Simulazione del prezzo e data della controdichiarazione
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 6 novembre 2020, n. 24950 – Pres. Armano – Rel. Olivieri
Parole chiave: Compravendita immobiliare – Pattuizione di un prezzo diverso da quello risultante dall’atto – Simulazione relativa – Sussistenza – Prova – Controdichiarazione – Formazione in data antecedente o coeva alla stipula dell’atto – Necessità
[1] Massima: La prova della simulazione di un contratto di compravendita immobiliare nei confronti dei terzi dev’essere fornita per mezzo di controdichiarazione avente data certa che ne dimostri la formazione e il perfezionamento in epoca anteriore o coeva alla stipulazione dell’atto simulato, in quanto, se sottoscritta successivamente a quest’ultimo, integra una modifica del contratto originariamente concluso ed è, quindi, inidonea a dimostrare la simulazione.
Disposizioni applicate: cod. civ., artt. 1325, 1350, 1414, 1417, 2704
CASO
Una società vendeva alcuni immobili dalla stessa realizzati; circa un anno dopo la stipula dell’atto, veniva dichiarata fallita e la curatela promuoveva l’azione revocatoria (in cui subentrava l’assuntore del concordato fallimentare) perché fosse dichiarata l’inefficacia della compravendita.
La domanda era respinta in primo grado per difetto sia del requisito della notevole sproporzione tra prezzo indicato in contratto ed effettivo valore degli immobili, sia della prova della scientia decoctionis: il tribunale, infatti, riteneva dimostrata la simulazione del corrispettivo, in quanto da una controdichiarazione – munita di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento – sottoscritta dal legale rappresentante della società fallita risultava che ne era stato effettivamente concordato e pagato uno superiore.
Per i giudici di appello, invece, la controdichiarazione, essendo stata formata a distanza di mesi dalla stipula della compravendita, non era idonea a fornire la prova dell’originaria volontà simulatoria dei contraenti, ma andava piuttosto considerata alla stregua di un patto modificativo del precedente contratto: come tale, non valeva a escludere la notevole sproporzione, la quale consentiva, altresì, di ravvisare negli acquirenti la conoscenza dello stato di decozione della venditrice.
La sentenza di secondo grado veniva impugnata con una molteplicità di motivi involgenti vari aspetti della pronuncia: le censure riguardavano, tra l’altro, il travisamento della natura e degli effetti della controdichiarazione, che, costituendo atto di riconoscimento o di accertamento dell’accordo simulatorio, non doveva considerarsi requisito di validità dello stesso e poteva quindi formarsi anche in un momento successivo.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione, respingendo i motivi di ricorso inerenti alla valenza probatoria della controdichiarazione da cui risultava un corrispettivo superiore a quello indicato nell’atto, ha reputato corrette le valutazioni espresse dai giudici di secondo grado, affermando che il documento, avendo per oggetto un elemento essenziale della compravendita (il prezzo), doveva essere coevo alla stipula del contratto per condurre all’accertamento dell’esistenza dell’accordo simulatorio.
QUESTIONI
All’interno dell’ampia e articolata pronuncia che si annota (che consta di ben 54 pagine), è possibile enucleare alcuni concetti chiave in tema di simulazione del contratto, in particolare sotto il profilo della prova che dev’essere fornita dalla parte interessata per renderla opponibile ai terzi (nel caso di specie, si trattava della curatela del fallimento della società venditrice degli immobili, che aveva agito in revocatoria perché venisse dichiarata l’inefficacia dell’alienazione dei beni a un prezzo inferiore rispetto al loro valore commerciale, ovvero dell’assuntore del concordato fallimentare, subentrato alla curatela nell’azione revocatoria).
