13 Settembre 2022

S.r.l. fallita: l’azione di responsabilità proposta dal socio deve essere proseguita dal curatore, pena la sua improcedibilità

di Virginie Lopes, Avvocato Scarica in PDF

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza, 22 giugno 2022, n. 20180

Parole chiave: Azione di responsabilità dei soci –– Legittimazione – Sopravvenuto fallimento della società – Sopravvenuto difetto di legittimazione attiva del socio – Unico soggetto legittimato alla prosecuzione – Prosecuzione dell’azione da parte del curatore – Conseguenze

Massima: “In caso di fallimento di S.r.l., è il curatore, ai sensi dell’art. 146, comma 2, lett. a), L. fall., l’unico soggetto legittimato a proseguire l’azione di responsabilità sociale già promossa dal socio, nella qualità di sostituto processuale della società, ai sensi dell’art. 2476, comma 3, c.c.. Ne consegue, che ove il curatore manifesti l’intento di non proseguire l’azione originariamente promossa, la domanda va dichiarata improcedibile per il sopravvenuto difetto di legittimazione attiva dei soci”.

Disposizioni applicate: art. 2476 c.c.

Nel caso di specie, il socio di una società a responsabilità limitata aveva introdotto un’azione di responsabilità ex art. 2476, comma 3, c.c..; tuttavia, nelle more del procedimento, era intervenuta la dichiarazione di fallimento della società, con la conseguenza che la suddetta azione sociale era stata respinta.

Nell’ambito del procedimento in cassazione, la Suprema Corte ha ritenuto che il fallimento della società a responsabilità limitata privi i soci della legittimazione all’esercizio dell’azione di responsabilità ex art. 2476, comma 3, c.c., indicando che la stessa, dopo il fallimento, può essere promossa soltanto dal curatore fallimentare.

Così facendo, la Corte di legittimità ha riaffermato principi già enunciati in sue precedenti pronunce[1].

In particolare, ha confermato che la legittimazione attribuita al socio della società a responsabilità limitata, indipendentemente dalla consistenza della sua partecipazione sociale, è una legittimazione straordinaria nell’interesse della società ad esercitare un’azione di responsabilità contro amministratori o liquidatori per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società.

Gli ermellini hanno tuttavia rammentato che tale legittimazione straordinaria viene meno qualora sopravvenga il fallimento della società, spettando allora in via esclusiva la legittimazione all’esercizio dell’azione di responsabilità al curatore fallimentare, a norma dell’art. 46, comma 2, lett. a), L. Fall..

Infatti, va ricordato che, secondo un orientamento (dottrinale e giurisprudenziale) maggioritario, la natura giuridica dell’azione sociale esercitata dal socio è la medesima dell’azione di cui è titolare la società e mediante la quale può far valere la responsabilità degli amministratori o liquidatori nei confronti della società medesima.

L’azione del socio e quella della società rappresentano pertanto le due facce di una stessa medaglia, stante il fatto che la legittimazione processuale straordinaria che permette al socio di proporre l’azione di responsabilità è riconducibile alla sostituzione processuale eccezionalmente consentita dall’art. 81 c.p.c..

Tale facoltà viene infatti concessa al socio proprio in virtù del fatto che il suo interesse a vedere preservato il valore della sua partecipazione sociale è ritenuto giuridicamente apprezzabile: in queste condizioni, tuttavia, il socio può unicamente far valere il diritto al risarcimento del danno derivante da atti di mala gestio, quanto precede entro i limiti ed alle stesse condizioni di quanto avrebbe potuto fare la società.

Con il fallimento della società, tuttavia, cambia tutto e l’unico soggetto legittimato (in via esclusiva) all’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e liquidatori della società fallita è il curatore e viene meno la legittimazione ad agire del socio, venendo a mancare il titolo che gli consentiva di agire in sostituzione della società.

In queste circostanze, laddove l’azione sociale sia stata esperita dal socio e sia poi intervenuto il fallimento della società, la relativa causa è colpita da improcedibilità a meno che il curatore non decida di proseguire l’azione.

Orbene, nel caso in esame, le parti in causa avevano contezza dell’intervenuto fallimento della società ed il curatore aveva omesso di attivarsi per la prosecuzione della causa; pertanto la causa è stata dichiarata improcedibile per sopravvenuto difetto di legittimazione attiva del socio.

[1] Cass. 25 luglio 2018, n. 19745; Cass. 4 luglio 2018, n. 17493; Cass., Sez. Un., 23 gennaio 2017, n. 1641; Cass. 31 maggio 2016, n. 11264; Cass. 26 maggio 2015, n. 10936.

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