23 Ottobre 2018

Il rito sommario speciale per la liquidazione dei compensi dell’avvocato per assistenza giudiziale civile ex art. 14 d.lgs 150/2011: il punto sulla competenza

di Cecilia Vantaggiato Scarica in PDF

La Suprema Corte, con ordinanza n. 8598 del 6 aprile 2018, ha riconosciuto la competenza in capo al giudice previamente adito con rito sommario speciale in ragione dell’electio operata dal ricorrente a favore del foro del consumatore-cliente. Il rapporto tra il foro speciale previsto nell’art. 14 d.lgs 150/11 ed il foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore, previsto dal D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lett. u), va risolto a favore del secondo, in quanto trattasi di competenza esclusiva.

L’avvocato S.A.M adiva il Tribunale di Civitavecchia con ricorso ex art 702 bis c.p.c. per ottenere la condanna del proprio cliente al pagamento degli onorari maturati per lo svolgimento dell’attività professionale prestata avanti al Tribunale di Velletri.

Il giudice emetteva ordinanza declinatoria della competenza, osservando che, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, c. 2, sarebbe stato competente l’ufficio giudiziario adito per il processo nel quale l’avvocato aveva prestato la propria opera (Tribunale di Velletri).

Avverso l’ordinanza sulla competenza, l’avvocato proponeva ricorso per regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c., invocando quale unico motivo la competenza del Tribunale di Civitavecchia quale foro del consumatore.

La pronuncia si pone nel più ampio solco giurisprudenziale, che ha di recente visto anche l’intervento della Suprema Corte a Sezioni Unite (cfr. Cass., sez. un., 23-02-2018, n. 4485).

Le questioni tracciate dalla Cassazione sono invero molteplici.

Prima fra tutte attiene al rito da seguire per introdurre l’azione atta al recupero dei crediti dell’avvocato (già precedentemente Cass. 29 novembre 2017, n. 28612 e Cass. 29 febbraio 2016, n. 4002).

A seguito dell’arrêt delle Sezioni Unite, unico rito possibile è quello disciplinato dal D.Lgs. n. 150 del 2011 che, intervenendo sulle disposizioni di cui della L. n. 794 del 1942, ha sostituito l’art. 28 ed abrogato gli artt. 29 e 30, trasferendo la disciplina processuale nell’art. 14 del D.Lgs. e riconducendola alle forme del procedimento di cognizione sommario c.d. speciale (la cui specialità è da cogliersi non solo nella collegialità della decisione, ma anche e soprattutto nella non appellabilità dell’ordinanza di chiusura del processo), anche qualora la controversia abbia ad oggetto la contestazione sull’an del rapporto sostanziale fra cliente e professionista.

A seguito della pronuncia delle Sezioni Unite resta esclusa la possibilità per il professionista di adire la competente autorità giudiziaria con rito ordinario di cognizione ovvero con rito sommario ordinario nelle forme dell’art 702 bis c.p.c., dovendosi sempre seguire il rito sommario speciale di cui all’art. 14 d.lgs. 150/2011.

La questione non è fine a sé stessa, poiché involge aspetti anche relativi alla competenza.

Occorre premettere che per lungo tempo (e fino alla recente soluzione del contrasto giurisprudenziale ad opera delle Sezioni Unite) venne mantenuta la possibilità di introdurre l’azione per il recupero dei crediti del professionista con le forme della cognizione ordinaria, di cui agli artt. 163 c.p.c. e ss. Trattandosi di somma di denaro, operavano le ordinarie regole di competenza per valore (con instaurazione del giudizio avanti al giudice di pace ovvero al tribunale in composizione monocratica) e per territorio (con applicazione dei criteri generali di cui agli artt. 18 e 19 e di quello speciale ex art. 20 c.p.c., salvo il foro esclusivo del consumatore).

