Studi professionali e stampa: guida per un rapporto di lunga durata
di Amalia Di Carlo - Ufficio stampa di Marketude Scarica in PDFAvvocati e giornalisti. Due categorie che nel mondo degli studi professionali vengono sempre più spesso a contatto. E se per un avvocato, un tempo, avere a che fare con un giornalista poteva essere sconveniente e indizio di poca serietà professionale verso il cliente, adesso avere rapporti costanti con le testate è conditio sine qua non per un buon piano di comunicazione.
L’accreditamento e l’istituzionalizzazione del brand di uno studio professionale non può fare a meno della presenza sulla stampa. Ma non sempre ai professionisti, siano essi avvocati o commercialisti, sono ben chiare le dinamiche che regolano i rapporti con le testate.
Allora facciamo un breve excursus sulle modalità di interazione con i giornalisti e sui cardini portanti che regolano il rapporto con i media.
Comunicati stampa
Partiamo dal presupposto che non tutto è comunicabile. Nel senso che non tutto interessa ai lettori. Prima di redigere ed emettere un comunicato stampa, chiediamoci se al posto del lettore potremmo essere interessati a quella notizia. Una volta, dialogando con un esperto indiscusso del settore, mi confessò “I comunicati spesso vengono riempiti di informazioni inutili, o usati per dare informazioni di scarso interesse”. In particolare il mio interlocutore si riferiva al caso in cui uno studio annuncia la partecipazione di uno dei suoi avvocati a una conferenza o ad un evento. Un’ informazione che di certo potrà anche essere di rilievo per l’avvocato interessato e per lo studio presso il quale opera, ma nel 90% dei casi non è di alcun interesse per il pubblico di una testata. Altro caso, che spesso e volentieri si manifesta, è quello di farcire il testo del comunicato di termini quali, leader, primario, autocelebrandosi o sottolineando, per esempio che l’avvocato Tal dei Tali è “laureato in giurisprudenza”, un’informazione quantomeno superflua.
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