Società italiana trasferita in Lussemburgo: qual è la legge applicabile?
di Francesca Scanavino, Avvocato e Assistente didattico presso l’Università degli Studi di Bologna Scarica in PDFCassazione civile, Sezione II, Ordinanza interlocutoria n. 11600 dell’11 aprile 2022
Parole chiave: sede sociale – trasferimento – legge applicabile – oggetto principale – attività principale – libertà di stabilimento –
Massima: “La Corte di Cassazione rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione relativa all’assoggettamento di una società che abbia mantenuto il centro della propria attività nello Stato d’origine al diritto dello Stato di destinazione e ciò non solo per quanto concerne la sua costituzione, ma anche in relazione alla sua gestione (interna ed esterna)”.
Disposizioni applicate: art 25 L. 218/1995, art. 2381 c. 2 c.c., artt. 49 e 54 del TFUE
Il giudizio in esame prende le mosse (i) dal trasferimento della sede sociale della società italiana Alfa S.r.l. nello Stato del Lussemburgo (ove si è trasformata in una società lussemburghese modificando la propria denominazione in a.r.l.), (ii) dalla successiva attribuzione da parte dell’amministratrice unica di Alfa di un mandato generale con poteri illimitati a favore di un soggetto estraneo alla società e (iii) dai conseguenti conferimenti di beni effettuati dal mandatario generale alle società italiane Beta e Gamma.
Sostenendo la nullità dell’attribuzione di poteri gestori ad un mandatario estraneo alla società, Alfa ha infatti convenuto in giudizio le suddette società Beta e Gamma per far dichiarare l’inefficacia dei conferimenti a loro favore.
La Corte di Appello di Roma – discostandosi dalla pronuncia in primo grado – ha accolto la domanda di Alfa in ragione dell’asserita applicabilità al caso in esame della legge italiana conformemente alla previsione di cui all’art. 25 c. 1 della l. 218/1995, che dispone l’applicazione della legge italiana qualora l’“oggetto principale” della società si trovi in Italia.
Nel caso di specie, infatti, l’attività principale di Alfa era rimasta in Italia anche a seguito del trasferimento in Lussemburgo, potendosi quindi ritenere radicato in Italia il principale oggetto sociale.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte romana ha ritenuto che l’attribuzione dei poteri ad un mandatario estraneo alla società fosse in contrasto con l’art. 2381 c. 2 c.c. (secondo cui il Cda può delegare le proprie attribuzioni unicamente a componenti del medesimo consiglio) e, pertanto, ha dichiarato la nullità di tale attribuzione e la conseguente inefficacia dei conferimenti effettuati dal mandatario.
Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso in Cassazione le società Beta e Gamma, le quali hanno eccepito che l’art. 25 c. 1 della l. 218/1995 debba essere disapplicato qualora se ne dia un’interpretazione incompatibile con il diritto europeo.
La Corte di Cassazione ha confermato la rilevanza delle disposizioni normative europee (artt. 49 e 54 del TFUE) e delle pronunce della Corte di Giustizia dell’UE (quale la sentenza Polbud) in tema di libertà di stabilimento, libertà quest’ultima intesa anche come libertà di trasferimento di una società di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.
La giurisprudenza europea (come d’altronde lo stesso art. 25 c. 3 della legge italiana 218/1995) ammette che la società costituita in uno Stato membro possa trasferirsi in altro Stato membro, a condizione che il trasferimento venga posto in essere in conformità delle leggi dello Stato di destinazione.
Non è però chiaro se la società trasferita sia assoggettata alla legge dello Stato di destinazione, oltre che per i requisiti relativi al trasferimento/costituzione, anche per tutte le altre questioni della vita societaria (compresa la gestione interna ed esterna).
Al riguardo, la Cassazione ha rilevato che, per quanto siano presenti nel diritto europeo indici che portano a ritenere che siano applicabili alla società trasferita le disposizioni sul funzionamento e sulla gestione societaria previste dallo Stato di destinazione, tuttavia, “il fatto che nel caso in esame si sia di fronte a un atto di gestione della società che incide sulla attività della medesima, attività che si trova in Italia, Stato di origine rispetto al quale la società ha mantenuto la propria personalità giuridica, lascia, ad avviso del Collegio, spazio al dubbio che l’atto di gestione in questione vada valutato alla luce del diritto e della interpretazione giurisprudenziale dell’ordinamento italiano invece di quello lussemburghese”.
Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte di Cassazione ha sospeso il giudizio e ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi sulla seguente questione: se gli articoli 49 e 54 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea ostino a che uno Stato membro, in cui è stata originariamente costituita una società, applichi alla stessa le disposizioni di diritto nazionale relative al funzionamento e alla gestione della società qualora la società stessa, trasferita la sede e ricostituitasi secondo il diritto dello Stato membro di destinazione, mantenga il centro della sua attività nello Stato membro di partenza e l’atto di gestione in questione incida in modo determinante sull’attività della società.
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