13 Dicembre 2022

Il rifiuto del locatore di ricevere la riconsegna della immobile locato

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Suprema Corte di Cassazione, Sezione VI-3, Civile, Ordinanza n. 27932 del 23 settembre 2022, Presidente Dott.ssa Antonietta Scrima, Relatore Dott. Marco Dell’Utri.

Massima: “In tema di locazione, se il conduttore ha arrecato gravi danni all’immobile locato, oppure ha compiuto sullo stesso delle innovazioni non consentite che rendono necessario, per l’esecuzione delle opere di ripristino, l’esborso di somme di notevole entità, in base all’economia dei contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché dette somme non siano state corrisposte dal conduttore il quale, versando in mora, agli effetti dell’articolo 1220 c.c., rimane obbligato, inoltre, al pagamento del canone ai sensi dell’art. 1591 c.c., anche se ha smesso di servirsi dell’immobile per l’uso convenuto”.

In ragione dello spunto offerto dalla Suprema Corte su un tema sempre attuale ed oggetto di accesso contenzioso locatizio, quale quello in esame vi sono ulteriori argomenti al fine di meglio chiarire il “perimetro” del legittimo rifiuto del locatore alla riconsegna del bene ed i conseguenti effetti della perpetuatio obligationis in capo al conduttore.

Non ripercorreremo i tratti della vicenda, peraltro già oggetto di recentissima ed autorevole recensione su questo stesso portale[1], bensì chiariremo la portata non innovativa della pronuncia che si inserisce in un filone già noto.[2]

Com’è noto le vicende si incentrano sugli obblighi del conduttore connessi alla restituzione del bene al termine del rapporto, in presenza di cause fisiologiche (scadenza e/o anticipata restituzione a fronte di recesso anticipato) o patologiche (risoluzione) e quindi sul corretto esame di tali obblighi di cui fungono da corollario gli articoli 1590 e 1591 c.c.

La giurisprudenza prevalente della Suprema Corte sostiene che l’obbligazione del conduttore di continuare a corrispondere il canone convenuto fino alla riconsegna è un’obbligazione di natura contrattuale, evidenziando come il principio desumibile dall’art. 1590 c.c. che legittima il locatore a rifiutare la riconsegna dell’immobile e a pretendere il pagamento del canone fino alla rimessione in pristino, debba essere coordinato con il principio di cui all’art. 1227, comma II, c.c., secondo il quale il creditore, in virtù dell’onere di prestare l’ordinaria diligenza nella conduzione dei rapporti contrattuali, ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito[3].

Colte tali indicazioni, risulta opportuno ritenere che se il conduttore dovesse arrecare un grave danno o compia innovazioni non consentire all’immobile locatogli, tali da rendere necessario, per l’esecuzione del ripristino dello stato originario, l’esborso di somme di ingente entità, in base all’economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore possa legittimamente rifiutare di ricevere in restituzione la cosa locata, poiché non sarebbero cessati gli effetti sostanziali del rapporto di locazione[4]. Corrispondentemente, il conduttore, versando in mora agli effetti dell’art. 1220 c.c., rimarrebbe tenuto altresì al pagamento del canone ex art. 1591 c.c., quand’anche abbia smesso di servirsi dell’immobile per l’uso convenuto, salvo che non sia accertata la ricorrenza di un comportamento colposo del locatore, che avrebbe potuto, senza l’esplicazione di un’attività gravosa e straordinaria, provvedere a rimuovere i danni e/o le difformità dell’immobile locato.

Per completezza, appare doveroso riportare che lo stesso orientamento citato ha avuto modo di chiarire che l’applicazione del suddetto principio non possa ritenersi incondizionata ed automatica, potendosi verificare la paradossale conseguenza che, in caso di oggettiva difficoltà economica del conduttore a provvedere alle necessarie opere, egli possa essere tenuto a pagare il canone indefinitamente, proprio per questo occorre fare riferimento – come nella sentenza in commento – “all’economia del contratto e tenuto conto comunque delle condizioni delle parti “, che fungono da correttivi, proprio per impedire una distorsione del principio a totale vantaggio del locatore ed in contrasto con le previsioni di legge, autorizzando il giudice del merito ad una valutazione cum grano salis e caso per caso, in ragione dei fatti costituitivi assunti dalle parti in giudizio.