Risultava ed è tuttora possibile proporre la domanda di pagamento dei compensi anche mediante ricorso per ingiunzione ex art. 633 c.p.c., per il quale la competenza resta disciplinata dall’art 637 c.p.c. comma 1, secondo i medesimi criteri indicati per l’azione introdotta ex art. 163 c.p.c. secondo il rito ordinario, ovvero secondo il criterio di cui al comma 2, con attribuzione della competenza all’ufficio giudiziario che avesse deciso la causa cui il credito si riferisse o, infine, di cui al comma 3, che individua il giudice competente in base al luogo in cui ha sede il consiglio dell’ordine cui risulta iscritto l’avvocato.

La legge 794/1942 prevedeva, infine, che il procedimento venisse introdotto (con rito in allora camerale, oggi sommario speciale, ai sensi dell’art. 28 l. 794/1942 e dell’art. 14 d.lgs. 150/2011, avanti all’ufficio giudiziario di merito adìto per il processo nel quale l’avvocato avesse prestato la propria opera.

Vi è da domandarsi, quindi, se il criterio di competenza speciale indicato nell’art. 14 d.lgs 150/11 possa essere tale da derogare anche al foro del consumatore.

Nell’ordinanza da cui abbiamo preso le mosse, l’avvocato ricorrente aveva scelto quale foro competente quello del consumatore-cliente, individuato appositamente nel tribunale di Civitavecchia dal momento che la controversia concerneva pretese di pagamento del corrispettivo aventi titolo in un rapporto d’opera intellettuale prestato in favore di un cliente, per esigenze estranee alla sua attività professionale. È ormai indirizzo consolidato in giurisprudenza che nei rapporti tra avvocato e cliente quest’ultimo rivesta la qualità di “consumatore” ai sensi del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 3, comma 1, lett. a) «a nulla rilevando che il rapporto sia caratterizzato dall’intuitu personae” e sia non di contrapposizione, ma di collaborazione (quanto ai rapporti esterni con i terzi), non rientrando tali circostanze nel paradigma normativo»; conseguentemente, alle controversie in tema di responsabilità professionale dell’avvocato la Corte giunge ad ammettere l’applicazione delle regole sul foro del consumatore di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 2, lett. u), (cfr. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21187 del 13/09/2017; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1464 del 24/01/2014).

È evidente, pertanto, che qualora l’avvocato -per ottenere il pagamento delle competenze professionali da un proprio cliente- si sia avvalso del foro speciale di cui al D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 14, comma 2, il rapporto tra quest’ultimo ed il foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore, previsto dal D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lett. u), vada risolto a favore del secondo, in quanto trattasi di competenza esclusiva, che prevale su ogni altra, in virtù delle esigenze di tutela, anche sul terreno processuale, che sono alla base dello statuto del consumatore (tra le varie, v. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 5703 del 12/03/2014).

Le ragioni dell’elevata protezione del consumatore sono da ricollegarsi «alla presunzione di inesperienza, scarsa informazione e soprattutto debolezza contrattuale dello stesso nei confronti della controparte, che, in quanto professionista, e cioè persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, è ragionevolmente molto meglio attrezzata a gestire tutte le fasi del contratto, da quella delle trattative a un eventuale contenzioso» (Cass., 12-03-2014, n. 5703).

Tali esigenze di tutela sarebbero inutiliter datae, se non trovassero un corrispettivo nelle norme processuali attraverso la previsione «di un foro comodo per l’utente, essendo di intuitiva evidenza che l’obbligo di sostenere il giudizio in una località diversa da quella di residenza o di domicilio, limiterebbe fortemente il diritto del consumatore di agire in giudizio, in special modo quando, come il più delle volte accade, a fronte degli alti costi, economici e non, implicati da un processo che si svolga a notevole distanza da quei luoghi, la controversia sia di esiguo valore monetario».

In ragione di quanto esposto si spiega, pertanto, come il rapporto tra il foro speciale previsto nell’art. 14 d.lgs 150/11 ed il foro esclusivo della residenza o del domicilio del consumatore, previsto dal codice del consumo, vada risolto a favore del foro del consumatore.