Risarcimento al figlio per lesione del suo diritto alla bigenitorialità
di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDFCass. Civ. Sez. I ordinanza n. 13400 del 17 maggio 2019
Affidamento dei figli – Inadempimento e violazione dei provvedimenti riguardanti i figli
(Art. 709 ter comma 2 c.p.c.)
Il comportamento ostativo della madre, che impedisce la frequentazione padre-figlio, è sanzionabile con la condanna – ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c. – di risarcimento del danno in favore del figli,o leso nel suo diritto alla bigenitorialità.
CASO
La Corte d’appello di Torino, ampliando le modalità di frequentazione del padre con il figlio minore, ha condannando la madre al pagamento della somma di Euro 5.000,00 in favore del figlio a titolo di risarcimento dei danni a lui causati, in forza dell’art. 709 ter c.p.c., comma 2, n. 2, per lesione del diritto alla bigenitorialità.
A causa del clima di conflittualità esistente tra i coniugi a seguito della separazione, il padre era riuscito a vedere il figlio solo tre volte in due anni e mezzo, nonostante gli accordi intervenuti tra i genitori prevedessero un più ampio calendario di incontri.
Contro il provvedimento ricorre in Cassazione la madre, censurandolo sotto due profili.
La ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 709 ter c.p.c., comma 2, n. 2 per avere la Corte di Appello di Torino ingiustamente disposto il risarcimento del danno nei confronti del figlio, per lesione del diritto del minore alla bigenitorialità, non considerando che in realtà era il figlio stesso a non voler vedere da solo il padre e richiedere, in ogni incontro con il genitore, anche la presenza della madre.
Con il secondo motivo di ricorso, la donna denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c. e art. 2697 c.c. in tema di onere della prova, in quanto il giudice d’appello non ha riformato la sentenza del Tribunale in riferimento alla censura di nullità della CTU.
Il consulente avrebbe, infatti, illegittimamente ampliato l’indagine peritale oltre il quesito posto dal giudice, consentendo in tal modo a controparte di produrre irritualmente documenti in violazione dell’art. 183 c.p.c. e ponendoli alla base delle sue valutazioni.
La Cassazione ha respinto il ricorso.
SOLUZIONE E PERCORSO ARGOMENTATIVO
Quanto all’emanazione delle misure sanzionatorie ai sensi dell’art. 709 ter c.c. comma 2, secondo la Corte, il giudice di merito, ha adeguatamente accertato i comportamenti ostativi della madre, che hanno portato alla pronuncia di risarcimento del danno in favore del figlio per aver leso il suo diritto alla bigenitorialità.
Non solo la Corte territoriale ha ritenuto provato l’atteggiamento ostruzionistico della madre, ma ha anche verificato l’esistenza di un disagio e una sofferenza nel minore, imputabili al comportamento materno.
Tali misure sanzionatorie sono suscettibili di essere applicate dal giudice discrezionalmente quando rilevi gravi inadempienze del genitore, o un pregiudizio per il minore, o un ostacolo al corretto svolgimento della modalità di affidamento.
Anche il secondo motivo è dichiarato inammissibile.
La lamentata nullità della CTU, è una “nullità relativa” e non assoluta, e pertanto, doveva essere fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanata (Cass. Civ. n. 15747/2018).
Inoltre, in sede di ricorso per Cassazione, la parte aveva l’onere di specificare, a pena di inammissibilità dell’impugnazione, il contenuto della documentazione di cui si lamenta l’irregolare acquisizione e le ragioni per le quali la stessa sia stata decisiva nella valutazione del consulente tecnico d’ufficio (Cass. Civ. n. 11762/2018).
Nel caso in esame, il giudice di merito aveva accertato che la documentazione acquisita irregolarmente non aveva influito sulla complessiva analisi della capacità genitoriale, e che, anche la decisione di primo grado non si era fondata esclusivamente sulle risultanze della C.T.U.
QUESTIONI
La sentenza è interessante perché pone in primo piano il diritto del figlio alla bigenitorialità. Dove, nella maggior parte dei casi, è uno dei due genitori a essere ammonito, sanzionato o risarcito, in questo caso è il minore ad essere destinatario del ristoro economico per il danno subito, come peraltro prevede il testo della norma.
Lo strumento sanzionatorio-risarcitorio di cui all’art. 709 ter c.p.c., introdotto con la legge 54/2006, è utilizzato sempre più dai giudici di merito nei casi di aperta violazione dei provvedimenti di affidamento e mantenimento dei minori.
Una recente sentenza della stessa Corte di Cassazione (Cass. Civ. sez. I, 27/06/2018 n.16980) ha precisato che la facoltà del giudice di applicare una o più tra le misure previste dall’art. 709 c.p.c. nei confronti del genitore responsabile di gravi inadempienze o di atti “che comunque arrechino pregiudizio al minore o ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento”, non presuppone l’esistenza di un concreto pregiudizio subito dal minore, poiché l’uso della congiunzione disgiuntiva “o” evidenzia che l’avere ostacolato il corretto svolgimento delle prescrizioni giudiziali, giustifica di per sé l’irrogazione della condanna, coerentemente con la funzione deterrente e sanzionatoria della norma.
Si segnala in materia anche una recente decisione del Tribunale di Milano del 7 gennaio 2018. In una situazione altamente pregiudizievole per il minore, oltre all’adozione di una regolamentazione rigida del regime di visita e di affidamento al Servizio sociale, il Tribunale ha previsto l’ammonimento ex art. 709 ter c.p.c., e la sanzione dell’astreinte nei confronti della madre, al fine di dissuaderla dal mantenere atteggiamenti ostativi alla frequentazione del padre da parte del figlio.
In forza del neo introdotto art. 614 bis c.p.c.. la madre di un minore è stata condannata a corrispondere al padre la somma di 30,00 euro per ogni volta in cui il minore sia costretto a passare dall’abitazione materna per recuperare il materiale necessario per la scuola o per l’attività sportiva, e altresì condannata al pagamento della somma di 50,00 euro ogni volta in cui (in assenza di ragione oggettiva, come ad esempio malattia certificata dal medico/pediatra di base del bambino) non sia consentito al padre di frequentare il figlio.