24 Novembre 2020

I rischi dell’investimento in Real Estate: responsabilità civile residuale dell’acquirente incolpevole di sito inquinato

di Donatella Marino, Avvocato Scarica in PDF

Consiglio di Stato Sez. II, Sent. n. 4248 del 2 luglio 2020

Parole chiave 

responsabilità danno ambientale – sito inquinato – bonifica – smaltimento – investimento – chi inquina paga –  rivalsa sul proprietario – Covid 19 – onere reale – privilegio immobiliare

Sintesi del problema

La presenza nelle acque reflue del virus SARS-COV-2 e lo smaltimento di rifiuti da questo contaminati apre nuove tematiche per gli investitori del Real Estate. Più in generale, l’acquisto inconsapevole di area contaminata può essere per il nuovo proprietario fonte di responsabilità di varia natura.  Un tema da affrontare alla luce della ricca giurisprudenza in materia, ben ricostruita nella recente sentenza del Consiglio di Stato, puntuale su questi aspetti, che spiega portata e limiti del concetto “chi inquina paga”.

 Massima redazionale

La scelta del Legislatore nazionale è stata adottata in applicazione del principio comunitario “chi inquina paga“, ormai confluito in una specifica disposizione (art. 191) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Il D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’ambiente) ripropone la disciplina dell’art. 17 D. Lgs. n.22 del 1997 (operante, ratione temporis, sulla vicenda in esame) confermando la responsabilità solo patrimoniale del proprietario incolpevole, salvi gli oneri relativi agli interventi di urgenza e salva la facoltà di eseguire spontaneamente gli interventi di bonifica. Non è configurabile (in via automatica, come responsabilità oggettiva o per fatto altrui) una responsabilità in capo al proprietario dell’area inquinata e da bonificare per il solo fatto di rivestire tale qualità, ove non si dimostri che questi abbia provocato, o contribuito a provocare, il danno ambientale. Qualora il responsabile non sia individuabile o non provveda (e non provveda spontaneamente il proprietario del sito), gli interventi necessari sono adottati dalla P.A. competente e le spese sostenute per effettuare tali interventi potranno essere recuperate, sulla base di un motivato provvedimento (che giustifichi, tra l’altro, l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile ovvero quella di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità), a mezzo di azione in rivalsa verso il proprietario, che risponderà nei limiti del valore di mercato del sito a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi. A garanzia del diritto di rivalsa della P.A., il sito è gravato di un onere reale e di un privilegio speciale immobiliare.

(Conferma T.A.R. Veneto, Sez. III, 10 dicembre 2009, n. 3513.)

CASO

La vicenda giudiziale risale al 1999, quando la ricorrente s.r.l. in liquidazione chiedeva al T.A.R. del Veneto l’annullamento, tra le altre,

  • dell’ordinanza del Sindaco competente con cui le veniva ordinato di presentare, nei tempi e con le procedure previste dall’art. 17 del D.Lgs.22/1997, un progetto di bonifica per la messa insicurezza dell’area inquinata nonché
  • della deliberazione del Consiglio comunale di approvazione del Piano di caratterizzazione generale dell’area
    • nella parte in cui disponeva che, nel caso in cui il responsabile dell’inquinamento o il proprietario del sito non avessero provveduto al ripristino ambientale e/o alla messa in sicurezza permanente, il Comune avrebbe proceduto in via sostitutiva, ponendo le spese inerenti a carico del responsabile dell’inquinamento o del proprietario stesso, nonché
    • nella parte in cui autorizzava il Settore competente del Comune ad indicare nel certificato di destinazione urbanistica, l’onere reale sulle aree inquinate.

Costituitasi la P.A., il Tribunale riteneva infondate le censure in quanto nella fattispecie concreta non era stato individuato il soggetto responsabile dell’inquinamento dell’area, posto che il soggetto indicato dalla ricorrente come responsabile era stato assolto da ogni responsabilità con sentenza penale. Pertanto, in base al dominante orientamento giurisprudenziale, prevedeva che il disinquinamento fosse eseguito da parte del Comune, se non provvedeva il proprietario dell’area, con oneri – restando sconosciuto il soggetto responsabile – a carico del proprietario stesso. Sarebbero stati posti quindi a suo carico l’onere reale ed il privilegio per il recupero delle spese. Il Consiglio di Stato confermava la decisione.

