Sui requisiti per l’ammissibilità dell’impugnazione tardiva ex art. 327, co. 2, c.p.c.
di Michele Ciccarè Scarica in PDFCass., Sez. VI-2, 19 gennaio 2017, n. 1350
Impugnazioni civili – Impugnazione tardiva ex art. 327, co. 2, c.p.c. – Requisiti di ammissibilità – Nullità notificazione atto introduttivo del giudizio – Mancata conoscenza del processo – Onere della prova incombente sull’impugnante contumace nel precedente grado di giudizio (Cod. proc. civ., artt. 101, 160, 327)
Impugnazioni civili – Impugnazione tardiva ex art. 327, co. 2, c.p.c. – Requisiti di ammissibilità – Inesistenza notificazione atto introduttivo del giudizio – Mancata conoscenza del processo – Presunzione iuris tantum a favore dell’impugnante contumace nel precedente grado di giudizio – Onere di prova contraria incombente sul soggetto impugnato (Cod. proc. civ., artt. 101, 160, 327)
Impugnazioni civili – Impugnazione tardiva ex art. 327, co. 2, c.p.c. – Requisiti di ammissibilità – Notificazione atto introduttivo del giudizio all’Amministrazione dello Stato anziché all’Avvocatura distrettuale – Sussistenza del vizio di nullità e non di inesistenza – Mancata conoscenza del processo – Onere della prova incombente sull’Amministrazione dello Stato contumace nel precedente grado di giudizio (Cod. proc. civ., artt. 101, 144, 327; r.d. 1611/1933, art. 11)
[1] Nei casi di nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, l’impugnazione tardiva ex art. 327, co. 2, c.p.c. è consentita solo quando la parte contumace in primo grado dimostra che detta nullità abbia causato l’incolpevole ignoranza della pendenza del giudizio.
[2] Nei casi di inesistenza della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, si presume iuris tantum che il contumace in primo grado non abbia avuto conoscenza della pendenza della lite ai fini dell’impugnazione tardiva ex art. 327, co. 2, c.p.c., spettando viceversa al soggetto impugnato l’onere di fornire prova contraria.
[3] Nei casi in cui il giudizio venga instaurato nei confronti di un’Amministrazione dello Stato, la notifica effettuata direttamente ad essa e non all’Avvocatura distrettuale ex art. 144 c.p.c., è da ritenersi nulla e non già inesistente. Spetta dunque all’Amministrazione già contumace dimostrare l’incolpevole ignoranza della pendenza del giudizio ai fini dell’operatività dell’art. 327, co. 2, c.p.c.
CASO
[1] [2] [3] Il Ministero della giustizia proponeva ricorso per cassazione avverso il provvedimento di condanna emanato dalla Corte d’appello di Roma in unico grado per irragionevole durata del processo (c.d. legge Pinto), pubblicato in data 8 settembre 2014.
Nello specifico, l’impugnazione veniva avanzata il 26 maggio 2015, ovvero oltre il termine di decadenza semestrale previsto all’art. 327, co. 1, c.p.c. Ad ogni modo, il Ministero della giustizia sosteneva l’applicabilità dell’art. 327, co. 2, c.p.c., affermando la nullità della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio per equa riparazione, atteso che lo stesso era stato notificato unicamente al Ministero della giustizia, e non presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato ex art. 144 c.p.c. Si affermava inoltre, a tal proposito, l’avvenuta conoscenza del procedimento solo a seguito della notificazione del provvedimento di condanna, quest’ultima effettuata all’Avvocatura distrettuale dello Stato il 27 marzo 2015.
SOLUZIONE
La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile in quanto tardivo. Infatti, sebbene l’impugnazione sia stata proposta entro il termine breve di 60 giorni dal momento della notifica del provvedimento, la parte è decaduta dal potere di impugnare ex art. 327, co. 1, c.p.c., essendo in ogni caso già trascorso il termine decadenziale di sei mesi dal giorno della pubblicazione del decreto di condanna. Di contro, resta inoperante nel caso di specie il disposto dell’art. 327, co. 2, c.p.c., sulla base delle seguenti considerazioni.
[1] Anzitutto, sul piano astratto, i giudici di legittimità affermano che l’impugnazione tardiva ex art. 327, co. 2, c.p.c. non è consentita al contumace per il solo fatto che risulti nulla la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ma è subordinata alla specifica dimostrazione che siffatta nullità abbia determinato l’incolpevole ignoranza della pendenza del giudizio.
