5 Settembre 2017

Sul recupero del credito professionale dell’avvocato, tra dubbi (numerosi) e certezze (poche), parola alle Sezioni Unite

di Massimo Brunialti Scarica in PDF

Cass.17 maggio 2017, n. 12411

 

Avvocato – Compenso professionale – Contestazione del diritto e dell’entità del credito – Sommario di cognizione (procedimento) – Applicabilità (Cod. proc. civ., art. 702 bis; d.leg. 1° settembre 2011, n. 150, art. 14; l. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28).

[1] Le controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti da parte dell’avvocato in materia civile, devono essere trattate col procedimento di cui all’art. 14, d.lgs. n. 150/2011, ove la domanda riguardi anche l’an e non solo il quantum della pretesa. (Cod. proc. civ., art. 702 bis; d.leg. 1° settembre 2011, n. 150, art. 14; l. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28)

Avvocato – Compenso professionale – Contestazione del diritto e dell’entità del credito – Sommario di cognizione (procedimento) – Ordinanza – Appello – Inammissibile – Ricorso straordinario per cassazione – Ammissibile (Cost., art. 111; Cod. proc. civ., art. 702 quater; d.leg. 1° settembre 2011, n. 150, art. 14; l. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28).

[2] L’ordinanza che definisce il giudizio speciale sulla liquidazione dell’onorario dell’avvocato ex art. 14, d.lgs. n. 150/2011, non è appellabile ma ricorribile per cassazione in via straordinaria anche nel caso in cui verta sull’an, oltre che sul quantum, della credito professionale. (Cod. proc. civ., art. 702 bis; d.leg. 1° settembre 2011, n. 150, art. 14; l. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28)

 Cass., 25 maggio 2017, n. 13272

Avvocato – Compenso professionale – Contestazione del diritto e dell’entità del credito – Sommario di cognizione (procedimento)

[3] Va rimessa al primo presidente della corte di cassazione, per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite, la questione – su cui sussiste contrasto – relativa all’ambito di operatività del rito sommario disciplinato dall’art. 14, d.lgs. n. 150/2011, in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato. (Cod. proc. civ., art. 374, 2° comma; d.leg. 1° settembre 2011, n. 150, art. 14; l. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28)

CASO

[1, 2] Proposta con rito sommario di cognizione una domanda di condanna al pagamento delle competenze professionali, il Tribunale di Lucca, in composizione monocratica, rigettava il ricorso ritenendo maturata la prescrizione presuntiva eccepita dai convenuti.

L’avvocato soccombente proponeva ricorso per cassazione. In particolare, si doleva del fatto che il giudicante avesse pronunciato in composizione monocratica anziché collegiale ex art. 14, d.lgs. n. 150/2011.

Il Pubblico ministero richiedeva il rigetto del gravame per inammissibilità, in quanto, avendo natura sostanziale di sentenza, l’ordinanza avrebbe dovuto essere appellata anziché impugnata con ricorso per cassazione.

[3] La fattispecie che ha dato origine alla rimessione alle Sezioni unite attiene al credito maturato da un avvocato per l’attività professionale svolta dinanzi a tre uffici giudiziari differenti (Giudice di pace, Tribunale e Corte d’appello di Roma), per il cui recupero il professionista aveva proposto ricorso ex art. 702 bis c.p.c. dinanzi al Tribunale di Civitavecchia nel cui circondario risiedeva la cliente convenuta.

Il Giudice rigettava in rito la domanda dichiarando inammissibile il ricorso per incompetenza, avendo violato l’art. 14 del d.lgs. n. 150/2011 in forza del quale avrebbero dovuto essere aditi gli uffici di merito investiti dei giudizi in cui l’avvocato aveva prestato la propria opera professionale.

Il soccombente proponeva regolamento di competenza dinanzi alla Corte di cassazione, fondando il ricorso su tre motivi: a) in primo grado aveva inteso attivare il procedimento sommario di cognizione e non quello di cui al novellato art. 28 della l. n. 794/1942; b) le eccezioni della convenuta avevano ampliato il thema decidendum, per cui non avrebbe potuto trovare applicazione il particolare rito speciale; 3) in extrema ratio, il tribunale avrebbe dovuto convertire il rito da sommario in ordinario.

SOLUZIONE

[1, 2] Le conclusioni del P.M. non sono state condivise dai giudici di legittimità posto che, a parere della Corte, i presupposti su cui esse si fondavano erano quelli per cui: a) il provvedimento di primo grado che definisce una controversia sul quantum e sull’an del credito professionale di un avvocato, ancorché assunto con ordinanza, ha valore sostanziale di sentenza e, pertanto, deve essere impugnato con l’appello; b) l’eccezione di prescrizione presuntiva del credito professionale implica la cognizione del giudice sull’an del credito preteso dal professionista.

La Corte rammenta che l’orientamento pressoché unanime della giurisprudenza di legittimità, antecedente l’introduzione del d.lgs. n. 150/2011 (che, com’è noto, ha riformato l’art.  28 e abrogato gli artt. 29 e 30 della l. n. 794/1942, nonché modificato il rito per le controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato), riteneva che lo speciale procedimento camerale contemplato dalla l. n. 794/1942 riguardasse esclusivamente i giudizi in cui si contendeva il quantum del credito professionale, dovendo – invece – applicarsi il rito ordinario allorché la cognizione fosse estesa all’an (cfr. Cass. 15 marzo 2010, n. 6225, Foro it., Rep. 2010, voce Avvocato, n. 231; 29 marzo 2005, n. 6578, id., Rep. 2005, voce cit., n. 196; 21 aprile 2004, n. 7652, id. Rep. 2004, voce cit., n. 229; 8 agosto 2000, n. 10426, id., Rep. 2000, voce cit., n. 179), sul presupposto che l’accertamento dei fatti costitutivi del credito professionale involgesse questioni di «maggiore complessità rispetto alle controversie limitate all’accertamento del [solo] quantum».

