Sulla devoluzione in appello della domanda di garanzia
di Enrico Picozzi Scarica in PDFCass., Sez. Un., 19 aprile 2016, n. 7700 (sent.)
Pres. Rovelli – Est. Frasca
Impugnazioni civili – rigetto domanda principale – appello – domanda in garanzia del convenuto condizionata all’accoglimento della pretesa attorea – appello incidentale – necessità – insussistenza (C.p.c. artt. 333, 343, 346)
[1] In caso di impugnazione da parte dell’attore della sentenza di rigetto della sua domanda principale, ai fini della devoluzione in appello della domanda di garanzia, non decisa perché condizionata all’accoglimento della pretesa attorea, non è necessaria la proposizione di un apposito appello incidentale, essendo sufficiente la mera riproposizione ex art. 346 c.p.c.
CASO
L’acquirente di un’autovettura conviene in giudizio la società alienante, chiedendo la risoluzione del contratto di compravendita, la restituzione del prezzo oltre la condanna al risarcimento dei danni subiti in ragione dei vizi che infirmavano il bene. La convenuta, allora, spiega domanda di garanzia nei confronti della casa madre automobilistica, condizionandone l’esame e l’eventuale accoglimento alla positiva decisione della domanda attrice. In primo grado, il tribunale adito rigetta la domanda principale e dichiara l’assorbimento della domanda di manleva. In sede di gravame, invece, le originarie richieste attrici trovano parziale accoglimento, mentre la domanda di garanzia viene dichiarata inammissibile in quanto semplicemente riproposta e non fatta oggetto di appello incidentale condizionato.
SOLUZIONE
Innanzi alla Suprema Corte, il garantito censura quella parte di sentenza che aveva dichiarato inammissibile la riproposizione della domanda di manleva. La Corte – segnatamente la II sezione – ravvisando un contrasto in ordine al regime di devoluzione della domanda di garanzia non accolta, investe le Sezioni Unite della decisione del ricorso (cfr. Cass., II sez., 5 febbraio 2015, n. 2118). Queste, innanzitutto, ripercorrono i termini del contrasto che si può sintetizzare come segue. Stando ad un primo orientamento (cfr. Cass., sez. III, 17 giugno 2013, n. 15107; Cass., sez. III, 10 marzo 2006, n. 5249; Cass., sez. II, 23 settembre 2004, n. 19145), considerato maggioritario, il convenuto-appellato dovrebbe proporre appello incidentale in quanto mirerebbe ad una riforma della sentenza gravata. Invece, secondo una distinta posizione giurisprudenziale (cfr. Cass., sez. lav., 30 gennaio 2014, n. 2051), l’impugnazione incidentale sarebbe superflua, attesa la mancanza di una decisione sulla richiesta di garanzia, residuando, pertanto, un mero onere di riproposizione in capo al convenuto appellato. Il Supremo organo della nomofilachia, dopo aver aderito a quest’ultimo indirizzo, cassa con rinvio la sentenza d’appello.
QUESTIONI
La sentenza in commento chiarisce uno dei temi più controversi in materia di impugnazioni ovvero quello relativo ai rapporti tra gravame incidentale e mera riproposizione. Ad opinione delle Sezioni Unite, il criterio orientatore che deve muovere l’appellato all’utilizzo del primo istituto in luogo del secondo è quello della soccombenza e quindi la necessità di criticare, attraverso motivi specifici di impugnazione, una statuizione espressa (o implicita) oppure un’illegittima pretermissione di pronuncia. Analogo presupposto (la soccombenza), viceversa, non si riscontra allorquando le domande e/o le eccezioni proposte siano state ritualmente assorbite, sicché venendo meno la necessità di rivolgere una critica alla sentenza, è sufficiente la riproposizione dell’istanza non esaminata. La soluzione adottata, senz’altro condivisibile (cfr., in dottrina, Consolo, Il cumulo condizionale di domande, II, Padova, 1985, 816-820; Gambineri, Garanzia e processo, II, Milano, 2002, 607 e ss.), si fonda su un corretto intendimento dei presupposti dell’impugnazione nonché della sua funzione, la quale verrebbe irrimediabilmente travisata coll’imporre un onere di censura rispetto ad una statuizione non pregiudizievole, qual è – per l’appunto – quella di assorbimento.