19 Novembre 2024

È soggetto a opposizione ex art. 617, comma 1, c.p.c. ed è nullo il precetto che non indica gli estremi del provvedimento che ha dichiarato l’esecutorietà del decreto ingiuntivo

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 4 settembre 2024, n. 23725 – Pres. De Stefano – Rel. Condello

Titolo esecutivo – Decreto ingiuntivo esecutivo – Atto di precetto – Omessa menzione del provvedimento con cui è stata disposta l’esecutorietà del decreto ingiuntivo – Conseguenze – Nullità del precetto – Opposizione a precetto ex art. 617, comma 1, c.p.c.

Massima: “L’omessa menzione nell’atto di precetto del provvedimento che ha dichiarato l’esecutorietà del decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 654 c.p.c. comporta la nullità – deducibile con l’opposizione agli atti esecutivi – del precetto stesso, non potendo l’indicazione di tale provvedimento evincersi dalla menzione dell’apposizione della formula esecutiva (nella disciplina anteriore al 28 febbraio 2023), né potendosi sopperire a tale indicazione attraverso il ricorso ad altri elementi contenuti nel precetto”.

CASO

All’esito di un giudizio conclusosi con sentenza che aveva rigettato l’opposizione proposta avverso un decreto ingiuntivo, la parte soccombente si vedeva notificare, unitamente a detta sentenza spedita in forma esecutiva, precetto di pagamento, che veniva opposto.

L’intimato, infatti, eccepiva che, non essendovi menzione né del decreto ingiuntivo, né del provvedimento che ne aveva disposto l’esecutorietà, il precetto era da considerarsi nullo per violazione dell’art. 654, comma 2, c.p.c.

Il Tribunale di Lamezia Terme respingeva l’opposizione agli atti esecutivi, escludendo che la mancata indicazione del titolo e della data di apposizione della formula esecutiva avesse comportato la nullità del precetto, dal momento che, nonostante tale omissione, gli altri elementi in esso contenuti consentivano di ritenere comunque soddisfatta l’esigenza di individuazione del titolo.

La sentenza di rigetto dell’opposizione veniva impugnata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione, in accoglimento del ricorso, ha cassato la sentenza gravata, affermando che quando, per effetto dell’integrale rigetto dell’opposizione proposta avverso un decreto ingiuntivo, questo (e non la sentenza che ha respinto l’opposizione) integra e costituisce il titolo esecutivo, va fatta applicazione dell’art. 654, comma 2, c.p.c., sicché non occorre notificare nuovamente il decreto ingiuntivo al fine di avviare l’esecuzione forzata, ma il precetto deve fare menzione del provvedimento che gli ha conferito l’esecutorietà, a pena di nullità rilevabile mediante opposizione agli atti esecutivi, trattandosi di elemento volto a consentire l’individuazione del titolo recante l’obbligazione di cui viene chiesto l’adempimento e non surrogabile ricorrendo ad altri dati eventualmente contenuti nel medesimo atto di precetto.

QUESTIONI

[1] L’esecuzione forzata dev’essere preceduta dalla notifica del titolo esecutivo e del precetto, come prescritto dall’art. 479 c.p.c.

In alcuni casi, tuttavia, ciò non è necessario: si tratta dell’ipotesi in cui il titolo esecutivo è rappresentato da un decreto ingiuntivo non munito della clausola di provvisoria esecutività all’atto della sua emissione – ai sensi dell’art. 642 c.p.c. – e che sia divenuto esecutivo per effetto di mancata opposizione, ovvero per rigetto della stessa (se proposta), ovvero per estinzione del giudizio di opposizione.

