Revocabilità dell’atto istitutivo di trust
di Giulia Ferrari, Avvocato Scarica in PDFCass. Civ., sez. I, 15 aprile 2019, n. 10498 – Pres. Di Virgilio – Rel. Dolmetta
Parole chiave: Azione revocatoria ordinaria –– Atto istitutivo di trust – Atti di disposizione–Trust – Trustee – Beneficiario.
Massima Nel caso in cui all’atto istitutivo di trust abbia fatto seguito l’intestazione del bene conferito al trustee, la domanda revocatoria che ha ad oggetto l’atto istitutivo di trust appare idonea a produrre l’esito di inefficacia dell’atto dispositivo successivo.
Disposizioni applicate: cod. civ. art. 2901; L. 16 ottobre 1989 n. 364
CASO
Un istituto bancario che vantava un rilevante credito nei confronti di una società a responsabilità limitata risultata incapiente, conviene in giudizio il fideiussore che aveva garantito l’adempimento delle obbligazioni della menzionata società e la moglie dello stesso, per chiedere l’accertamento della simulazione, e/o nullità, e/o inefficacia o comunque inopponibilità nei propri confronti dell’atto istitutivo di trust, avente come scopo la tutela dei bisogni della famiglia, con cui gli stessi avevano costituito in trust i propri beni immobili. L’istituto bancario conveniva in giudizio anche i figli del fideiussore, beneficiari del trust, e il fratello dello stesso, nominato quale trustee.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione, confermando la pronuncia della Corte di appello di Brescia, ha affermato che può essere oggetto di azione revocatoria ordinaria l’atto istitutivo di trust, ancorchè non abbia effetti traslativi propri, e che l’inefficacia di questo determina l’inefficacia dell’atto dispositivo, in quanto il successivo atto di trasferimento e intestazione dei beni al trustee, nella complessa dinamica dei un’operazione in trust, si pone come conseguente e dipendente rispetto al primo.
QUESTIONI
La questione principale indagata dalla sentenza in commento è l’assoggettabilità o meno a revocatoria dell’atto istituivo di trust e i conseguenti effetti sull’atto dispositivo dei beni a favore del trustee. Per comprendere i passaggi argomentativi della Suprema Corte è necessario ricordare i tratti principali dell’istituto del trust. Si tratta di figura giuridica complessa, proveniente dalla tradizione di common law, recepita nell’ordinamento italiano dalla L. 16 ottobre 1989 n. 364 (ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento, adottata all’Aia il primo luglio 1985) caratterizzata da un fascio di rapporti che vengono istituiti tra il disponente/costituente e il fiduciario/trustee, in base ai quali i beni costituiti in trust vengono sottoposti al controllo del trustee nell’interesse di terzi soggetti/beneficiari o per un fine specifico. I beni costituiti in trust rappresentano una massa distinta rispetto al patrimonio del trustee, pur essendo intestati allo stesso, che ne deve disporre secondo il programma del trust. Il trust ha quindi come effetto quello di creare un patrimonio segregato, distinto rispetto a quello del disponente e dello stesso trustee, caratterizzato da una destinazione specifica ossia l’interesse del beneficiario (o altro fine specifico, nel caso di specie, la tutela dei bisogni della famiglia). Tale articolata fattispecie si concreta attraverso la stipulazione di più atti giuridici ed in particolare: l’atto istitutivo di trust, con cui il disponente esprime la volontà di costituire il trust, atto che di per sé non ha effetti traslativi, ed il successivo atto propriamente dispositivo, con cui i beni vengono trasferiti ed intestati in capo al fiduciario (trustee).
I ricorrenti, nel caso in esame, hanno infatti contestato l’assoggettabilità a revocatoria dell’atto istitutivo di trust, impugnato dal ricorrente, in quanto lo stesso non produce effetti dispositivi propri, richiamandosi anche a precedenti pronunce della stessa Corte di Cassazione in particolare Cass. Civ. 29 maggio 2018 n. 13388 che ha affermato che “ai fini del conseguimento dello scopo dell’azione revocatoria quest’ultima viene indirizzata nei confronti dell’atto di disposizione patrimoniale, e cioè dell’atto mediante il quale il bene viene intestato al trustee, e non nei confronti dell’atto istitutivo di trust, il quale costituisce il fascio di rapporti che circonda l’intestazione del bene, ma non l’intestazione stessa, ed è neutrale dal punto di vista patrimoniale” e la precedente sentenza Cass. Civ. 3 agosto 2017, n. 19376, che distinguendo tra atto istitutivo di trust e atti dispositivi dei beni, aveva sostenuto che “solo quest’ultimi sono potenzialmente idonei a pregiudicare le ragioni dei creditori e quindi assoggettabili ad azione revocatoria”.
Con un orientamento interpretativo estensivo del dettato letterale del 2901 cod. civ. ed evolutivo rispetto ai precedenti richiamati – ad avviso della pronuncia in commento, riferiti a questioni giuridiche diverse rispetto a quella in esame (carattere gratuito o oneroso dell’atto istitutivo di trust la prima, e carattere necessario del litisconsorzio con riguardo ai partecipanti alla complessiva operazione di trust la seconda) – la Corte ha affermato che nel caso in cui all’istituzione del trust abbia fatto seguito l’effettiva intestazione dei beni al trustee, come avvenuto nel caso in esame, l’azione revocatoria che abbia ad oggetto l’atto istitutivo travolge anche il successivo atto dispositivo, determinandone l’inefficacia. I giudici di legittimità hanno sostenuto tali argomentazioni dando rilievo al collegamento funzionale che legherebbe atto istituivo e dispositivo, nell’ambito di un’operazione di trust, sottolineando che “l’atto di trasferimento e intestazione del bene conferito al trustee non risulta essere atto isolato e autoreferente. Nella complessa dinamica di un’operazione di trust, lo stesso si pone per contro non solo come conseguente, ma prima ancora come atto dipendente dall’atto istitutivo”.
La conclusione della Corte può risultare apprezzabile per il suo approccio sostanzialistico, tuttavia non si può trascurare la difficoltà di coordinamento tra il diritto inglese, che vede l’atto istitutivo del trust come un negozio unilaterale programmatico e il concetto, tutto civilistico, di collegamento negoziale, non automaticamente sovrapponibile ad un istituto che non trova la sua origine nel diritto civile.