18 Giugno 2024

Rigetto dell’omologa del concordato minore dell’artigiano per erronea indicazione del valore di liquidazione

di Chiara Zamboni, Assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Ferrara Scarica in PDF

Trib. Ferrara, 21 febbraio 2024 – G.D. Ghedini

Parole chiave

Concordato minore – artigiano – valore di liquidazione – debiti erariali.

Massima: “Al fine di valutare la convenienza (intesa quale non deteriorità) della proposta di concordato minore rispetto alle alternative liquidatorie, devono essere fornite al Giudice anche le proiezioni circa la possibilità per il debitore di proseguire la propria attività (autorizzato dal Giudice) coprendo i costi correnti ed assicurando un ricavo netto. La liquidazione controllata deve essere presa in considerazione tra le ipotesi liquidatorie dal gestore della crisi”.

Riferimenti normativi

Art. 80 CCII – 545 c.p.c.

CASO E QUESTIONI RILEVANTI

Il decreto in esame trae origine dal ricorso di un piccolo artigiano per l’ammissione al concordato minore. La posizione debitoria era composta esclusivamente da debiti verso l’Erario e gli Enti previdenziali per un totale di 180.000 €.

Il gestore nella relazione ha affermato che l’attività era potuta rimanere sul mercato grazie all’indebitamento fiscale e al fatto che gli enti preposti alla riscossione avrebbero tollerato tale comportamento.

Sul punto, il G.D. ha rilevato che nel momento in cui il soggetto che svolge un’attività, sia esso imprenditore o artigiano, non riesce a pagare i costi correnti, tra cui le imposte ed i contributi, è tenuto a cessare la propria attività o ad intervenire ristrutturandola. La scelta di proseguire l’attività finanziandosi illegalmente attraverso il mancato pagamento delle imposte e dei contributi non trova giustificazioni e va ad alterare la concorrenza. Rileva altresì il Giudice l’erronea valutazione del ricorrente circa la natura di “scelta obbligata” del mancato pagamento delle imposte, dato da una situazione di costante calo dei ricavi e delle entrate. Il pagamento delle imposte è notoriamente proporzionale al reddito e non può essere in alcun modo ritenuto giustificato da un’inflessione del mercato.

Nella proposta di concordato minore, il debitore ha offerto di proseguire la propria attività per quattro anni, versando ai creditori la somma di 200€ al mese per arrivare a soddisfare l’11,3% dei crediti erariali chirografari.

La proposta non è stata approvata dai creditori e l’Agenzia delle Entrate, la cui massa creditoria rendeva il voto determinante, ha depositato delle osservazioni circa la convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria.

Quale conseguenza, come evidenziato nel provvedimento, ai sensi dell’art. 80 CCII è il Giudicante che deve valutare se la singola posizione creditoria del creditore dissenziente riceva, dall’esecuzione del piano di concordato minore proposto, un trattamento deteriore rispetto a quello che riceverebbe nella liquidazione controllata.

Sotto questo profilo, il debitore aveva sostenuto la convenienza del concordato minore rispetto alla liquidazione controllata affermando che in assenza di omologa del piano il debitore non avrebbe proseguito l’attività artigiana ma si sarebbe accontentato della pensione di anzianità di 850€ (pensione non pignorabile ex art. 545 c.p.c., poiché di ammontare inferiore a 1000€) impedendo di trattenere alcuna somma dalla pensione a favore della procedura di liquidazione.

Sul punto, meritano di essere ricordati i rilievi presentati dall’Agenzia delle Entrate che ha espresso forte disappunto in relazione alla scelta dell’attestatore di porre come elemento di convenienza del piano il fatto che il debitore avrebbe continuato l’attività solo in caso di omologa del concordato. Non si comprende come la scelta di proseguire o meno l’attività debba dipendere dall’omologa del piano, posto che nel caso dell’impresa artigiana la cessazione di attività non comporta cessione di azienda o licenziamento di personale. La scelta di proseguire o meno l’attività è totalmente affidata alle valutazioni personali del debitore, posto che anche in caso di omologa del concordato nulla vieterebbe al debitore di cessare l’attività.

Scegliere di stabilire un nesso tra omologa del concordato e cessazione di attività implica di affidare l’effettiva realizzazione del piano ed il giudizio sulla convenienza del concordato rispetto alle opzioni liquidatorie alle scelte meramente discrezionali del debitore (scelte che può decidere di modificare nel corso della durata del piano).

Altro interessante rilievo presentato dall’Agenzia delle Entrate in opposizione alla richiesta di ammissione al concordato minore riguarda l’incoerenza tra l’affermazione a supporto del piano di non poter offrire una somma maggiore di 200 € al mese alle Amministrazioni finanziarie (somma individuata dal debitore ipotizzando un guadagno mensile di 1500€ cui sottrarre 1300€ per le proprie spese di mantenimento), e l’affermazione della possibilità di vivere con la sola pensione di 850€ in caso di mancata omologa del piano. L’Amministrazione finanziaria ha avanzato forti perplessità circa la congruità della proposta a fronte della pacifica ammissione del debitore di poter vivere riducendo le spese in caso di mancata ammissione al concordato minore.

Così ricostruite brevemente le posizioni del debitore e del ceto creditorio, il Giudicante ha evidenziato in maniera molto netta e puntuale gli errori nei presupposti assunti dal debitore e dal gestore nell’elaborazione del piano.

Come evidenziato dal Giudicante, il debitore ha ammesso nella stesura del piano di poter proseguire l’attività per quattro anni sostenendone i costi, ricavando in media un reddito che gli consenta di versare una quota al ceto creditorio. La medesima possibilità deve essergli riconosciuta anche nel caso di accesso alla liquidazione controllata.

In caso di accesso alla liquidazione controllata, è vero che non potrebbe essere intaccata la pensione di 850€, tuttavia essa si aggiungerebbe al reddito che il debitore presume di poter realizzare continuando l’attività, consentendo -pertanto- di individuare una somma anche maggiore da destinare ai creditori.

Inoltre, nel caso sottoposto al vaglio, il Giudicante ha lamentato la mancata documentazione circa la posizione pensionistica della moglie del debitore, nonché circa le spese di mantenimento, rendendo impossibile fare una valutazione circa le spese che il debitore potrebbe trattenere.

L’assenza di tale documentazione non consente al Giudicante di valutare la convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria né di affermare l’impossibilità per il debitore di proseguire l’attività in liquidazione controllata, coprendo i costi correnti ed assicurando un ricavo netto.

Ciò posto, il Giudicante ha concluso circa la correttezza delle osservazioni presentate dall’Agenzia delle Entrate, anche in considerazione del fatto che le argomentazioni presentate dal ricorrente sono state ritenute insoddisfacenti a provare la non deteriorità del trattamento previsto dal piano rispetto all’opzione della liquidazione controllata.

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