Illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi e risarcimento del danno non patrimoniale
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFCome noto, la risarcibilità del danno non patrimoniale è subordinata all’assolvimento dell’onere della prova da parte del soggetto illegittimamente segnalato alla Centrale dei rischi, precisandosi che la lesione deve assumere il carattere della gravità: «il danno non patrimoniale è risarcibile solo nelle ipotesi previste dalla legge nonché in caso di lesione di un interesse di rilevanza costituzionale, laddove la lesione sia grave e il danno non sia futile» (nei termini Cass., Sez. Un., n. 26972/2008, che ha altresì chiarito che il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio. Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile. Entrambi i requisiti devono essere accertati dal giudice secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico; conf. Cass. n. 26996/2018).
Ai fini della dimostrazione del concreto pregiudizio subìto dalla illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi non può essere invocata la tesi del danno in re ipsa, poiché «snatura la funzione del risarcimento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell’effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo» (Cass., Sez. Un., n. 26972/2008). Non esistono danni in re ipsa: la lesione d’un diritto è il presupposto del danno, ma non il danno. Pertanto chi invoca il risarcimento del danno ha l’onere di allegare e provare non solo la lesione del diritto, ma anche il pregiudizio che ne sia derivato (Cass. n. 26438/2022; Cass. n. 6589/2023; Cass. n. 11732/2024).
Il predetto orientamento di legittimità (e di merito) esclude dunque che l’esistenza del danno non patrimoniale possa essere desunta automaticamente secondo la dinamica del danno in re ipsa, dovendo invece essere dimostrato (danno conseguenza) – anche per presunzioni – lo specifico pregiudizio subìto (lesione reputazionale): in definitiva, la lesione di un diritto inviolabile non determina la sussistenza di un danno non patrimoniale “in re ipsa”, essendo comunque necessario che la vittima abbia effettivamente patito un pregiudizio, il quale va allegato e provato, anche attraverso presunzioni semplici (Cass. n. 11732/2024: in tema di illegittima segnalazione alla Centrale Rischi, il danno all’immagine e alla reputazione non può considerarsi sussistente “in re ipsa“, ma va allegato specificamente e dimostrato da chi ne invoca il risarcimento; Cass. n. 6589/2023; Cass. n. 13264/2020; Cass. n. 20885/2019; Cass. n. 207/2019; Cass. n. 11269/2018; Cass. n. 10904/2017; Cass. n. 25420/2017: il danno all’onore ed alla reputazione, di cui si invoca il risarcimento, non è “in re ipsa”, identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell’interesse tutelato dall’ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicché la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni; Cass. n. 1931/2017: può ammettersi che non già il danno, ma la sua prova sia per così dire in re ipsa, e cioè – più precisamente – goda di facilitazioni agganciate al congegno presuntivo (artt. 2727 – 2729 c.c.), distinguendo tra conseguenze generalmente determinate, secondo l’id quod plerumque accidit, da una particolare lesione e conseguenze specificamente legate alla situazione del danneggiato: ma il danno, ed in particolare la “perdita”, deve essere sempre oggetto di proporzionata ed adeguata deduzione da parte dell’interessato).
Dunque il danno all’immagine e alla reputazione per illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi, in quanto costituente ‘danno conseguenza’, non può ritenersi sussistente ‘in re ipsa’, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento.
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