24 Novembre 2020

Sulla inammissibilità del mero rinvio alla CTP nell’atto di citazione

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Nelle controversie bancarie è particolarmente avvertita l’esigenza che l’attore fornisca in modo circostanziato la prova dei fatti costitutivi della sua pretesa, allegando e provando – in modo specifico – le contestazioni sollevate: egli non può limitarsi ad allegazioni generiche, atteso che ciò finirebbe con il rendere l’azione proposta meramente esplorativa, limitata ad un elenco generale ed astratto di invalidità.

Esemplificando, nel giudizio promosso dal cliente di un istituto bancario che eserciti l’azione di ripetizione dell’indebito deducendo la contrarietà a norme imperative di determinate condizioni contrattuali, il correntista attore ha l’onere di allegare: 1) la condizione contrattuale illegittima o il comportamento illegittimo della banca, quindi, il titolo in forza del quale è stata eseguita la rimessa; 2) la singola rimessa; 3) la natura solutoria della rimessa, cioè che essa è stata eseguita su un conto scoperto. In alternativa, il cliente dovrà allegare la natura ripristinatoria della rimessa e la sua trasformazione in pagamento al momento della chiusura del conto; 4) la data del pagamento; 5) il calcolo delle diverse rimesse che consente di individuare la correttezza della somma finale richiesta a titolo di ripetizione di indebito.

Al riguardo, il mero richiamo o rinvio ad un documento esterno alla citazione, quale è la perizia di parte (CTP), non soddisfa i requisiti di validità della citazione, giacché l’atto giudiziale non può contenere un rinvio per relationem a documenti esterni la cui funzione suppletiva sarebbe quella di esplicitare il contenuto della citazione stessa. La giurisprudenza è assolutamente consolidata in tale senso: è invalido il mero rinvio, per la individuazione degli atti costitutivi della domanda (art. 163, comma 3 n. 3 e 4 c.p.c.), alla relazione peritale di parte (ex multis,  Trib. Reggio Emilia 7.9.2020; Trib. Napoli Nord 5.6.2020; Trib. Velletri 18.6.2019; Trib. Roma 20.2.2019; Trib. Bologna 31.1.2018; Trib. Napoli Nord 6.4.2018 e Trib. Napoli 13.1.2017; Trib. Roma 12.6.2016).

Tale tecnica espositiva si pone in aperta violazione dell’art. 163, comma 3, n. 3 e (soprattutto) 4 c.p.c., dal momento che l’atto giudiziale deve essere autosufficiente e contenere nella sua interezza gli elementi strutturali richiesti dalla norma su richiamata, tra i quali, per quanto qui interessa, la determinazione dell’oggetto della domanda ma soprattutto l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda spiegata rispetto al caso sottoposto al vaglio del Giudice.

Il mero rinvio alla relazione tecnica di parte è inammissibile atteso che, in base al principio del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., le allegazioni implicite – ossia  le dichiarazioni che rappresentano gli elementi fondamentali dell’azione e, in particolare, la causa petendi – devono essere portate a conoscenza, unitamente all’atto di citazione, del convenuto per consentire allo stesso di esercitare immediatamente, nel termine libero di cui all’art. 163 bis c.p.c., il proprio diritto di difesa, che comprende anche la facoltà di non costituirsi in giudizio e di rimanere inerte, avendo piena e completa cognizione dei fatti che la controparte pone a sostegno della  pretesa fatta valere dinanzi al tribunale (per tutti Cass., Sez. Un., n. 8077/2012).

Quanto precede, a tacere della circostanza che il profilo assertivo e quello probatorio devono essere comunque tenuti distinti.

In tali fattispecie (mero rinvio nella citazione alla CTP) l’onere probatorio a carico dell’attore non può ritenersi assolto, e la domanda di parte attrice è nulla e deve essere dichiarata inammissibile.

Tale esigenza di autosufficienza e completezza dell’atto introduttivo è particolarmente avvertita nei giudizi a cognizione sommaria ex art. 702 bis c.p.c., considerati i caratteri di immediatezza da cui sono caratterizzati. La peculiarità di tali procedimenti induce, peraltro, a ritenere che non possano neppure essere concessi i termini di cui all’art. 164 quinto comma c.p.c. per sanare i profili di nullità ravvisati (Trib. Roma 12.6.2016: nella medesima decisione è anche evidenziato, riguardo ad una richiesta di CTU, « che il procedimento sommario di cognizione è rivolto alla decisione di quelle controversie che necessitano di una istruzione non complessa, tale non potendosi ritenere la causa che richieda l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio »).

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