[2] Sempre sul piano astratto, la Suprema Corte distingue da ciò le ipotesi in cui la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio è inesistente, in quanto idonea ad invertire l’onere probatorio fra le parti in causa: ivi, difatti, si deve presumere iuris tantum la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte di chi si accinge ad impugnare oltre i termini di decadenza dell’art. 327, co. 1, c.p.c., spettando al soggetto impugnato dimostrare il contrario.
[3] Tutto ciò premesso, nel caso di specie si accerta che «la notifica dell’atto propulsivo del procedimento effettuata direttamente ad un’amministrazione dello Stato e non all’Avvocatura distrettuale, è da ritenersi affetta da nullità e non da inesistenza». Orbene, in armonia con quanto premesso in via generale sulla ripartizione dell’onere della prova nei casi di nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, il ricorso proposto dal Ministero della giustizia deve dichiararsi inammissibile, essendo stata meramente affermata e non dimostrata l’effettiva ignoranza incolpevole del procedimento ai sensi e per gli effetti dell’art. 327, co. 2, c.p.c.
QUESTIONI
[1] L’impostazione assunta a modello dalla decisione in analisi – ovvero la necessità per l’impugnante contumace nel precedente grado di giudizio di dimostrare l’effettiva ignoranza circa l’instaurazione del procedimento nei casi di nullità della notificazione dell’atto introduttivo – risulta conforme alla giurisprudenza maggioritaria avutasi sul tema (così Cass., 5 novembre 2013, n. 24763; Cass., 20 novembre 2012, n. 20307; Cass., 3 luglio 2008, n. 18243; Cass., 14 settembre 2007, n. 19225; Cass., 8 giugno 2007, n. 13506; Cass., 22 giugno 2007, n. 14570; Cass., 12 maggio 2005, n. 9938; contra Cass., 16 aprile 2008, n. 9989; Cass., 26 agosto 2004, n. 17014, per le quali si dovrebbe presumere iuris tantum l’involontarietà della contumacia).
Peraltro, sembra questa l’interpretazione conforme al dettato normativo, stando al quale è espressamente rimessa in capo al soggetto impugnante la dimostrazione «di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, e per nullità [eventualmente] della notificazione degli atti di cui all’articolo 292» (cfr. art. 327, co. 2, c.p.c.).
[2] In armonia con quanto affermato in via generale nella pronuncia in analisi, nei casi di inesistenza della notificazione dell’atto introduttivo, la giurisprudenza pacifica ritiene operante la presunzione di mancata conoscenza del processo da parte del contumace impugnante (ex multis, Cass., 5 febbraio 2009 n. 2817; Cass., 29 aprile 2008 n. 10817; Cass., 22 giugno 2007, cit.; Cass., 22 maggio 2006, n. 11991), fatte salve le ipotesi in cui ad esso siano stati regolarmente notificati, in seguito, taluno degli atti previsti all’art. 292 c.p.c.
[3] La riconduzione di tale casistica alle ipotesi di nullità – e non inesistenza – della fattispecie inerente la notificazione degli atti processuali appare conforme all’impostazione da ultimo fornita dalla Suprema Corte a sezioni unite con Cass., 20 luglio 2016, n. 14917.
Nel caso di specie, infatti, sussiste tanto l’attività di trasmissione dell’atto al soggetto preposto (Ufficiale Giudiziario), quanto la successiva fase di consegna al destinatario, sebbene quest’ultima sia stata effettuata presso la parte personalmente (Ministero della giustizia), anziché al procuratore predeterminato per legge (Avvocatura distrettuale dello Stato), con conseguente vizio di identificazione del soggetto riconducibile all’alveo dell’art. 160 c.p.c. (per un analogo caso v. in precedenza Cass., 31 maggio 2011, n. 12004).
Si precisa infine che, per la giurisprudenza dominante, ferma l’operatività del disposto dell’art. 327, co. 2, c.p.c., ove ne ricorrano i presupposti, dal momento in cui il contumace involontario abbia avuto personale notizia del procedimento, stante la notificazione della sentenza emanata a conclusione dello stesso, inizia a decorrere nei suoi confronti il termine breve per impugnare la decisione ex art. 325 c.p.c. (per tutte Cass., 22 giugno 2007, cit.; cfr. anche Cass., 22 dicembre 1999, n. 925).