15 Ottobre 2019

Sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 21 maggio 2019, n. 13649

Licenziamento – inidoneità fisica sopravvenuta – mansioni adeguate – obblighi – illegittimità

Massima

In tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, derivante da una condizione di handicap, sussiste a carico del datore di lavoro l’obbligo della previa verifica della possibilità di adattamenti organizzativi ragionevoli nei luoghi di lavoro ai fini della legittimità del recesso, che discende, pur con riferimento a fattispecie sottratte ratione temporis all’applicazione dell’articolo 3, comma 3 bis, del decreto legislativo 216/03, di recepimento dell’articolo 5 della direttiva 2000/78/Ce, dall’interpretazione del diritto nazionale in modo conforme agli obiettivi posti dal citato articolo 5.

Commento

Nel caso de quo, un lavoratore era rientrato al lavoro dopo un grave infortunio sul lavoro, giudicato dal medico competente inidoneo “allo stato attuale” alle mansioni di autista e adibito ai compiti di aiuto meccanico presso l’officina aziendale. Successivamente era stato dichiarato inidoneo in modo permanente a svolgere le suddette mansioni. La società gli aveva offerto il ruolo di addetto alle pulizie con riduzione dell’orario di lavoro e, di fronte al rifiuto dello stesso, aveva intimato il licenziamento per sopravvenuta permanente inidoneità fisica alle mansioni di autista e per il rifiuto di impiego in attività compatibili con le residue capacità lavorative. Il Tribunale dichiarava illegittimo il licenziamento intimato dalla società, condannando quest’ultima alla reintegra e al risarcimento dei danni. La Corte di Appello, confermando la sentenza di primo grado, dichiarava anch’essa l’illegittimità del licenziamento. Di qui il ricorso in Cassazione da parte della società datrice di lavoro. I Giudici di legittimità, dopo aver ricostruito il contesto normativo interno e sovranazionale, hanno affermato – riprendendo una recente sentenza del 2018 – che in tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, derivante da una condizione di handicap, sussiste l’obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi ragionevoli nei luoghi di lavoro ai fini della legittimità del recesso, che discende, pur con riferimento a fattispecie sottratte ratione temporis all’applicazione del D.Lgs. n. 216 del 2003, art. 3, comma 3 bis, di recepimento dell’art. 5 della Dir. 2000/78/CE, dall’interpretazione del diritto nazionale in modo conforme agli obiettivi posti dal predetto art. 5. E ancora, secondo la Corte di Cassazione, non ha rilievo ostativo il fatto che la fattispecie oggetto di causa si collochi in epoca anteriore alla normativa di recepimento della direttiva, considerato l’obbligo del giudice nazionale di offrire una interpretazione del diritto interno conforme agli obiettivi di una direttiva anche prima del suo concreto recepimento e della sua attuazione. Pertanto, risulta illegittimo il licenziamento intimato dalla società per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni di autista sulla base di un duplice ordine di ragioni: per essere la motivazione del recesso non attuale, poiché il dipendente non svolgeva le mansioni di autista e poiché la società ha dimostrato di poter adibire il lavoratore ad altre mansioni, compatibili con le menomazioni fisiche, il che coincide con gli accorgimenti ragionevoli esigibili in base alla ricostruzione sopra fatta e che risulta dirimente ai fini dell’esclusione della violazione di legge.

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