26 Gennaio 2021

Scioglimento della società di capitali per impossibilità di funzionamento dell’assemblea

di Francesca Scanavino, Avvocato e Assistente didattico presso l’Università degli Studi di Bologna Scarica in PDF

Tribunale di Roma, Sezione Specializzata in materia di Impresa, Sentenza del 1° febbraio 2017.

Parole chiave: cause di scioglimento – società di capitali – impossibilità di funzionamento – inattività – paralisi dell’assemblea – dissidio tra i soci – inerzia dell’assemblea – opposizione dei soci – liquidazione –

Massima: La causa di scioglimento della società per impossibilità di funzionamento dell’assemblea di cui all’art. 2484 c. 1° n. 3 c.c. ricorre quando l’organo assembleare appaia stabilmente ed irreversibilmente incapace di assolvere le sue funzioni essenziali e, in particolare, quelle di approvazione annuale del bilancio d’esercizio e di rinnovamento periodico delle cariche sociali.

Disposizioni applicate: articoli 2484 c.c., 2485 c.c., 2487 c.c.

Nell’ambito del giudizio in esame i soci detentori del 50 % del capitale sociale di una Società a responsabilità limitata hanno proposto ricorso ai sensi degli articoli 2485 c. 2° e 2487 c. 2° c.c. affinché il Tribunale di Roma (i) accertasse e dichiarasse il verificarsi della causa di scioglimento della società per impossibilità di funzionamento dell’assemblea di cui all’art. 2484 c. 1° n. 3 c.c. e, conseguentemente, (ii) procedesse alla nomina dei liquidatori e alla definizione dei relativi criteri di liquidazione.

Al riguardo, i soci hanno rappresentato come l’assemblea fosse stata a lungo inerte, dato che non erano mai stati approvati i bilanci di esercizio relativi agli anni 2013, 2014 e 2015, nonostante fossero stati più volte posti all’ordine del giorno.

Il Giudice romano, decidendo a favore dello scioglimento della società, ha colto l’occasione, da un lato, per esaminare i concetti di impossibilità di funzionamento e di continuata inattività dell’assemblea, dall’altro, per definire quale sia l’iter necessario per la nomina giudiziale dei liquidatori ai sensi dell’art. 2487 c. 2° c.c..

Innanzitutto, occorre osservare che le ipotesi di impossibilità di funzionamento e di continuata inattività dell’assemblea, previste ai sensi dell’art. 2484 c. 1° n. 3 c.c., si verificano quando l’organo assembleare è impossibilitato ad assumere valide delibere a causa:

(a) dell’esistenza di un dissidio tra i soci;

(b) delle continue opposizioni di taluni di essi; ovvero

(c) dell’inerzia dell’assemblea, che costituisce il sintomo di disinteresse dei soci per la continuazione della vita sociale.

In tale contesto, la suddetta causa di scioglimento ricorre quando l’organo assembleare appaia stabilmente ed irreversibilmente incapace di assolvere le sue funzioni essenziali e, in particolare, quelle di approvazione annuale del bilancio d’esercizio e di rinnovamento periodico delle cariche sociali (a nulla rilevando invece le deliberazioni eventuali ed eccezionali che non costituiscono ostacolo al normale funzionamento della società; cfr. al riguardo Trib. Prato, 12 gennaio 2010).

Così, pertanto, l’approvazione da parte dell’assemblea di delibere relative a materie neutre e tecniche non denota un ritorno al normale funzionamento dell’organo assembleare e non osta alla necessaria dichiarazione del verificarsi della causa di scioglimento della società per impossibilità di funzionamento dell’assemblea (Trib. Milano, 26 giugno 2004, Corr. giur., 2005, 546; Trib. Torino, 10 marzo 2003, Soc., 2003, 995).

Con riferimento alla mancata approvazione del bilancio di esercizio quale sintomo dell’impossibilità di funzionamento dell’assemblea, si ritiene necessario che tale omissione concerna almeno due bilanci di esercizio, in quanto non può predicarsi una definitiva impossibilità dell’assemblea di assumere decisioni fondamentali alla vita societaria, qualora l’assemblea non abbia approvato il bilancio relativo ad un solo esercizio (App. Bologna, 18 maggio 1999 e Trib. Bologna, 28 dicembre 1998; Trib. Brescia, 24 giungo 2011; Trib. Milano, 29 febbraio 2016).

Quanto invece alla fase, successiva allo scioglimento, di liquidazione della società, il Tribunale di Roma ha accolto la posizione c.d. “trifasica”, secondo la quale, una volta accertata la sussistenza di una causa di scioglimento della società, il giudice stesso procede all’emanazione dell’ordine di convocazione dell’assemblea perché ivi si provveda alla nomina del liquidatore, rimandando l’intervento del tribunale nell’emanazione del provvedimento di nomina del liquidatore al solo caso di inerzia o di esito negativo dell’assemblea stessa.

Per completezza, infine, si segnala che sussistono altri due orientamenti giurisprudenziali relativamente alla nomina giudiziale dei liquidatori ai sensi dell’art. 2487 c. 2° c.c.:

1) il primo sostiene che il Tribunale possa essere adito soltanto ai fini dell’accertamento della causa di scioglimento; pertanto, il giudice potrà nominare giudizialmente i liquidatori unicamente a seguito della declaratoria giudiziale della causa di scioglimento ed ove gli amministratori non abbiano convocato l’assemblea ovvero l’assemblea non sia riuscita a deliberare sulla nomina dei liquidatori (Cfr. App. Catania, 21 aprile 2008, in Vit. Not., 2008, 973; Trib. Como, 29 luglio 2004; Trib. Lanciano, 26 maggio 2006);

2) il secondo orientamento, invece, prevede che il Tribunale, una volta accertato lo scioglimento della società per impossibilità di funzionamento o per continua inoperatività dell’assemblea, possa contestualmente provvedere alla nomina dei liquidatori, senza necessità di attendere l’infruttuosa convocazione dell’assemblea per la loro nomina (Trib. Prato, 12 gennaio 2010, in Giur. comm., 2011, II, 970).