Anche quando venga pronunciata sentenza di rigetto dell’opposizione, infatti, il titolo esecutivo non è rappresentato da questa, ma dal decreto ingiuntivo: sebbene la dottrina abbia sostenuto che, in virtù dell’effetto sostitutivo proprio della sentenza, il titolo esecutivo andrebbe individuato nella pronuncia che ha definito – respingendola – l’opposizione (ma tale impostazione ne presuppone la natura impugnatoria, mentre si tratta di un ordinario giudizio di cognizione il cui oggetto non è limitato alla verifica della validità del provvedimento monitorio, essendo esteso all’accertamento dell’esistenza del diritto azionato dal creditore), quando l’opposizione sia integralmente respinta, il titolo fondante l’esecuzione è rappresentato dal decreto ingiuntivo, quanto a sorte capitale, accessori e spese dallo stesso recati.

Com’è stato precisato dalla giurisprudenza, è vero che l’esecutorietà del decreto ingiuntivo è collegata alla sentenza – in forza della quale viene sancita indirettamente, con attitudine al giudicato, la piena sussistenza del diritto azionato con il ricorso monitorio, nell’esatta misura e negli specifici modi risultanti dal decreto emesso in accoglimento dello stesso – e che a passare in giudicato non è il decreto ingiuntivo, ma il comando ricavato dalla combinazione di esso e della sentenza di rigetto dell’opposizione, ma quest’ultima costituisce titolo esecutivo solo per le eventuali ulteriori voci di condanna in essa contenute e non già per quelle recate dal provvedimento monitorio.

Ciò significa anche che il creditore non dispone di due titoli esecutivi equipollenti, utilizzabili indifferentemente per fare valere il medesimo diritto, dal momento che il decreto ingiuntivo costituisce titolo per il credito azionato in via monitoria, mentre la sentenza di rigetto dell’opposizione lo è solo ed esclusivamente per le ulteriori voci di condanna in essa contenute.

Poiché il decreto ingiuntivo opposto è già stato notificato al debitore ai sensi dell’art. 643 c.p.c., l’art. 654 c.p.c., al comma 2, detta una regola peculiare ai fini dell’esecuzione, stabilendo che, in deroga a quanto previsto dall’art. 479 c.p.c., non occorre una nuova notificazione del decreto esecutivo, ma bisogna inserire nel precetto i dati prescritti dalla norma.

Nello specifico, come chiarito dalla giurisprudenza, nel precetto (che non dev’essere preceduto o accompagnato dalla notifica del decreto ingiuntivo) deve farsi menzione:

  • del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto ingiuntivo;
  • dell’avvenuta apposizione, in calce al decreto ingiuntivo, della formula esecutiva (fermo restando che, per i precetti notificati dopo il 28 febbraio 2023, tale requisito ha da intendersi venuto meno, in conseguenza della modifica dell’art. 475 c.p.c. e dell’abolizione della formula esecutiva);
  • della data di notifica del decreto ingiuntivo.

Tali indicazioni sono funzionali a consentire al debitore di individuare in modo inequivoco l’obbligazione di cui gli si chiede l’adempimento e del titolo che la sorregge.

Nel caso di specie, il precetto con cui era stato intimato il pagamento delle somme dovute in forza del decreto ingiuntivo era stato notificato contestualmente alla sentenza di rigetto dell’opposizione spedita in forma esecutiva, mentre non conteneva alcun riferimento al provvedimento monitorio, né a quello che gli aveva conferito l’esecutorietà.

Secondo la Corte di cassazione, dunque, tale omissione costituiva un vizio insanabile del precetto, perché impediva al debitore di avere consapevolezza di quale fosse l’obbligazione di cui gli veniva intimato il pagamento, ovvero del titolo su cui essa era fondata: in effetti, come evidenziato in precedenza, l’obbligo di pagamento delle somme portate dal decreto ingiuntivo continua a trovare la propria fonte in quest’ultimo, quando l’opposizione avverso di esso sia stata integralmente rigettata, sicché non può intimarsene il pagamento in forza della sentenza che ha definito il giudizio di opposizione, che vale come titolo esecutivo limitatamente alle statuizioni di condanna diverse e ulteriori rispetto a quelle contenute nel provvedimento monitorio.

