20 Settembre 2016

Rifiuto di atto giudiziario depositato telematicamente ed errore “forzabile”: il Tribunale di Milano concede la rimessione in termini

di Andrea Ricuperati Scarica in PDF

Trib. Milano, Sez. Lav., ord. 10 maggio 2016 – Giud. Cassia

Processo civile telematico – costituzione in giudizio – deposito telematico – errore apparentemente “forzabile” dalla cancelleria – comunicazione di rifiuto dell’atto successiva alla scadenza – rimessione in termini (D.L. 18.10.2012, n. 179 [conv. dalla L. 17.12.2012, n. 221], artt. 16-bis, commi 1-bis e 7 – C.p.c. artt. 416, 153, comma 2, e 294 – D.M. 21.2.2011, n. 44, artt. 13 e 34 – Provvedimento D.G.S.I.A. 16.4.2014, art. 14, comma 7)

MASSIMA

[1] Deve essere rimessa in termini la parte che, dopo aver presentato telematicamente la propria memoria di costituzione ed aver ricevuto un esito negativo – per errore apparentemente “forzabile” dall’ufficio – dei controlli automatici (cd. terza PEC), si sia vista rifiutare dalla cancelleria – dopo la scadenza del termine di costituzione – il suddetto deposito.

CASO

[1] Nell’àmbito di una controversia di lavoro promossa dinanzi al Tribunale ordinario di Milano, relativamente alla quale era stata fissata al 10 maggio 2016 l’udienza di discussione ex art. 420 c.p.c., il difensore di Tizio presentava in via telematica – il giorno 28 aprile 2016 – la propria memoria di costituzione.

Regolarmente pervenute alle ore 16.09 del 28.4.2016 la ricevuta di accettazione dell’invio tramite PEC e quella di avvenuta consegna, alle ore 16.45 di quello stesso giorno giungeva all’avvocato della parte resistente la comunicazione di esito dei controlli automatici del dominio giustizia (cd. terza PEC), negativo a causa di “errore imprevisto”, con la contestuale segnalazione della necessità di verifiche a cura dell’ufficio ricevente.

Solo in data 9.5.2016 la cancelleria, riscontrata la sussistenza di un errore insanabile connesso alle caratteristiche di uno dei documenti inseriti nella busta telematica, rifiutava il deposito, dandone avviso al legale (cd. quarta PEC).

Immediatamente l’avvocato di Tizio reiterava la costituzione e contestualmente formulava istanza di rimessione in termini ai sensi dell’art. 153, secondo comma, c.p.c.; istanza, questa, sulla quale il Giudice invitava le parti a discutere oralmente nell’udienza del 10.5.2016, quando il difensore del ricorrente si opponeva alla richiesta avversaria asserendo che l’esito negativo dei controlli automatici – essendo stato reso noto in data 28.4.2016 – avrebbe dovuto indurre la resistente ad effettuare un nuovo tempestivo deposito telematico (od un deposito cartaceo).

SOLUZIONE

[1] Il Tribunale milanese accoglie l’istanza e rimette in termini parte resistente, osservando all’uopo che:

  • il primo deposito (quello in contestazione) della memoria di costituzione era avvenuto nel rispetto del termine perentorio di 10 giorni stabilito dall’art. 416 c.p.c.;
  • il difensore di Tizio non era in grado di evincere dalla cd. terza PEC la natura dell’errore riscontrato dal gestore ministeriale, il quale peraltro non era esplicitamente definito “fatale” e dunque appariva gestibile dalla cancelleria;
  • la cancelleria non ha provveduto ad elaborare la busta contenente la memoria costitutiva entro il giorno lavorativo successivo al suo recapito, come invece prescritto dalle istruzioni del Ministero (circolare 23.10.2015);
  • le verifiche dell’ufficio ricevente, preannunciate all’interno della “terza PEC” sono avvenute quando il termine di costituzione in causa era ormai spirato;
  • in un simile quadro, il legale legittimamente confidava nell’accettazione del deposito da parte della cancelleria, non potendo esigersi in capo a lui un contegno di rinnovazione dell’adempimento nel termine di legge in mancanza del rifiuto del precedente a cura dell’ufficio e/o della segnalazione di “errore fatale” in sede di esito controlli automatici.

