Sul valore della dichiarazione di non conoscenza resa sotto giuramento dal curatore fallimentare a seguito dell’eccezione di prescrizione presuntiva del credito
di Marco Russo, Avvocato Scarica in PDFCass., sez. un., 29 agosto 2023, n. 25442 Pres. Amendola, Rel. Federici
Procedimento civile – Prescrizione presuntiva – Curatore fallimentare – Giuramento de scientia – Dichiarazione di non conoscenza – Ammissione del credito (C.c. artt. 2737, 2739, 2954, 2955, 2956, 2960; C.p.c. art. 233; L. Fall., artt. 49, 95, 98, 220)
In tema di accertamento del passivo fallimentare, qualora, in sede di controversia insorta per il rigetto della ammissione di un credito, maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell’art. 2956, comma 1, n. 2, c.c., sia eccepita dal curatore la prescrizione presuntiva del credito e il creditore deferisca giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non sapere se il pagamento sia avvenuto o meno produce gli effetti del mancato giuramento.
CASO
La vicenda in esame trae origine da una domanda di ammissione al passivo dei crediti vantati a titolo di corrispettivo per prestazioni professionali svolte in qualità di avvocato in favore della società in bonis.
Il giudice delegato accoglieva solo parzialmente la domanda, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione presuntiva triennale avente ad oggetto una parte dei crediti, sollevata dal curatore ex art. 2956, n. 2 c.c.
Il tribunale, a seguito di opposizione ex art. 98 L. Fall., confermava la decisione impugnata con decreto oggetto di ricorso per cassazione del professionista, che deduceva tra il resto (e per quanto qui più espressamente rileva) l’errore rappresentato dal rilievo assegnato al mancato deferimento del giuramento decisorio, indicato in motivazione come “unico strumento processuale” astrattamente idoneo a vincere l’eccezione di prescrizione presuntiva e ciò nonostante l’orientamento della Giurisprudenza che ne esclude tout court la deferibilità al curatore fallimentare in quanto soggetto estraneo al fatto estintivo dell’obbligazione e privo del potere di disporre del diritto.
Il ricorso, all’esito dell’udienza pubblica, è stato rimesso al primo presidente della Corte per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite in ragione della rilevanza nomofilattica delle questioni dedotte.
SOLUZIONE
La Cassazione a sezioni unite esamina in sentenza la questione, non a torto definita in motivazione con l’impegnativa etichetta di “annosità”, relativa al “se, ed in che termini, il curatore fallimentare si ponga dinanzi alla possibilità di eccepire la prescrizione presuntiva prevista per i crediti relativi ai rapporti giuridici richiamati negli artt. 2954, 2955, 2956 c.c. (nel caso di specie quello afferente i crediti professionali di cui all’art. 2956, n. 2, c.c.), istituto a cui fa da contraltare la possibilità di deferire il giuramento decisorio, che peraltro costituisce l’unico strumento a tutela del creditore, a cui la prescrizione sia opposta”.
All’esito del complesso iter logico- giuridico che verrà illustrato nel prossimo paragrafo, la Corte accoglie l’orientamento sino ad oggi minoritario nella Giurisprudenza di legittimità che, in materia di accertamento del passivo fallimentare, qualora in sede di controversia insorta per il rigetto della ammissione di un credito ex art. 2956, comma 1, n. 2 c.p.c. sia eccepita dal curatore la prescrizione presuntiva del credito e il creditore deferisca giuramento decisorio, riconduce agli effetti del mancato giuramento la dichiarazione del curatore di non sapere se il pagamento sia avvenuto o meno.
QUESTIONI
Il principio sopra esposto emerge in motivazione a conclusione del ragionamento con cui le Sezioni unite hanno risposto ai quattro quesiti posti nell’ordinanza di rimessione, individuati nelle seguenti questioni: (i) se, nell’ambito del giudizio di accertamento del passivo fallimentare, il curatore fallimentare sia legittimato a opporre la prescrizione presuntiva (nel caso di specie ex art. 2956, n. 2, c.p.c.), in quanto parte processuale, ai sensi dell’art. 95, comma 1, L. Fall., o comunque in quanto terzo interessato, ai sensi dell’art. 2939 c.c., tenuto conto della correlazione posta tra tale eccezione e la possibilità per la controparte di deferire giuramento “per accertare se si è verificata l’estinzione del debito” (art. 2960, comma 1, c.p.c.); (ii) se l’art. 2739 c.c. e l’art. 2737 c.c. (che per la capacità di deferire o riferire il giuramento rinvia all’art. 2731 c.c. in tema di confessione) ostino alla prestazione del giuramento decisorio da parte del curatore fallimentare, in quanto terzo privo della capacità di disporre del diritto, come sostenuto da un primo orientamento (negli ultimi anni, Cass., 25286/2013, 15570/2015, 23427/2016, 19418/2017, 12044/2020), oppure ostino solo al suo potere di deferire e riferire il giuramento, ma non di prestarlo, anche in relazione all’inquadramento della prescrizione presuntiva come presunzione legale relativa, con limitazione dei mezzi di prova contraria, ovvero come ipotesi speciale di prescrizione, superabile solo dall’ammissione in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta (art. 2959 c.c.), o dal particolare valore attribuito dalla legge al giuramento decisorio; (iii) se, in particolare, ove si escluda la deferibilità del giuramento su fatto non “proprio”, ma del fallito (cd. giuramento de veritate), al curatore fallimentare possa essere comunque deferito il giuramento sulla conoscenza che egli ne abbia – tenuto conto delle interlocuzioni tra curatore e fallito imposte dagli art. 16, comma 1, n. 3), e art. 49 L. Fall., la cui inosservanza è penalmente sanzionata (art. 220 L. Fall.) – e se, in tal caso, si tratti del c.d. giuramento de scientia, ex art. 2739 c.c., comma 2, ovvero del cd. giuramento de notitia, ex art. 2960, comma 2, c.c., norma espressamente riferita al coniuge superstite o agli eredi del debitore e ai loro rappresentanti legali, ma in tesi applicabile analogicamente; (iv) se, una volta ammesso il giuramento de scientia o de notitia, la dichiarazione del curatore di non essere a conoscenza dell’avvenuta estinzione del debito equivalga a prestazione favorevole al giurante, lasciando in vita la presunzione di pagamento (Cass., Cass. 647/2008, 15570/2015, 13298/2018), o assuma invece gli effetti del rifiuto del giuramento, favorevole al creditore, come avviene nel giuramento de veritate, e se tale conclusione debba valere per tutti i soggetti che prestino giuramento de scientia o de notitia, ovvero solo per il curatore fallimentare.
