gennaio 2005, n. 1574).

Stando a tale indirizzo ermeneutico, l’art. 53, d.lgs. 546/1992, non imporrebbe alcun rigido formalismo, con la rilevante conseguenza pratica che le ragioni di fatto e di diritto invocate a sostegno dell’appello proposto possono essere inserite nella parte espositiva dell’atto, anziché separatamente sotto forma di motivi d’impugnazione.

Muovendo da tali premesse, è stato inoltre precisato che «i motivi di appello possono essere ricavati anche per implicito dal tenore globale dell’atto di impugnazione», purché risulti univoca la volontà di impugnare la decisione di primo grado (Cass., 1 luglio 2014, n. 14975; Cass., 11 dicembre 2012, n. 22575; Cass., 31 marzo 2011, n. 7393; Cass., 19 gennaio 2007, n. 1224; Cass., 15 gennaio 2007, n. 687). 

Quanto all’effettivo contenuto del motivo, è allo stato pacifico l’orientamento di legittimità che ritiene conforme al disposto dell’art. 53, d.lgs. 546/1992, la mera riproposizione, da parte dell’appellante, delle richieste e delle relative argomentazioni già prospettate in primo grado (Cass., 22 aprile 2015, n. 8185; Cass., 1 luglio 2014, n. 14908; Cass., 16 maggio 2012, n. 7671; Cass., 29 febbraio 2012, n. 3064; Cass., 28 febbraio 2011, n. 4784; Cass., 16 giugno 2006, n. 14031). 

Si fa comunque presente che gli orientamenti di legittimità finora citati sono assai distanti dalla giurisprudenza in materia d’appello nel processo civile, dove il concetto di specificità del motivo d’impugnazione si sostanzia nella critica alle motivazioni della sentenza di primo grado, mediante argomentazioni atte a confutare il fondamento logico – giuridico della decisione emanata (recentemente Cass. 18 giugno 2015, n. 12608; in passato, per tutte, Cass., 29 gennaio 2000, n. 16).

Ad oggi, peraltro, il dato trova conferma nell’art. 342 c.p.c., come modificato dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con mod., dalla l. 7 agosto 2012, n. 134 (v. https://www.eclegal.it/it/appello-342-cpc). 

Si segnala inoltre che parte della giurisprudenza tributaria di merito declina il concetto di motivo specifico ex art. 53, d.lgs. 546/1992, proprio alla luce dell’art. 342 c.p.c., ritenuto applicabile in virtù del richiamo generale dell’art. 1, co. 2, d.lgs. 546/1992, ai principi afferenti il processo civile (sul punto C.T.R. Basilicata, sez. II, 9 dicembre 2013, n. 293; cfr. C.T.R. Liguria, 10 giugno 2005, n. 63; contra C.T.R. Lazio, 15 gennaio 2016, n. 116).

Alla luce di ciò, la prudente formulazione di un apposito motivo d’appello nel quale sia indicata la parte di sentenza oggetto di impugnazione e le specifiche critiche mosse al suo fondamento costituisce senz’altro accorgimento idoneo a prevenire ogni possibile contestazione.