Di talché, secondo quella tesi, il provvedimento che definiva il rito camerale, anche se assunto nella forma di sentenza, avendo valore sostanziale di ordinanza, era impugnabile soltanto col ricorso straordinario per cassazione; in maniera speculare, invece, il regime impugnatorio del provvedimento conclusivo del giudizio esteso all’an debeatur, “impropriamente” adottato nelle forme dell’ordinanza anziché della sentenza, e pertanto appellabile (come ritenuto dal P.M.).

La sentenza in rassegna dà atto che anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2011 parte della giurisprudenza ha ritenuto attuale l’orientamento tradizionale sul tipo di impugnazione del provvedimento conclusivo a seconda dell’oggetto dell’accertamento, posto che il rito riformato si fonderebbe sui medesimi presupposti di quello previgente (evoca Cass. 5 ottobre 2015, n. 19873, consultabile su www.eclegal.it, con nota di M. Ciccaré, Compenso dell’avvocato: impugnazione dell’ordinanza emessa nel procedimento sommario di cognizione, nonché in Foro it., Rep. 2015, voce cit., n. 183. Conf. Cass. [ord.] 14 giugno 2016, n. 12248, id., Rep. 2016, voce cit., n. 164).

[3] Secondo l’ordinanza in rassegna la questione sulla competenza ex art. 14, d.lgs. n. 150/2011, sollevata dal ricorrente, è connessa alla determinazione dell’ambito di operatività del nuovo rito speciale, sulla quale «si registrano antitetiche soluzioni esegetiche, differenti dicta» delle sezioni semplici della Cassazione.

Il netto contrasto sorto in seno al giudice di legittimità, dunque, giustifica la rimessione al primo presidente affinché valuti l’opportunità di investire della questione le Sezioni unite.

QUESTIONI

[1, 2] Tuttavia, sottolinea la Corte, i recenti arresti citati non hanno affrontato specificamente l’incerta questione dell’applicabilità del nuovo rito speciale anche alle controversie vertenti sull’an del compenso professionale oltre che sul quantum, sulla quale invece si è espressa la sez. VI con la sentenza 29 febbraio 2016, n. 4002, Foro it., 2016, I, 1712, con nota di C.M. Cea, Il nuovo procedimento per la liquidazione dei compensi dell’avvocato al vaglio della Suprema corte, a parere della quale le controversie previste dall’art. 28, l. n. 794/1942, modificato dall’art. 34 d.lgs. n. 150/2011, devono essere trattate con il procedimento disciplinato dall’art. 14 del d.lgs. del 2011, anche se la domanda riguarda l’an della pretesa, senza possibilità per il giudice adìto di convertire il rito sommario in ordinario o di dichiarare l’inammissibilità della domanda.

La sentenza in rassegna aderisce a quest’ultimo orientamento, motivando le massime in epigrafe sulla base di ragioni di ordine letterale e sistematico.

Quanto alle prime: a) affermata l’applicabilità del nuovo rito speciale anche alle domande riguardanti l’an della pretesa, sarebbe contraddittorio escludere soltanto per queste la regola dell’inappellabilità dell’ordinanza conclusiva prevista dall’art. 14, ult. comma, d.lgs. n. 150/2011; b) poiché l’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 150/2011 sancisce l’inapplicabilità alle controversie di cui al successivo art. 14, dei commi 2° e 3° dell’art. 702 ter c.p.c. (disciplinanti, rispettivamente, l’inammissibilità della domanda principale o riconvenzionale che non rientri tra quelle previste dall’art. 702 bis c.p.c., e la conversione del rito sommario in ordinario di cognizione ove necessiti un’istruzione non sommaria), ove si limitasse l’esperibilità del nuovo procedimento speciale soltanto alle controversie sul quantum debeatur, si dovrebbe concludere che solo il convenuto potrebbe condizionare l’ammissibilità della domanda ampliando il thema decidendum, altrimenti gli si precluderebbe la possibilità di formulare riconvenzionali o eccezioni sull’an debeatur.

Quanto alle seconde: a) l’inappellabilità dell’ordinanza che decide il giudizio speciale anche sull’an è compensata dalla collegialità del giudice sancita dall’art. 14 del d.lgs. n. 150/2011; b) il potere probatorio delle parti è pienamente garantito dal rinvio all’art. 702 ter c.p.c. di cui al citato art. 14 (richiama espressamente Cass. 18 dicembre 2015, n. 25547, in Foro it., 2016, I, 2156); c) il d.lgs. n. 150/2011 costituisce un indice di discontinuità nel sistema processuale, e quindi rappresenta una frattura anche con i paradigmi ermeneutici tradizionali (evoca Corte cost. 23 settembre 2013, n. 21675, id., 2014, I, 2504, con nota di A. Proto Pisani, L’irresistibile forza delle decisioni delle sezioni unite); d) ipotizzare differenti impugnazioni dell’ordinanza de qua a seconda del thema decidendum, non concilia con l’esigenza di armonizzare il sistema processuale (richiama Cass., sez. un., 20 luglio 2012, n. 12609, id., 2012, I, 2649).

[3] Il provvedimento interlocutorio è stato commentato in questa Rivista da G. Parisi, Liquidazione del compenso degli avvocati e ambito applicativo del procedimento «sommario»: aspettando le Sezioni Unite, a cui si rinvia per i riferimenti giurisprudenziali e dottrinali ante e post riforma.