Rilevabilità d’ufficio della nullità contrattuale: un ulteriore passo avanti della Cassazione
di Elisa Bertillo Scarica in PDF
Cass., sez. III, 23 giugno 2016, n. 12996 – Pres. Chiarini – Est. Vincenti
Impugnazioni civili – Contratto – Invalidità – Nullità – Rilievo ex officio in Cassazione – Ammissibilità
Contratto – Invalidità – Nullità – Rilievo officioso – Ambito di applicazione – Domanda di risarcimento – Proposizione autonoma – Ammissibilità
(R.D. 31 maggio 1928, n. 1334, Regolamento per l’esecuzione della legge 23 giugno 1927, n. 1264, sulla disciplina delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie, art. 11; C.c. artt. 1218, 1418, 1421, 2231; C.p.c. art. 112)
[1] Il giudice di legittimità ha facoltà di procedere alla rilevazione d’ufficio della nullità, ove sia stato omessa nei precedenti gradi di merito.
[2] La nullità del contratto può essere rilevata d’ufficio non solo in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale, ma altresì qualora sia stata proposta, in via autonoma, la domanda di risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale.
CASO
[1-2] Con atto di citazione notificato nel maggio del 1998, l’attore chiede il risarcimento dei danni subiti a causa dell’inesatta esecuzione di una prestazione odontoiatrica da parte del convenuto. La statuizione favorevole del Tribunale viene ribaltata dalla Corte d’appello. Avverso tale ultima pronuncia viene, quindi, proposto ricorso per cassazione. Rilevata la nullità del contratto d’opera professionale cui si riferisce la domanda attorea, la Corte assegna alle parti, ai sensi dell’art. 384, comma 3, c.p.c., termine per interloquire sulla questione.
SOLUZIONE
[1-2] La Corte cassa la pronuncia impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di risarcimento dei danni in ragione della rilevata nullità del contratto.
In particolare, la pronuncia attesta come la validità del contratto sia un presupposto logico-giuridico indefettibile non solo delle azioni di impugnativa negoziale, ma altresì dell’azione di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale. Ne consegue che tale ultima azione non può che essere rigettata qualora il contratto sia affetto da nullità (nel caso di specie per non essere il professionista abilitato a svolgere la prestazione richiestagli ex art. 11 R.D. 31 maggio 1928, n. 1334, il quale pone in capo all’odontotecnico un espresso divieto allo svolgimento di attività di cura diretta sul paziente). Inoltre, la Corte afferma che, qualora la nullità del contratto non sia stata rilevata nei gradi di merito, la stessa può essere rilevata d’ufficio per la prima volta nel giudizio di legittimità.
QUESTIONI
[1-2] La presente pronuncia si inserisce nel solco dell’elaborazione giurisprudenziale relativa al rilievo d’ufficio della nullità svolta dalla Cassazione negli ultimi anni.
Nell’insegnamento tradizionale della Corte, il potere del giudice di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto deve essere coordinato con il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., con la conseguenza di ritenere ammissibile il rilievo d’ufficio della nullità contrattuale solo a fronte di una domanda introduttiva diretta ad ottenere l’esatto adempimento del contratto e non, invece, nel caso in cui l’attore agisca in giudizio con le azioni di impugnativa negoziale, ossia proponendo azioni di risoluzione, annullamento o rescissione (in tal senso cfr., tra le altre, Cass. 28 novembre 2008, n. 28424, Contratti, 2009, 5, 449; Cass. 18 maggio 2007, n. 12398, Foro it., Rep. 2007, voce Contratto in genere, n. 521; Cass. 21 febbraio 2003, n. 2637, id., 2003, I, 2768; Cass. 8 gennaio 2000, n. 123, in Contratti, 2000, 547).