L’art. 1414 c.c. stabilisce che tra le parti non ha effetto il contratto simulato, ma quello dissimulato, a condizione che, in relazione a quest’ultimo, siano stati osservati i requisiti di sostanza e di forma previsti dalla legge; l’art. 1415 c.c., invece, prevede l’inopponibilità della simulazione ai terzi di buona fede (dovendosi considerare tali, in generale, tutti coloro che non hanno partecipato all’accordo simulatorio), i quali, d’altra parte, possono sempre fare valere la simulazione nei confronti delle parti, quando pregiudichi i loro diritti.
L’art. 1415 c.c., d’altro canto, non consente di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo a ottenere il ripristino della situazione reale, essendo la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione; non tutti i terzi, pertanto, possono instare per l’accertamento della simulazione, ma solo coloro che vedono la propria posizione giuridica negativamente incisa dall’apparenza dell’atto (il principio è stato affermato, da ultimo, da Cass. civ., sez. II, 30 dicembre 2020, n. 29923).
Secondo un orientamento giurisprudenziale che nel provvedimento in esame viene definito consolidato, la simulazione negoziale si risolve in uno schema procedimentale unitario, nel quale a una situazione giuridica apparente, corrispondente a una determinata fattispecie legale, fa da contraltare un diverso assetto di interessi effettivamente voluto dalle parti, risultante dall’incontro di manifestazioni di volontà ovvero di espressioni dichiarative idonee a integrare un negozio valido secondo l’ordinamento giuridico: si realizza, in questo modo, una divergenza tra il titolo dispositivo e gli effetti giuridici dallo stesso prodotti (non corrispondendo la situazione giuridica finale a quella prevedibile in dipendenza della fattispecie legale utilizzata), senza che – peraltro – possa ravvisarsi una sorta di collegamento negoziale o una pluralità di negozi riconducibili ad autonome manifestazioni di volontà, dal momento che unico è il regolamento di interessi che le parti intendono attuare attraverso l’accordo simulatorio, di cui è elemento essenziale l’effetto giuridico dissimulato.
Così ricostruito il fenomeno della simulazione, la controdichiarazione (intesa come il supporto documentale da cui risulta ciò che le parti hanno effettivamente voluto porre in essere) non integra elemento costitutivo dell’accordo simulatorio, trattandosi di un documento che, indipendentemente dal suo contenuto dichiarativo e dal suo aspetto strutturale, riveste esclusivamente funzione probatoria, meramente ricognitiva e rappresentativa del preesistente accordo simulatorio.
Si tratta, quindi, del mezzo normalmente usato dalle parti per documentare la simulazione e costituente atto di riconoscimento dell’inesistenza del contratto apparentemente concluso (nel caso della simulazione assoluta) o dell’esistenza di uno diverso da quello realmente voluto dalle parti (nel caso della simulazione relativa), con funzione rigorosamente limitata al piano interpretativo e probatorio (consentendo di disvelare e fare prevalere la realtà sull’apparenza, alla luce delle limitazioni alla prova testimoniale sancite dall’art. 1417 c.c.).
In via generale, quindi, mentre per l’esistenza della simulazione è necessario che l’accordo simulatorio sia coevo all’atto simulato, la controdichiarazione può anche essere posteriore a esso e – non avendo carattere negoziale – provenire, al limite, anche da una sola delle parti (tale principio si trova espresso in numerosi arresti di legittimità, tra i quali quelli, pure citati nella pronuncia che si annota, di Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2013, n. 2203 e di Cass. civ., sez. I, 5 maggio 1998, n. 4410).
Quando si tratta di simulazione relativa, l’accordo simulatorio consente alle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente: per tale motivo, la fattispecie negoziale cui viene fatto ricorso per occultare la reale volontà comune deve rispondere ai requisiti di sostanza e di forma prescritti dalla legge, affinché si producano gli effetti giuridici perseguiti, in virtù di quanto stabilito dall’art. 1414, comma 2, c.c. In questo modo, tutti gli elementi sostanziali e formali della fattispecie richiesti dalla legge debbono sussistere al momento dell’accordo simulatorio.
