Sul rimedio contro la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato disposta in sentenza anziché con separato decreto
di Jacopo Di Giovanni Scarica in PDFCass. 8 marzo 2018, n. 5535 – Pres. Amendola – Est. Tatangelo
Patrocinio a spese dello Stato – Revoca – Opposizione (d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, Testo Unico Spese di Giustizia, artt. 136, 170)
[1] Il potere di revocare l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è diverso da quello di decidere la controversia tra le parti e per tale motivo esso viene esercitato con autonomo decreto che ha natura di provvedimento non decisorio e non definitivo rispetto alla controversia, sicché anche quando la revoca venga pronunciata nel provvedimento che definisce il giudizio di merito essa non costituisce capo della sentenza e il relativo mezzo di impugnazione resta quello dell’opposizione prevista dal T.U.S.G. e non l’impugnazione ordinaria contro la sentenza.
CASO
[1] Nell’ambito di un giudizio per il risarcimento di danni da sinistro stradale la Corte di Appello dichiara inammissibile l’impugnazione per aspecificità e con la stessa sentenza revoca l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in favore dell’appellante. Questi propone ricorso per cassazione denunciando l’erronea applicazione dell’art. 136 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (Testo Unico Spese di Giustizia).
L’art. 136 prevede al comma 2 che «[c]on decreto il magistrato revoca l’ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell’ordine degli avvocati, se risulta l’insussistenza dei presupposti per l’ammissione ovvero se l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.»
Qual è il rimedio per impugnare la revoca del patrocinio a spese dello Stato disposta con sentenza anziché con separato decreto?
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione rigetta il ricorso, affermando che anche quando la revoca venga pronunciata nel provvedimento che definisce il giudizio di merito essa non costituisce capo della sentenza e il relativo mezzo di impugnazione resta quello dell’opposizione prevista dal T.U.S.G. e non l’impugnazione ordinaria contro la sentenza.
QUESTIONI
[1] Il rimedio generale avverso la revoca e il diniego dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ancorché non espressamente previsto dalla norma, è per consolidata giurisprudenza l’opposizione ex art. 170 T.U.S.G., ora regolata dall’art. 15 del d. lgs. 1 settembre 2011 n. 150.
L’impugnazione del decreto di revoca con ricorso diretto per cassazione viene ammessa nel solo caso, contemplato dall’art. 113 dello stesso D.P.R., in cui esso sia pronunciato a seguito di richiesta di revoca dell’ufficio finanziario, ai sensi della lettera d) del comma 1 dell’art. 112, corrispondente all’art. 127, comma 3, T.U.S.G..
La legittimazione passiva nel giudizio di opposizione alla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato spetta all’amministrazione interessata, e quindi di regola il Ministero della Giustizia, che è soggetto passivo dell’obbligazione scaturente dall’ammissione al beneficio, o l’Agenzia delle Entrate quando la revoca sia stata richiesta dall’ufficio finanziario. Le parti del giudizio per il quale era stato chiesto il beneficio non hanno legittimazione passiva nel giudizio oppositorio.
Il problema affrontato dalla Corte di Cassazione in diverse recenti pronunce è quello che si pone quando il giudice dispone la revoca o il diniego dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in sentenza, anziché con separato decreto come prevede la norma. Una recente sentenza di legittimità (Cass. 13 aprile 2016, n. 7191) aveva affermato che «trattandosi di una pronuncia resa in sentenza, doveva essere impugnata con il rimedio ordinario dell’appello, senza che si potesse configurare la proposizione di un separato ricorso ex artt. 99-170 TU spese di giustizia n. 115 del 2002». La soluzione sembrava condivisa dalla successiva ordinanza del 6 giugno 2017, n. 14053, in cui la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio il provvedimento del Giudice di Pace che aveva rigettato l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Di segno diverso è invece l’ordinanza in commento, che si pone nel solco di altre recenti pronunce (Ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3028; Sentenza 6 dicembre 2017, n. 29228) e osserva che il provvedimento sul beneficio è espressione dell’esercizio di un potere diverso da quello di decidere la controversia tra le parti, per tale motivo assume la forma di decreto che resta estraneo al merito e alle parti della controversia per la quale è chiesta l’ammissione. Si tratta quindi di un decreto assolutamente autonomo rispetto al giudizio di merito, e tale autonomia permane anche quando la revoca venga pronunciata, in modo anomalo, con la sentenza che definisce il giudizio di merito. In questo caso la decisione sul beneficio, pur inserita nella sentenza, non ne costituisce un autonomo capo ma va considerata come se fosse stata emessa secondo la forma prescritta.
La Corte afferma quindi che il mezzo di impugnazione avverso la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato resta in ogni caso quello suo proprio, e cioè l’opposizione da proporsi al capo dell’ufficio giudiziario del magistrato che ha disposto la revoca.
La Corte osserva che una diversa soluzione avrebbe l’inammissibile effetto di alterare la durata e la decorrenza dei termini e anche le condizioni e i limiti delle impugnazioni proponibili avverso il medesimo provvedimento, a seconda della forma (autonomo decreto o sentenza) in cui il giudice lo pronunci.
La Corte richiama il principio generale per cui laddove con il medesimo provvedimento decisorio siano definite controversie di diversa natura tra le medesime parti, assoggettate a diversi mezzi di impugnazione, i mezzi di impugnazione restano di regola quelli propri di ciascuna tipologia di procedimento.
Né, infine, è necessario mantenere uniti i due procedimenti per consentire al giudice dell’impugnazione del merito di valutare anche l’eventuale mala fede o colpa grave idonee a revocare l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, poiché il giudizio oppositorio relativo al beneficio potrà eventualmente essere sospeso, ai sensi dell’art. 337, comma 2, c.p.c., qualora il giudice dell’opposizione ritenesse opportuno attendere la decisione definitiva in ordine alla controversia di merito.