Sulla corretta identificazione della parte appellante ai fini dell’ammissibilità del gravame
di Michele Ciccarè Scarica in PDFCass., Sez. I, 16 maggio 2016, n. 9986
Impugnazioni civili – Appello – Errore materiale indicazione parte appellante – Ammissibilità appello dell’appello – Sussistenza (Cod. proc. civ., artt. 163, 164, 342)
[1] È valido ed efficace l’atto di appello che, per mero errore materiale, risulta nell’intestazione proposto da soggetto diverso rispetto a quello che aveva partecipato al giudizio di primo grado, purché dal tenore complessivo dell’atto risulti inequivoca l’effettiva identificazione del legittimato all’impugnazione.
CASO
[1] La società «Mo.ve.fer S.c.a.r.l.», rimasta soccombente all’esito del giudizio di primo grado, proponeva impugnazione; eppure, dall’intestazione dell’atto introduttivo del gravame, così come dal timbro apposto in calce alla procura speciale rilasciata al difensore, risultava che l’appellante fosse invero la società «Nuova Mo.ve.fer S.c.a.r.l.».
Dopo essersi limitata a constatare ciò, la Corte di appello dichiarava inammissibile il giudizio di appello, in quanto proposto da soggetto diverso rispetto a quello che aveva partecipato al giudizio di primo grado.
La società «Mo.ve.fer S.c.a.r.l.» proponeva quindi ricorso per cassazione, sostenendo la violazione dell’art. 164 c.p.c., nonché – ratione temporis – il vizio di motivazione sul punto (cfr. oggi art. 54 D.L. 83/2012, conv. con mod. in L. 134/2012).
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte, dopo aver preso atto che sia nel corpo dell’atto di appello, sia nel testo della procura speciale rilasciata al difensore, risultava la corretta indicazione del soggetto legittimato ad impugnare, accoglie con rinvio il ricorso proposto.
Nello specifico, il giudice del rinvio dovrà sottostare al seguente principio di diritto: «l’interpretazione di un documento, anche di natura processuale, non può limitarsi all’esame della mera intestazione, dovendosi avere riguardo all’atto nella sua interezza e al suo senso complessivo».
QUESTIONI
[1] La sentenza in analisi applica al caso de quo un principio più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità (conformi in passato Cass., 14 febbraio 2001, n. 2144; Cass., 3 novembre 1995, n. 11449; Cass., 4 maggio 1982, n. 2777; Cass., 4 giugno 1974, n. 1624), anche nelle ipotesi analoghe dell’errore di intestazione verificatosi nel ricorso per cassazione (v. da ultimo Cass., 3 maggio 2016, n. 8690; Cass., 14 luglio 2015, n. 14662).
In effetti, sul piano generale ermeneutico, il giudice del merito, al fine di decidere sull’ammissibilità dell’impugnazione proposta, non può omettere la valutazione degli elementi dai quali si possa ricavare, in tesi, il mero errore materiale nella stesura dell’atto; a tal fine egli deve compiere un’indagine sulla volontà complessivamente manifestata, con la conseguenza che l’errore di intestazione va considerato irrilevante quando sia agevole identificare l’effettiva parte appellante, senza la necessità di ulteriori indagini di fatto, secondo i canoni della normale diligenza (quest’ultima precisazione è di Cass., 3 agosto 2016, n. 16177).
Oltretutto, sul piano positivo, il dato risulta confermato dalle disposizioni dell’art. 164, n. 1, c.p.c., in tema di nullità della citazione di primo grado, applicabile anche nel giudizio d’appello (arg. ex artt. 342 e 163 c.p.c.).
Per quanto specificamente concerne l’indicazione delle parti, infatti, la nullità può essere dichiarata solo quando manca, ovvero risulta assolutamente impossibile, l’individuazione dei soggetti processuali (per conferme giurisprudenziali v. Cass., 21 agosto 2013, n. 19370; Cass., 11 maggio 2005, n. 9928; Cass., 14 gennaio 1998, n. 272; Cass., 15 novembre 2002, n. 16076; Cass., 18 gennaio 2001, n. 718).
Di riflesso, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che, qualora i soggetti coinvolti – attore e convenuto – siano altrimenti identificabili dal complessivo tenore dell’atto, tali discrasie non coinvolgono la validità del giudizio introdotto, risolvendosi in irrilevanti errori materiali (ex multis, Cass., 28 maggio 2009, n. 12655; Cass., 11 maggio 2005, n. 9928).
Ad ogni modo, fermi i rilievi sopra effettuati, nel caso di specie la discrasia fra il soggetto appellante e quello effettivamente legittimato all’impugnazione risultava anche dal raffronto fra il testo della procura speciale ed il timbro apposto in calce alla stessa, quest’ultimo appartenente ad una società estranea al processo.
Sebbene la Suprema Corte non abbia tenuto in specifica considerazione tale circostanza nell’enunciazione del principio di diritto, va segnalato che una nutrita giurisprudenza di legittimità, nei casi di incertezza sull’effettiva identità del soggetto impugnante, concede esclusiva rilevanza alla cd. stampigliatura apposta in calce alla procura speciale; di riflesso, viene considerato del tutto recessivo il diverso dato letterale della procura o del corpo dell’atto (v. Cass., 30 luglio 2012, nn. 13582 e 13583; Cass., 20 giugno 2011, n. 13467; Cass., 14 dicembre 2006, n. 26826; Cass., 15 aprile 1998, n. 3820).
Tali precise indicazioni, qualora dovessero essere prese a modello dal giudice del rinvio in sede di valutazione complessiva dell’atto, potrebbero comportare – in questo come in altri casi analoghi –, la conferma della dichiarazione di inammissibilità del giudizio di appello originariamente proposto.