L’urgenza del pronunciamento delle Sezioni unite si era fatto nei mesi più pressante a seguito della recente sentenza Cass., 27 giugno 2002, n. 20602, che alle questioni sopra accennate aveva dato risposta affermativa (quanto alla deducibilità dell’eccezione di prescrizione da parte del curatore) e favorevole al creditore delante quanto agli effetti della dichiarazione del curatore di mancata conoscenza, sostanzialmente assimilata nelle conseguenze giuridiche ad un giuramento negativo, così ponendosi in consapevole contrasto con il più consolidato orientamento teso a favorire, a parità di condizioni, la posizione del giurante e dunque ad escludere effetti sfavorevoli susseguenti alla dichiarazione di non conoscenza del curatore.
Procedendo con ordine, la Corte dà risposta positiva al quesito sopra riassunto sub (i), ritenendo che un’esclusione dell’operatività della prescrizione presentiva per il solo curatore fallimentare “rappresenterebbe una provazione ingiustificata” stante la tendenziale uniformità di applicazione in tutti i “rapporti che si sviluppano invece senza formalità, ed i cui pagamenti avvengono senza dilazione, né rilascio di quietanza”, per i quali l’applicazione dell’istituto è fuori discussione”.
Anche il quesito sub (ii) è risolto positivamente dalle Sezioni unite, che richiamano il pacifico riconoscimento della qualità di parte processuale in capo al curatore e ne ricavano condivisibilmente il rischio di un “vero e proprio corto circuito del processo” – suscettibile forse, sviluppando un accenno finale della Corte, di un dubbio di legittimità costituzionale per violazione del c.d. principio di parità delle armi – laddove si ipotizzasse di (riconoscere sì al curatore il potere di sollevare l’eccezione di prescrizione presuntiva del credito, ma di) negare al creditore il principale, e anzi l’unico strumento processuale a tutela del diritto vantato, ossia il giuramento de scientia.
Più delicata, come riconosciuto anche dalle Sezioni unite, è la questione a valle, ai nostri fini riconducibile ai quesiti sub (iii) e (iv) inerente agli effetti da assegnarsi alla dichiarazione del curatore delato di non conoscere i fatti (non ponendosi questione di giuramenti de veritate, essendo il curatore terzo rispetto all’imprenditore fallito): questione a cui la Giurisprudenza maggioritaria ha dato una risposta – l’equivalenza ad una dichiarazione favorevole per il giurante – che suscita crescenti perplessità, evidenziate da ultimo dalla citata Cass., 20602/22, se si considera il facile esito, effettivamente ricorrente in pratica nelle pur infrequenti ipotesi di applicazione degli istituti in esame, rappresentato dall’agevole proposizione dell’eccezione da parte del curatore, seguita dall’ancor più facile “trincerarsi dietro la non conoscenza dei fatti, così rendendo del tutto inutile l’unico strumento accordato al creditore per contrastare l’eccezione”.
Esaurita una lunga parentesi in via di obiter dictum sulla natura sostanziale o probatoria dell’eccezione in parola, e sulla possibile distinzione strutturale tra essa e la prescrizione estintiva del credito (che a differenza dell’eccezione di prescrizione presuntiva presuppone l’inerzia del creditore, e non l’attivazione celere del medesimo e la sua probabile avvenuta soddisfazione), la Corte torna a sorreggere la tesi sostenuta da Cass., 20602/22 osservando che, a ben vedere, la dichiarazione di non conoscenza del curatore, e in generale del terzo che eccepisca la prescrizione presuntiva, è tutt’altro che “scusabile”.
In altre parole, è lecito attendersi che chi presuppone il verificarsi del fatto estintivo dell’obbligazione, sia anche in grado “rispetto all’eccezione stessa, di affermare che quel fatto, il pagamento, si è verificato”, e che, non avendone avuto conoscenza diretta proprio in quanto terzo, abbia preventivamente acquisito (ad esempio dal soggetto fallito) elementi da cui trarre la conoscenza dell’adempimento dell’obbligazione che gli ha ispirato l’eccezione: attività più in generale doverosa per il curatore, che si può presupporre abbia fornito al curatore la conoscenza indiretta di quei fatti che lo hanno indotto a ritenere verosimilmente estinto il credito.
In questo quadro, conclude sostanzialmente la Corte, nulla giustifica (più) il curatore che, raccolti quei fatti, neghi strategicamente la loro conoscenza nella consapevolezza che il giudice valuterà quale dichiarazione a suo favore la mancata prestazione del giuramento; e si giustifica anzi un orientamento più rigoroso che permetta sì al curatore la proposizione dell’eccezione di giuramento, ma lo responsabilizzi e negli effetti gli sconsigli un uso affrettato dall’eccezione nelle ipotesi in cui il curatore stesso sappia che, davanti alla delazione del giuramento de scientia, nulla saprebbe riferire in qualità di delato.
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