Il socio cedente quote di società di capitali non è soggetto ad un generico obbligo di non concorrenza
di Mario Cascavilla Scarica in PDFTribunale di Bologna, Sezione specializzata in materia di imprese, Sentenza del 21 gennaio 2019
Parole chiave: cessione di quote – non concorrenza – cessione di azienda – art. 2557 c.c. – società di capitali
Massima: “La disciplina delle società di capitali non prevede, diversamente dalla disciplina della società in nome collettivo ex art. 2301 c.c., un generale divieto di concorrenza per il socio uscente. Di talchè, siffatto divieto può configurarsi solo se contemplato nello statuto sociale, o nell’atto di cessione della quota, ovvero, al ricorrere dei presupposti richiesti per la configurazione dell’ipotesi di cessione d’azienda; ricorrendo quest’ultima ipotesi, troverà applicazione analogica l’art. 2557 c.c.”.
Disposizioni applicate: art. 2557 c.c.
Con la sentenza in commento il Tribunale di Bologna si pronuncia in merito alla questione della configurabilità o meno di un generale divieto di concorrenza in capo al socio uscente all’atto di cessione delle quote di una società di capitali.
Il caso trae origine dalla richiesta, di uno dei soci di una S.r.l., di invalidazione di una delibera assembleare nella parte in cui la stessa, inter alia, ha anche riconosciuto espressamente al socio uscente (titolare del 10% delle quote sociali), il diritto di svolgere attività in concorrenza con quella realizzata dalla società.
Detta delibera ha costituito dapprima oggetto di impugnazione a mezzo di un ricorso cautelare ex art. 2378, co. 3° c.c., con la quale il socio istante ne ha richiesto la sospensione degli effetti; il Tribunale di Bologna ha respinto tuttavia la domanda. Segue un atto di citazione in giudizio, con il quale il socio in carica conviene la società ribadendo al Tribunale la richiesta di invalidazione della delibera, motivando che la previsione in essa contenuta, che prevedeva la facoltà, per il socio uscente, di svolgere attività in concorrenza con la società, sarebbe risultata irrazionale, oltre che dannosa per gli interessi della società.
Il Tribunale di Bologna si pronuncia premettendo che, in materia di S.r.l. e, più in generale, di società di capitali, la legge non prevede alcun generico obbligo di non concorrenza per il socio uscente, diversamente da quanto invece è espressamente previsto, come noto, per le società in nome collettivo ex art. 2301 c.c.. Escluso quindi che un obbligo di non concorrenza sia imposto ex lege, l’iter argomentativo dei Giudici bolognesi muove verso l’individuazione delle specifiche ipotesi nelle quali tale divieto possa operare.
Ebbene, i Giudici chiariscono in primis che un divieto di tal fatta potrebbe operare se previsto in una fonte di natura pattizia, e cioè se previsto nello statuto della società, così come, nello stesso atto di cessione delle quote. Nel caso di specie, però, né lo statuto né il contratto di cessione di quote contenevano una previsione in tal senso.
In secondo luogo, nella sentenza in commento viene chiarito che ove manchino espresse previsioni contrattuali, sarebbe possibile individuare un obbligo di non concorrenza applicabile alle società di capitali, facendo applicazione analogica, al ricorrerne dei presupposti, dell’art. 2557 c.c.. Come noto, la norma trova applicazione in ipotesi di cessione d’azienda, e recita: “chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta”.
Ed invero, secondo un già consolidato orientamento della Corte di Cassazione, il dettato dell’art. 2557 c.c. può trovare applicazione analogica in materia di società di capitali, trattandosi di una norma che non ha natura eccezionale, in quanto con essa “il legislatore non ha posto una norma derogativa del principio di libera concorrenza, ma ha inteso disciplinare nel modo più congruo la portata di quegli effetti connaturali al rapporto contrattuale posto in essere dalle parti” (Cass. civ., n. 27505, 11 novembre 2008; Cass. civ., n. 9682, 24 luglio 2000; Cass. civ., n. 549, 20 gennaio 1997).
Tuttavia, chiarisce il Tribunale di Bologna, al fine di ritenere applicabile l’art. 2557 c.c. anche al caso di cessione di quote di società di capitali, occorrerà accertare che in concreto “la cessione di quote abbia realizzato un caso simile all’alienazione d’azienda, producendo sostanzialmente la sostituzione di un soggetto ad un altro nell’azienda”.
Si tratta invero di una indagine complessa, nella quale, come affermato dalla Suprema Corte, è richiesto al giudice del merito di indagare tenendo conto di tutte le circostanze e le peculiarità del caso concreto, se tale cessione abbia realizzato effetti equivalenti a quelli cui avrebbe portato l’alienazione dell’intera azienda, e se abbia inoltre comportato la sostituzione dell’imprenditore cessionario con quello societario nella gestione della stessa (in questo senso, Cass. Civ., n. 19430, 23 settembre 2011).
Nel caso giudicato dal Tribunale di Bologna, tuttavia, detta circostanza non è stata neppure oggetto di allegazione da parte del socio istante, con la conseguenza che, in mancanza di previsioni di natura pattizia in ordine al divieto di concorrenza, la delibera è stata ritenuta legittima, e la domanda dell’attore respinta.