30 Agosto 2016

Riassunzione del giudizio di appello e contumacia: effetti sull’impugnazione (procedibilità/improcedibilità)

di Beatrice Piletti Scarica in PDF

App. Roma, Sez. Lav., 15 giugno 2016, n. 2686/2016  – Pres. Gallo – Est. Pascarella

Impugnazioni civili – Appello Interruzione processo – Riassunzione – Appellante principale contumace – Improcedibilità – Esclusione – Pronuncia nel merito – Necessità (Cod. proc. civ., art. 303, 324, 348)

[1] Se il giudizio di appello interrotto viene riassunto dall’appellante principale, la mancata costituzione dell’appellante principale non determina l’improcedibilità dell’appello ex art. 348 c.p.c., ma solo la dichiarazione di contumacia di quest’ultimo. 

CASO
[1] Un lavoratore conveniva in giudizio due società, chiedendone la condanna al pagamento di una somma di denaro. Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda. Avverso la sentenza veniva proposto appello principale da una delle due società, e appello incidentale dal lavoratore. A seguito della sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa della società-appellante principale, era stata dichiarata l’interruzione del giudizio. L’appellante incidentale riassumeva il processo, l’appellante principale restava contumace.

SOLUZIONE
[1] La Corte d’Appello di Roma, sez. lav., ha deciso la causa nel merito, ritenendo che a ciò non ostasse la mancata costituzione, nel giudizio riassunto, dell’appellante principale. Si è pronunciata, pertanto, su entrambi i gravami proposti. Secondo il Collegio la riassunzione ad opera di una qualunque delle parti è sufficiente a devolvere nuovamente l’intera controversia al giudice d’appello, ivi compreso l’appello principale.

QUESTIONI
[1] La contumacia, pacificamente ricostruita in dottrina quale mero onere di attività, assume caratteristiche peculiari in sede di impugnazione (v. ex multis, Giannozzi, La contumacia nel processo civile, Milano, 1963, 293 ss. e. D’Adamo, Contributo allo studio della contumacia nel processo civile, Milano, 2012, 75 ss., dedicate alla contumacia nelle impugnazioni).

La disciplina codicistica della contumacia in appello è, infatti, connessa, a differenza del giudizio di primo grado, al concetto di improcedibilità, che sanziona l’eventuale inattività dell’appellante ed il cui effetto principale è il passaggio in giudicato della sentenza impugnata (art. 324 c.p.c.). A fronte di una così gravosa conseguenza, pertanto, risulta essenziale effettuare una puntuale indagine circa l’interesse delle parti alla decisione nel merito.

Il caso sottoposto all’esame del giudice d’appello si caratterizza per il fatto che la contumacia dell’appellante principale si era verificata per la mancata costituzione dello stesso, a seguito della riassunzione del processo da parte dell’appellante incidentale.

Si è posta, quindi, la questione se simile condotta comporti la declaratoria di improcedibilità dell’appello principale, oppure se la riassunzione da parte dell’appellante incidentale sia sufficiente ai fini della pronuncia nel merito di entrambi i gravami.

In tali casi la riassunzione del processo comporta la sola dichiarazione di contumacia della parte non comparsa, con conseguente decisione del merito; e ciò in considerazione del fatto che dalla contumacia ex se considerata non è possibile desumere alcun tipo di tacita rinuncia. A tal proposito nella motivazione si fa perno anche sulla giurisprudenza che applica un analogo principio per il processo di primo grado (secondo il quale le domande proposte “sono relative ad un giudizio che prosegue nella nuova fase, dotata di tutti gli effetti processuali e sostanziali dell’originario rapporto”, v. Cass., 30.7.1996, n. 6867; Cass., 30.9.2008, n. 24331; Cass., 16.12.2014, n. 26372; si veda anche, in dottrina, Mandrioli C., Carratta A., Diritto processuale civile, XXIII ed., vol.II, Torino, 2014, 344 e ss., che ricostruisce la contumacia come istituto posto essenzialmente a presidio del diritto di difesa del contumace; cfr. Punzi C., Il processo civile, II ed., vol. II, Torino, 2010, 158 e ss., che pone l’accento, invece, sull’esigenza che il processo prosegua nonostante la mancata costituzione di una parte).

I giudici d’appello hanno avallato l’orientamento della Suprema Corte secondo il quale è sufficiente la riassunzione del giudizio da parte dell’appellante incidentale per pronunciarsi anche sull’appello principale, in quanto la mancata costituzione di quest’ultimo nel giudizio di riassunzione non determina l’improcedibilità dell’appello (v. Cass., 24 agosto 1983, n. 5462).

La decisione appare, quindi, in contrasto con l’orientamento formatosi con riguardo alla mancata costituzione, dopo la riassunzione, dell’appellante incidentale. La giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni affermato, infatti, che l’appello incidentale, per poter essere esaminato nel merito, deve essere riproposto nel ricorso in riassunzione a pena di improcedibilità («atteso che nel giudizio in riassunzione deve esprimersi almeno la volontà di conservare gli effetti del ricorso incidentale», v. Cass., 26 settembre 2011, n. 19613; cfr. Cass., 1° dicembre 1998, n. 12191).