QUESTIONI

[1] il Tribunale milanese ha rimesso in termini la parte riconoscendo meritevole di tutela l’affidamento riposto da essa nell’accettazione della memoria di costituzione; affidamento, questo, reputato incolpevole in quanto determinato dalla apparente (per tabulas) inesistenza di errori fatali nel deposito e dalla segnalata (sempre documentalmente) necessità di verifiche a cura della cancelleria, idonea ad esonerare il difensore del resistente da ulteriori attività sino ad avvenuto espletamento di dette verifiche.

Nondimeno, ad avviso di chi scrive, lo stesso obiettivo avrebbe potuto essere raggiunto dall’ordinanza in commento muovendo da una prospettazione giuridica diversa (e probabilmente più esatta).

Infatti, come è stato acutamente osservato (P. CALORIO, Errori materiali, rifiuto del deposito telematico e rimessione in termini: una ricostruzione critica, in www.altalex.com), stando al combinato disposto degli artt. 16-bis, comma 7, D.L. 18.10.2012, n. 179 (conv. dalla L. 17.12.2012, n. 221) e 13, secondo comma, D.M. 21.2.2011, n. 44, il deposito telematico di un atto processuale diretto all’ufficio giudiziario competente si compie con la generazione della ricevuta di avvenuta consegna (“RdAC”) del messaggio di posta elettronica certificata che lo contiene, mentre la cd. quarta PEC attesta unicamente l’inserimento dell’atto nel fascicolo informatico del procedimento; nessuna norma di legge o regolamentare sancisce il venir meno di – né rende nullo od altrimenti invalido – un deposito già perfetto a séguito della RdAC, sicché il rifiuto operato dalla cancelleria ha ad oggetto non il deposito (irretrattabile in sè), bensì l’inclusione dell’atto nel fascicolo informatico di riferimento.

Improprio sembra, allora, il discorrere di rimessione in termini in una vicenda come quella in esame, poiché nella realtà nessuna decadenza poteva dirsi maturata; mentre pertinente sarebbe stato l’ordine del giudice alla cancelleria di inserire nel fascicolo informatico l’atto (coi documenti) oggetto del primo deposito: soluzione, questa, possibile sul piano tecnico, “facendo mutare lo stato del deposito da rigettato ad attesa di accettazione mediante apposita richiesta al servizio di assistenza del CISIA per poi procedere all’acquisizione nel relativo procedimento secondo le indicazioni del giudice”, ossia “indicando quale data di accettazione quella in cui il depositante ha ottenuto la ricevuta di avvenuta consegna” (così Trib. Torino, ord. 13 maggio 2016, in www.processociviletelematico.it, che ha argomentato con ampia motivazione la tesi dianzi esposta in un caso di erronea indicazione del numero di ruolo del procedimento, affermando tra l’altro: “non pare legittimo condizionare la validità e tempestività del deposito al buon esito dell’operazione di inserimento nel fascicolo digitale. Né può ammettersi che anomalie che bloccano l’inserimento nel fascicolo sortiscano l’effetto di travolgere retroattivamente il deposito”; vedasi pure, analogamente, Trib. Bari, ord. 8 giugno 2016, in www.maurizioreale.it). Per un’ampia rassegna di giurisprudenza sulle problematiche connesse agli errori nel deposito telematico di atti giudiziari, si rinvia a G. PARISI, Scissione degli effetti del deposito telematico, decadenza e rimessione in termini, in questa Rivista, edizione del 30 agosto 2016.

Naturalmente, anche accogliendosi la ricostruzione dogmatica qui suggerita, nulla cambia sul piano del diritto di difesa della controparte, la cui salvaguardia esige che – a fronte del minor tempo disponibile per esaminare la memoria avversaria (stante la dilazione nell’inserimento del fascicolo informatico e, conseguentemente, nella visibilità dell’atto) – il giudice conceda un termine di natura “compensativa”.