Il contenuto precettivo della norma ed il rovesciamento dell’onere probatorio in capo al conduttore, gravato dall’obbligo di superare le presunzioni di legge sullo stato di descrizione del bene, impongono a quest’ultimo di prendere alcune specifiche cautele in sede di sottoscrizione del contratto, pretendendo da parte locatrice un verbale di descrizione del bene ovvero di specificare all’interno del contratto eventuali carenze manutentive o danni del bene stesso, che mutandone le caratteristiche facciano poi presupporre uno stato differente rispetto a quello poi risultante in assenza di descrizione, con ogni conseguente obbligo in capo al conduttore e che nei casi più gravi, potrà tradursi anche nel rifiuto del locatore ad accettare il bene in riconsegna, alla cessazione del contratto.

Autorevole  dottrina[5] insegna che, il debitore, pur non avendo uno specifico interesse giuridicamente  tutelato, inteso quale pretesa all’attuazione del rapporto obbligatorio, ha interesse a non subire pregiudizio dal ritardo nell’adempimento dell’obbligazione del creditore ed a liberarsi dal proprio obbligo di pagamento o, come nel caso di cui si tratta, di riconsegna del bene.

La tutela giuridica di tale specifico interesse alla liberazione dall’obbligazione si realizza negli istituti dell’offerta formale e non formale, attraverso i quali, nel caso che ci occupa, il conduttore evita gli effetti della mora, impedendo che l’ingiustificato ritardo del locatore nell’accettazione della prestazione pregiudichi i suoi diritti.

Genericamente ai fini della validità dell’offerta è richiesto che:

  • sia fatta al creditore capace o a chi è legittimato a riceverla per suo conto;
  • sia fatta dal debitore o persona legittimata ad adempiere la prestazione;
  • sia esatta, comprendendo l’intera prestazione;
  • sia eseguita dopo la scadenza del termine o l’apposizione di condizione.

 In effetti l’articolo 1591 c.c., prevede che: “Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”.

Gli elementi dell’articolo 1591 c.c. possono essere così individuati:

a) la mora del conduttore nella restituzione del bene;

b) l’obbligazione di pagamento del canone di locazione fino alla riconsegna;

c) l’obbligazione di risarcire il danno ulteriore rispetto a quello costituito dal canone.

Allorquando il locatore richieda la restituzione del bene locato al momento di scadenza del contratto e/o in ogni altro caso di cessazione del negozio giuridico, si verifica in capo al conduttore una “perpetuatio obligationis”, consistente tanto nel pagamento del corrispettivo dovuto sino alla riconsegna del bene, quanto nell’obbligo di risarcire il maggior danno, in presenza di determinate condizioni.

L’autore si è già occupato dell’argomento, cui si rimanda per evidenti ragioni di sintesi, relativamente agli effetti della mora nella riconsegna del bene[6], non senza sottacere l’insegnamento del “tradizionale” e consolidato orientamento giurisprudenziale in materia[7] che ancora oggi previene il contenzioso assicurando cautele al conduttore in morsa: “l’unico mezzo per la costituzione in mora del creditore e per provocarne i relativi effetti è rappresentato dall’adozione della complessa procedura di cui agli articoli 1209 e 1216 c.c.”.