Pertanto, secondo i giudici di legittimità, nel caso di specie, avente per oggetto la simulazione del prezzo di una compravendita immobiliare e, dunque, di un suo elemento essenziale, anche il corrispettivo effettivamente voluto dalle parti (diverso da quello apparentemente risultante dal contratto stipulato) soggiaceva al requisito della forma scritta sancito ad substantiam dall’art. 1350 c.c. per i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di beni immobili, anche ai fini dell’accertamento della simulazione relativa.
Nei confronti della curatela fallimentare, che aveva proposto l’azione revocatoria sul presupposto della notevole sproporzione tra il prezzo risultante dall’atto di compravendita e il valore degli immobili, l’anteriorità della controdichiarazione rispetto alla sentenza di fallimento valeva solo a renderla opponibile alla procedura; il fatto che la data certa – di poco anteriore alla dichiarazione di fallimento, ma di parecchi mesi successiva alla compravendita – non consentisse, invece, di collocare la controdichiarazione in contestualità con la stipula del contratto simulato, impediva di affermare in danno del curatore (il quale, nella prospettiva dell’azione di simulazione, assume la posizione di terzo rispetto alle parti del negozio concluso dal fallito) che, in tale momento, si fosse validamente perfezionato l’accordo simulatorio.
In altre parole, la mancanza di una controdichiarazione coeva (o, al limite, anteriore) alla stipula dell’atto di compravendita da cui risultasse che il prezzo ivi indicato era inferiore rispetto a quello effettivamente pattuito dalle parti e pagato, escludeva che fosse stata raggiunta la prova della conclusione di un accordo simulatorio sotteso all’alienazione degli immobili a un corrispettivo congruo rispetto al loro valore effettivo.
Se è quindi vero che, in linea di massima, la prova documentale dell’accordo simulatorio può essere formata anche successivamente e a distanza di tempo dal negozio simulato, quando si tratti, tuttavia, di contratto per il quale la legge stabilisce l’osservanza della forma scritta ad substantiam e la simulazione abbia per oggetto un elemento essenziale di esso, la controdichiarazione dovrà necessariamente essere contemporanea, per dare conto dell’esistenza della volontà dissimulatrice, atteso che il negozio si perfeziona e viene a valida esistenza solo se tutti i suoi elementi costitutivi (indicati dall’art. 1325 c.c.) rivestono, al tempo della sua conclusione, il requisito formale prescritto. Si deve escludere, in altre parole, che la volontà simulatoria possa essere integrata successivamente e con effetto retroattivo, sicché il negozio simulato, quando viene posto in essere, deve già attuare la causa simulatoria, dovendosi ragionare altrimenti di due distinti e autonomi accordi negoziali, inidonei – come tali – a realizzare l’unitario fenomeno simulatorio.
In conclusione, se il contratto concluso è soggetto al requisito di forma ad substantiam, anche l’elemento dissimulato dovrà venire a esistenza nello stesso modo, nella stessa forma e – al più tardi – nello stesso momento del negozio simulato: ciò che viene richiesto per accertare che il contratto di compravendita immobiliare è parzialmente simulato, è la coesistenza, al tempo della stipula, non soltanto dell’intenzione dei contraenti di privare di efficacia il negozio quanto al pagamento del prezzo indicato in contratto, ma anche della traduzione formale di detta intenzione.
Seguendo tale ragionamento, tuttavia, risulta difficile continuare ad ammettere che la controdichiarazione – quantomeno con riguardo ai contratti solenni – mantenga solo funzione probatoria e non costitutiva, giacché, se manca, difetta in radice un valido accordo simulatorio che attenga a un elemento essenziale del negozio; d’altra parte, se tale accordo deve comunque essere incorporato in un documento che non sia posteriore alla conclusione del contratto simulato, viene anche meno la necessità di precostituirsene la prova (che sarà fornita proprio da tale documento), ossia di confezionare una controdichiarazione, che, anche da questo punto di vista, viene dunque privata della funzione che la costante giurisprudenza le ha finora attribuito.
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia