Risoluzione del contratto e irrinunciabilità degli effetti risolutivi
di Emanuela Ruffo, Avvocato Scarica in PDFCass. civ. Sez. Terza Sent., 18/09/2024, n. 25128, Pres. Scarano, Est. Gorgoni
Risoluzione anticipata del contratto di leasing
[1] La parte che ha ottenuto la risoluzione legale o giudiziale del contratto non può rinunciare ai relativi effetti, restando altrimenti leso il legittimo affidamento del debitore nell’ormai intervenuta risoluzione.
Disposizioni applicate
Art. 1467 c.c.
CASO
La società di Leasing ha ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti dell’utilizzatore, a titolo di risarcimento del danno patito a causa della risoluzione anticipata per inadempimento dell’utilizzatore del contratto di leasing avente ad oggetto un’autovettura.
L’utilizzatore ha proposto opposizione deducendo che la società di leasing aveva già risolto il contratto per furto, essendo stata la macchina rubata, e per effetto della risoluzione l’utilizzatore non aveva più corrisposto il canone dovuto.
In primo grado e in secondo grado, le ragioni dell’utilizzatore non hanno trovato accoglimento: i giudicanti hanno di fatto riconosciuto la facoltà in capo alla società di leasing di rinunciare agli effetti risolutivi del contratto (per furto) per avvalersi della risoluzione per inadempimento.
L’utilizzatore ha quindi proposto ricorso avanti la Suprema Corte.
SOLUZIONE
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha affermato che il concedente di un’autovettura in leasing, una volta dichiarato di volersi avvalere di una clausola risolutiva espressa connessa al furto del bene, non può, per iniziativa unilaterale, far rivivere il contratto in conseguenza del suo ritrovamento, essendosi gli effetti risolutivi già cristallizzati nel momento in cui la dichiarazione era giunta a conoscenza dell’utilizzatrice.
QUESTIONI
La Suprema Corte nella pronuncia in commento ha affrontato il tema della rinuncia della parte non inadempiente agli effetti risolutivi del contratto.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità si era già espressa con le pronunce n. 5734/2011 e n. 23824/2010, le quali hanno ammesso la rinunciabilità degli effetti risolutivi, sul presupposto che la scelta sia attribuibile unilateralmente alla parte non inadempiente che, considerato che può valutare se scegliere tra risoluzione, giudiziale o di diritto, ben si può ammettere che possa neutralizzare gli effetti prodotti dalla manifestazione della volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa o degli effetti di una diffida ad adempiere attraverso altra manifestazione di volontà negoziale, dichiarativa o per facta concludentia. Secondo tale orientamento, quindi, la parte ben potrebbe rinunciare agli effetti risolutivi del contratto, semplicemente con un altro atto unilaterale.
Con la sentenza in oggetto, invece, la Cassazione ha recuperato un precedente orientamento delle Sezioni Unite, le quali con la pronuncia n. 393/1999, si è così espressa: “Se ‘il contratto è risolto’ creditore e debitore sono ormai liberati dalle rispettive obbligazioni (salvo quelle restitutorie), e l’effetto risolutivo, destinato a prodursi automaticamente, cristallizza un inadempimento e le sue conseguenze in iure impedendo ogni ulteriore attività di disposizione dell’effetto stesso”. Tale soluzione mira, secondo la ricostruzione delle Sezioni Unite, a realizzare “un irrinunciabile bilanciamento tanto dei contrapposti interessi negoziali – ivi compreso quello dell’inadempiente che non può indefinitamente restare esposto all’arbitrio della controparte – quanto di quelli, più generali, al rapido e non più discutibile rientro nel circolo economico di quei beni coinvolti nella singola, patologica vicenda contrattuale”.
Secondo tale ricostruzione, diviene quindi irrilevante il fatto che l’effetto solutorio sia sub iudice, cioè ancora in itinere, per estensione della stessa ratio per cui “la proposizione di una domanda giudiziale di risoluzione implica l’assenza di interesse del creditore all’adempimento e il conseguente acquisto, da parte del debitore, di una sorta di ‘diritto a non adempiere’”.
Le Sezioni unite aggiungono un ulteriore interessante argomento, ovvero che “la concezione dell’effetto risolutivo disponibile in capo al creditore pare figlia di una ideologia fortemente punitiva per l’inadempiente, si atteggia a mo’ di sanzione punitiva senza tempo, assume forme di (ingiustificata) “ipertutela” del contraente adempiente, del quale si legittima ogni mutevole e repentino cambiamento di “umore” negoziale … per cui la rinuncia all’effetto risolutorio da parte del contraente non adempiente non può ritenersi in alcun modo ammissibile, trattandosi di effetto sottratto, per evidente voluntas legis, alla libera disponibilità del contraente stesso”.
Accogliendo quindi l’orientamento risalente delle Sezioni Unite, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso formulato dall’utilizzatore, affermando che non era nella possibilità della società di leasing rinunciare gli effetti della prima risoluzione (i.e. quella formulata per furto), poiché proprio in quel momento, ovvero quando la dichiarazione di risoluzione per furto era giunta a conoscenza dell’utilizzatrice, il contratto si era risolto e si erano cristallizzati gli effetti risolutivi, con la conseguenza che non era possibile far rivivere il contratto per iniziativa unilaterale della concedente.
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