Tale orientamento è stato scalfito da plurime pronunce che hanno affermato che la validità del contratto è un presupposto non solo dell’azione di adempimento negoziale, ma altresì delle azioni di impugnativa negoziale, ammettendo il rilievo ufficioso della nullità a prescindere dalla domanda proposta (cfr. Cass. 20 agosto 2009, n. 18540, Foro it., Rep. 2009, voce Contratto in genere, n. 415; Cass. 15 settembre 2008, n. 23674, Nuova giur. civ., 2009, I, 197, con nota di S. Nardi; Cass. 22 marzo 2005, n. 6170, in Corriere giur., 2005, 926; in dottrina, v. F. Corsini, Rilevabilità d’ufficio della nullità contrattuale, principio della domanda e poteri del giudice, in Riv. Dir. Civ., 2004, IV, 667; G. Massetani, Ingiustificate limitazioni alla rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto, in Foro it., 1989, I, 1943).
Il contrasto giurisprudenziale è stato sottoposto all’attenzione delle Sezioni Unite, che con la sentenza n. 14828 del 4 settembre 2012 (in Foro it., 2013, I, 1238, con nota di A. Palmieri; in Nuova giur. civ., 2013, 15, con nota di C. Scognamiglio; in Giur. it., 2013, 299, con nota di M. Rizzuti), hanno ammesso la possibilità per il giudice di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto non solo a fronte di un’azione di adempimento del contratto, ma altresì di risoluzione evidenziando come in entrambe le ipotesi la validità del contratto sia il presupposto logico-giuridico dell’azione proposta in giudizio (per un approfondimento v. L. Moretti, La rilevabilità d’ufficio della nullità, in Giur. it., 2014, 2047 ss.).
In seguito, con le sentenze gemelle n. 26242 e 26243 del 12 dicembre 2014, in Foro it., 2015, I, 862, con note di R. Pardolesi, A. Palmieri, A. Proto pisani, M. Adorno, F. Di Ciommo, S. Pagliantini, S. Menchini, richiamate dalla presente pronuncia, la Corte ha chiarito che la rilevabilità ex officio della nullità è possibile a fronte di tutte le azioni di impugnativa negoziale, in quanto le stesse si fondano tutte strutturalmente sulla validità del contratto cui si riferiscono. Inoltre, è la ratio sottesa alla categoria della nullità contrattuale, diretta a salvaguardare interessi di carattere generale dell’ordinamento, a renderne doveroso il rilievo d’ufficio al fine di evitare che un contratto nullo possa produrre effetti.
La pronuncia in epigrafe si configura, pertanto, come l’ultima tappa della descritta evoluzione, con la quale la Corte tratta due differenti questioni.
In primo luogo, la pronuncia afferma che la nullità può essere rilevata d’ufficio per la prima volta nel giudizio di legittimità, qualora la rilevazione sia stata omessa nei precedenti gradi di merito. Statuendo in tal senso, la Corte si allinea all’orientamento espresso dalle citate pronunce delle Sezioni Unite del 2014, le quali, nel delineare i poteri del giudice nelle azioni di impugnativa negoziale, avevano chiarito che «in appello e in Cassazione, in caso di mancata rilevazione officiosa delle nullità in primo grado, il giudice ha sempre facoltà di rilevare d’ufficio la nullità» (v. il punto 7.1 n. 6).
In secondo luogo, la Corte afferma, per la prima volta, che la nullità può essere rilevata d’ufficio non solo qualora sia proposta un’azione di adempimento o di impugnativa negoziale, ma altresì nel caso in cui l’attore agisca al fine di conseguire il solo risarcimento del danno da inadempimento o inesatto adempimento del contratto ai sensi dell’art. 1218 c.c. Evidenzia, infatti, come l’azione di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale postuli l’esistenza di un contratto valido ed efficace, con la conseguenza che «anche nel caso oggetto di scrutinio, quindi, la “non nullità” del contratto si è posta come pregiudiziale logico-giuridica della pronuncia giudiziale, la quale (in termini generali, salvo la sussistenza di una “ragione più liquida” e lo specifico modus operandi delle nullità di protezione) non potrebbe tollerare di avere come presupposto un contratto affetto da nullità, così da predicarne “in qualche modo… la validità o, comunque, la provvisoria attitudine a produrre effetti giuridici”».