NORMATIVA VIGENTE DI RIFERIMENTO           

  • Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale, art.253
  • Codice penale Libro II Titolo VI bis

 DIBATTITO GIURISPRUDENZIALE E ASPETTI CRITICI

L’attuale impianto normativo del Codice dell’Ambiente riproduce lo schema dell’art. 17 del D.Lgs. n. 22 del 1997 che già era stato esposto a critica da dottrina e giurisprudenza amministrativa, che ravvisava possibili profili di incompatibilità con i principi comunitari di precauzione e di prevenzione. Nello specifico, l’Art. 191 del Trattato (ex 174) prevede, al punto 2., che “la politica dell’Unione in materia ambientale […] è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”.

La questione veniva dunque sottoposta nel 2013 all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, con ordinanza 25 settembre 2013 n. 21, rimetteva alla Corte di Giustizia UE la seguente questione interpretativa:

se i princìpi dell’Unione europea in materia ambientale sanciti dall’art. 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dalla direttiva 2004/35/U.E. del 21 aprile 2004 (articoli 1 ed 8 n. 3; 13 e 24considerando) – in particolare, il principio per cui “chi inquina, paga”, il principio di precauzione, il principio dell’azione preventiva, il principio, della correzione prioritaria, alla fonte, dei danni causati all’ambiente – ostino ad una normativa nazionale, quale quella delineata dagli articoli 244 , 245 e 253 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 , che, in caso di accertata contaminazione di un sito e d’impossibilità d’individuare il soggetto responsabile della contaminazione o di ottenere da quest’ultimo gli interventi di riparazione, non consenta all’autorità amministrativa d’imporre l’esecuzione delle misure di sicurezza d’emergenza e bonifica al proprietario non responsabile dell’inquinamento, prevedendo, a carico di quest’ultimo, soltanto una responsabilità patrimoniale limitata al valore del sito dopo l’esecuzione degli interventi di bonifica“.

Con sentenza del 4 marzo 2015 la Corte di Lussemburgo confermava il proprio orientamento, in linea con quello maggioritario italiano e richiamato dalla stessa ordinanza di rinvio dell’Adunanza plenaria, secondo cui “la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale (…) la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi“.

La decisione evidenziava così la natura di extrema ratio della rivalsa della P.A. nei confronti del proprietario, come soluzione residuale di cui valersi solo di fronte a una oggettiva e definitiva impossibilità di ottenere ristoro dal soggetto responsabile, in quanto :

  • il responsabile non è stato individuato e non è individuabile
  • siano state già esperite dalla P.A., inutilmente, tutte le azioni riparatorie

PROFILI CIVILISTICI DELL’ART. 253 CODICE DELL’AMBIENTE 

La disciplina dell’onere reale e del privilegio speciale immobiliare sul sito inquinato è prevista dall’art. 253 del Codice dell’ambiente.

Quanto all’onere reale, il comma 1 dell’art. 253 conferma che gli interventi effettuati d’ufficio dall’autorità competente ai sensi dell’art. 250 costituiscono onere reale sui siti contaminati. Viene precisato che l’iscrizione può essere effettuata solo a seguito dell’approvazione del progetto di bonifica, e che tale iscrizione deve essere indicata nel certificato di destinazione urbanistica. L’onere reale pertanto genera un serio pregiudizio di natura commerciale sul diritto di proprietà dell’incolpevole acquirente, incidendo sul valore del terreno, diminuito in quanto gravato del costo della bonifica.

Anche lo strumento del privilegio immobiliare viene previsto dall’art. 253 quale rinforzo della garanzia patrimoniale del credito della P.A. intervenuta. Comporterà pertanto la preferenza della P.A. quale titolare del privilegio rispetto a tutti gli altri creditori in sede di esecuzione forzata sui beni del debitore inadempiente. 

Rimangono ovviamente disponibili all’acquirente i rimedi civilistici generali per il risarcimento del danno a fronte di responsabilità contrattuale del venditore oppure extra-contrattuale nei confronti di eventuali terzi coinvolti.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Diritto e contenzioso ambientale