Qualora il conduttore ritenga non giustificate le motivazioni addotte dal locatore alla mancata restituzione del bene, per liberarsi dal proprio obbligo, dovrà effettuare offerta formale ai sensi dell’art. 1216 c.c., notificata a mezzo di ufficiale giudiziario, rimanendo in caso contrario obbligato al pagamento dei canoni di locazione e/o delle indennità di occupazione, anche in ipotesi  abbia rilasciato materialmente l’immobile ed atteso che con la liberazione del bene – in assenza di legittima riconsegna dello stesso in capo al locatore – non esaurisce i propri obblighi. Il secondo comma dell’articolo 1591 c.c. precisa che ove il conduttore sia in mora nell’obbligo di restituzione del bene, continueranno a gravare su di lui tanto l’obbligazione di pagare il canone quanto quella di risarcire il maggior danno subito dal locatore.

Trattasi indubbiamente di ipotesi di responsabilità di natura contrattuale, dovendosi fare riferimento agli articoli 1223 e 1224 codice civile, in quanto siamo di fronte a pregiudizi di natura patrimoniale.[8]

Al locatore sarà sufficiente provare:

1) l’esistenza del contratto,

2) il ritardo nell’adempimento dell’obbligazione restitutoria e del maggior danno, dovendosi la colpa del conduttore ritenere presunta, sino a prova contraria.

La giurisprudenza ha precisato che occorrerà la specifica prova di una effettiva lesione del patrimonio del locatore, il quale avrà l’onere di provare, nel rispetto delle regole sull’onere della prova ex articolo 2697 c.c.: di non aver potuto locare l’immobile o alienarlo a condizioni vantaggiose e di dimostrare siffatta lesione attraverso la prova dell’esistenza di ben precise proposte di locazione o di acquisto ovvero di altri concreti propositi di utilizzazione.[9]  Richiamato il generale principio  in materia di inadempimento delle obbligazioni di cui all’articolo 1218 c.c., il conduttore dovrà dimostrare che l’inadempimento o il ritardo della prestazione è stato determinato da impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile; in proposito sussiste svariata casistica, cui si rimanda[10].

In sintesi, risulta possibile evidenziare come risulti comunque giustificato il rifiuto del locatore ex art. 1220 in presenza di condizioni dell’immobile tali da comportare un aggravio, in ragione di opere di ripristino da eseguirsi nello stesso, tuttavia tale rifiuto dovrà essere sempre accompagnato dal generale principio di buona fede immanente nel sistema ed attuativo del dovere di solidarietà previsto nell’articolo 2 della carta Costituzionale, rivolto a prevenire abusi nella materia.

Quindi se ne può concludere che potrà ritenersi legittimo il rifiuto del locatore, tutte le volte in cui il conduttore restituisca la cosa  in uno stato non conforme a quello del verbale di descrizione redatto in sede di sottoscrizione del contratto ovvero in assenza di descrizione iniziale, in uno stato locativo non conforme a quello previsto dall’articolo 1590 c.c.: “buono stato locativo”.

[1] Ottolina I., “restituzione dell’immobile e rifiuto del locatore in caso di danni gravi o di innovazioni non consentite”, commento a cass. civ. 27932/22; Euroconference legal, 02.11.2022.

[2] Per approfondimenti, in via autoreferenziale Luppino S., Locazioni immobiliari: redazione e impugnazione del contratto, Maggioli, 2019 seconda edizione.

[3] Per approfondimenti vedi “Responsabilità e Risarcimento – Il Mensile” del 2 novembre 2022, n. 18, p. 14, di Avv. Daniela Di Palma.

[4] Cass. civ., sez. III, 04/04/2017, n. 8675.

[5] Bianca M., Diritto civile, l’obbligazione, Milano , 1991.

[6] D’Ancona-Luppino, Dallo Sfratto alla Riconsegna nel processo locatizio, Maggioli, 2014.

[7] Cass. Civ., sez. III,  13.02.2002, n.2086.

[8] A. Scarpa, “Le locazioni nella pratica del contratto e del processo”, a cura di Carrato e Scarpa, Milano, 2005, 134.

[9] Ex plurimis, Cass. civ., sez. III, 03.03.2009 n.5051; Trib. Roma 16 luglio 2009; App. Roma 9 maggio 2007.

[10] Ex plurimis, Cass. civ., sez. III, 22.08.2007  n.17844

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