10 Gennaio 2017

Rifiuto di atto giudiziario depositato telematicamente ed errore “fatale” incolpevole: per il Tribunale di Bologna la rinnovazione fuori termine impedisce ogni decadenza

di Andrea Ricuperati Scarica in PDF

 

 

Trib. Bologna, decr. 12 dicembre 2016 Pres. Candidi Tommasi

Costituzione in giudizio – deposito telematico – errore “fatale” – non imputabilità – comunicazione di rifiuto dell’atto successiva alla scadenza – spontanea rinnovazione del deposito – tempestività (D.L. 18.10.2012, n. 179 [conv. dalla L. 17.12.2012, n. 221], artt. 16-bis, commi 1-bis e 7 – C.p.c. artt. 153, comma 2, e 294 – D.M. 21.2.2011, n. 44, art. 34 – Provvedimento D.G.S.I.A. 16.4.2014, art. 14, comma 7) 

MASSIMA
[1] È tempestiva la costituzione della parte che, dopo aver presentato telematicamente la propria comparsa ed aver ricevuto in termini la cd. seconda PEC, si sia vista rifiutare dalla cancelleria – dopo la scadenza – il suddetto deposito a causa di un errore “fatale” incolpevole ed abbia spontaneamente provveduto alla rinnovazione dell’incombenza. 

CASO
[1] Nell’àmbito di un procedimento contenzioso civile pendente dinanzi al Tribunale ordinario di Bologna, il difensore di Tizio presentava in via telematica – venerdì 2 dicembre 2016 (ultimo giorno utile) – la propria comparsa di costituzione contenente la dichiarazione di voler chiamare in giudizio un terzo.

Regolarmente pervenute nel giro di pochi minuti la ricevuta di accettazione dell’invio tramite PEC e quella di avvenuta consegna, nonché la comunicazione di esito dei controlli automatici del dominio giustizia (cd. terza PEC), il successivo lunedì 5 dicembre 2016 giungeva al legale l’avviso di rifiuto dell’atto a causa di un errore “fatale” (come tale non gestibile dalla cancelleria) generato da uno dei documenti prodotti con la comparsa.

Lo stesso 5 dicembre 2016 l’avvocato rinnovava – previe ulteriori stampa e scansione del documento “incriminato” – il deposito in questione, che stavolta veniva accettato; in data 6.12.2016 il difensore chiedeva per iscritto al giudice la declaratoria di tempestività della costituzione o, in subordine, la rimessione in termini.

SOLUZIONE
[1] Il Presidente della II Sezione civile del Tribunale bolognese (istruttore del procedimento), avendo verificato presso la cancelleria che

(i) il documento all’origine del rifiuto era stato allegato in formato .pdf, nel pieno rispetto delle caratteristiche previste dalle specifiche tecniche di cui al combinato disposto degli artt. 34 D.M. 21.2.2011, n. 44, e Provv. DGSIA 16.4.2014,

e dunque

(ii) l’errore (incomprensibile anche per i tecnici interpellati) generato dal sistema informatico non poteva essere imputato alla parte,

ha ritenuto la spontanea rinnovazione del deposito idonea a rendere il medesimo tempestivo, in quanto la ricevuta di avvenuta consegna (“RdAC”) del primo era stata generata prima della scadenza del termine e tanto bastava a detto fine ai sensi dell’art. 16-bis del D.L. 18.10.2012, n. 179 (conv. dalla L. 17.12.2012, n. 221).

QUESTIONI
[1] il Tribunale di Bologna ha reputato superflua l’istanza di rimessione in termini alla luce della circostanza della reiterazione del deposito operata dal difensore, pur affermando che “l’istituto di cui all’art. 153 co. 2 c.p.c. appare applicabile all’ipotesi in esame in quanto espressione di un principio regolatore per cui chi non ha colpa in omissioni processuali non deve subire conseguenze negative” (per un caso analogo v. Trib. Milano, Sez. Lav., ord. 10 maggio 2016, in questa Rivista, edizione del 20 settembre 2016).

In realtà, ad avviso di chi scrive, un formale provvedimento di rimessione in termini non sarebbe stato necessario nemmeno laddove il deposito non fosse stato rinnovato, potendo il principio codificato dall’art. 16-bis, settimo comma, D.L. n. 179/2012 (e prim’ancora sancito dal capoverso dell’art. 13 D.M. n. 44/2011) trovare applicazione anche in tale ipotesi.

Infatti, come acutamente colto da attenta dottrina (P. CALORIO, Errori materiali, rifiuto del deposito telematico e rimessione in termini: una ricostruzione critica, in www.altalex.com), stando al suindicato principio, il deposito telematico di un atto processuale diretto all’ufficio giudiziario competente si compie con la generazione della ricevuta di avvenuta consegna del messaggio di posta elettronica certificata che lo contiene, mentre la cd. quarta PEC attesta unicamente l’inserimento dell’atto nel fascicolo informatico del procedimento; nessuna norma di legge o regolamentare sancisce il venir meno di – né rende nullo od altrimenti invalido – un deposito già perfetto a séguito della “RdAC”, sicché il rifiuto operato dalla cancelleria ha ad oggetto non il deposito (irretrattabile in sè), bensì l’inclusione dell’atto nel fascicolo informatico di riferimento.

In una vicenda come quella in commento, allora, il giudice sarebbe stato pienamente legittimato ad ordinare alla cancelleria di inserire nel fascicolo informatico l’atto (coi documenti) oggetto del primo deposito: soluzione, questa, possibile sul piano tecnico, “facendo mutare lo stato del deposito da rigettato ad attesa di accettazione mediante apposita richiesta al servizio di assistenza del CISIA per poi procedere all’acquisizione nel relativo procedimento secondo le indicazioni del giudice”, ossia “indicando quale data di accettazione quella in cui il depositante ha ottenuto la ricevuta di avvenuta consegna” (così Trib. Torino, ord. 13 maggio 2016, in www.processociviletelematico.it, che ha argomentato con ampia motivazione la tesi dianzi esposta in un caso di erronea indicazione del numero di ruolo della causa, affermando tra l’altro: “non pare legittimo condizionare la validità e tempestività del deposito al buon esito dell’operazione di inserimento nel fascicolo digitale. Né può ammettersi che anomalie che bloccano l’inserimento nel fascicolo sortiscano l’effetto di travolgere retroattivamente il deposito”; vedasi pure, analogamente, Trib. Bari, ord. 8 giugno 2016, in www.maurizioreale.it); per un’ampia rassegna di giurisprudenza sulle problematiche connesse agli errori nel deposito telematico di atti giudiziari, si rinvia a G. PARISI, Scissione degli effetti del deposito telematico, decadenza e rimessione in termini, in questa Rivista, ed. 30 agosto 2016.

Naturalmente, anche accogliendosi la ricostruzione dogmatica qui suggerita, nulla cambia sul piano del diritto di difesa della controparte, la cui salvaguardia esige che – a fronte del minor tempo disponibile per esaminare la comparsa avversaria (stante la dilazione nell’inserimento del fascicolo informatico e, conseguentemente, nella visibilità dell’atto) – il giudice conceda un termine di natura “compensativa”.