È evidente, pertanto, che le indicazioni inerenti all’acquisto dell’efficacia dell’una non possono valere a soddisfare l’esigenza sottesa all’obbligo di fare menzione di quelle relative all’altro.

Per questo motivo, secondo la Corte di cassazione, non è nemmeno possibile evincere – in via indiretta – i requisiti prescritti dall’art. 654, comma 2, c.p.c. e mancanti nel precetto dall’indicazione della sentenza notificata unitamente a esso e dalla data di spedizione della stessa in forma esecutiva, trattandosi di menzioni distintamente previste dal legislatore.

Detto questo, i giudici di legittimità hanno ritenuto meritevole di accoglimento l’opposizione agli atti esecutivi pur non constando che l’opponente avesse allegato uno specifico pregiudizio derivatogli dalla lamentata violazione dell’art. 654, comma 2, c.p.c.

Da questo punto di vista, va rammentato che la giurisprudenza maggioritaria, sulla scorta dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, sostiene che il debitore che proponga opposizione ex art. 617 c.p.c. non può limitarsi a dedurre l’irregolarità formale in sé considerata, senza indicare quale concreto pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo essa abbia cagionato, visto che, non esistendo un interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, qualsiasi denuncia di un error in procedendo dev’essere accompagnata dall’enucleazione di un concreto pregiudizio subito dalla parte (in questi termini, Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 2019, n. 3967).

Bisogna altresì considerare che non tutte le violazioni della legge processuale determinano la nullità del precetto, essendosi affermato, per esempio, che l’assenza dell’avvertimento prescritto dall’art. 480, comma 2, c.p.c. costituisce mera irregolarità, giacché la disposizione non è posta a presidio della posizione processuale del debitore, ma ha solo l’obiettivo di promuovere o stimolare un più massiccio ricorso alle procedure di sovraindebitamento (Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2022, n. 23343).

In altre pronunce, peraltro, è stato affermato che l’inosservanza delle prescrizioni dettate per l’avvio dell’azione esecutiva si traduce in un vizio della stessa, poiché è la legge processuale a dettarle espressamente e specificamente, prevedendo, nel contempo, la possibilità che il debitore ne faccia valere la violazione con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, senza condizionarlo in alcun modo alla sussistenza di un diverso e ulteriore pregiudizio che non sia quello già insito nella circostanza che le formalità in questione non sono state rispettate; secondo questo orientamento, non è sostenibile che, qualora siano state omesse o violate le formalità espressamente previste come necessarie dalla legge ai fini del corretto esercizio dell’azione esecutiva, il debitore opponente, sia tenuto ad allegare e dimostrare, oltre alla sussistenza della denunciata violazione, un – ulteriore e diverso – concreto nocumento al proprio diritto di difesa, visto che quello rilevante, idoneo a condurre alla declaratoria di inefficacia degli atti viziati da detta violazione, è sancita, in via preventiva e non sindacabile dal giudice, dalla stessa legge (così, per esempio, Cass. civ., sez. VI, 9 novembre 2021, n. 32838).

Indipendentemente dal fatto che si reputi preferibile l’una o l’altra di queste impostazioni, va detto che, nel caso esaminato dall’ordinanza annotata, l’intimazione contenuta nel precetto opposto faceva riferimento a un’obbligazione di pagamento scaturente da un titolo (il decreto ingiuntivo) diverso da quello (la sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo) notificato e del quale erano richiamati gli estremi: un tanto induce a ritenere che il pregiudizio arrecato al debitore dalla lamentata violazione dell’art. 654, comma 2, c.p.c. fosse insito nell’incertezza circa l’oggetto dell’azione esecutiva che era stata minacciata e fosse, così, sostanzialmente autoevidente, bastando ciò a legittimare e a rendere senz’altro meritevole di accoglimento la proposta opposizione agli atti esecutivi.

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