19 Marzo 2024

Revoca dell’assegno divorzile: il beneficio derivante da una nuova convivenza del titolare di assegno deve essere provato

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile sez. I, ordinanza del 07/03/2024, n.6111

Modifica condizioni di divorzio – assegno – mantenimento (L. 898/70 art. 9)

Massima: “Ai fini della cessazione dell’obbligo di versare l’assegno divorzile all’ex coniuge, non basta provare l’esistenza della nuova convivenza del titolare dell’assegno, che può essere ininfluente sulle sue condizioni economiche, potendo essere instaurata con una persona priva di redditi e patrimonio, e dovendo l’incidenza economica di detta convivenza essere rigorosamente provata e poi valutata in concreto”.

CASO

Un uomo ottiene in Tribunale la revoca dell’assegno divorzile in favore della moglie. In appello l‘assegno viene invece confermato, in assenza di cambiamenti delle condizioni economiche dei coniugi che alterassero il precedente assetto accertato in sede di divorzio.

La richiesta si basava su due elementi: una nuova convivenza della ex moglie che secondo l’uomo avrebbe comportato un miglioramento della sua situazione economica, e il fatto che la figlia maggiorenne alla quale il padre aveva anche dato dei soldi, fosse tornata a vivere con lui.

La donna sosteneva invece che nella comparazione generale tra la situazione economica esistente all’epoca del divorzio e quella attuale, oltre alla differenza reddituale ancora esistente, doveva essere tenuto in considerazione che l’ex marito continuava a godere dell’abitazione coniugale di cui la stessa era comproprietaria al 50%, mentre lei per contro aveva dovuto acquistare un nuovo immobile in cui vivere, pagando una rata mensile di mutuo di circa 800 euro.

La Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di appello, respingendo il ricorso dell’uomo.

SOLUZIONE DELLA CASSAZIONE

La prova dei fatti che giustificano la modifica delle condizioni di divorzio.

La Corte ha esaminato la questione della rilevanza della convivenza dell’ex coniuge ai fini della corresponsione dell’assegno divorzile.

In base alla legge sul divorzio, l’ex coniuge perde il diritto all’assegno divorzile in caso di passaggio a nuove nozze. Nell’ipotesi di mera convivenza occorre che si verifichino i presupposti per la revisione dell’assegno secondo il principio generale di cui all’art. 9 comma 1 L. 898/1970, e cioè che sia data la prova, da parte dell’ex coniuge onerato, che tale convivenza abbia determinato un cambiamento migliorativo delle condizioni economiche dell’avente diritto, a seguito di un contributo al suo mantenimento da parte del convivente, o quanto meno di risparmi di spesa derivanti dalla convivenza.

Secondo la giurisprudenza deve comunque trattarsi di una convivenza stabile e consolidata nel tempo. La relativa prova – dunque – non può essere limitata all’esistenza della relazione. La nuova convivenza può anche astrattamente essere ininfluente sulle condizioni economiche del titolare dell’assegno, potendo essere instaurata con una persona priva di redditi e patrimonio, e dovendo l’incidenza economica di detta convivenza essere valutata in relazione al complesso delle circostanze che la caratterizzano (Cass. Civ. n. 32198/2021).

Quanto all’assegno per il mantenimento della figlia, la Cassazione specifica che lo stesso non può subire riduzioni o compensazioni arbitrarie dovute ad altre elargizioni del genitore obbligato in favore dei figli, se sono state fatte per spirito di liberalità per soddisfare esigenze ulteriori rispetto a quelle poste a base dell’assegno.

Le prove: libero apprezzamento del giudice. Recentemente la Cassazione ha confermato il provvedimento che revocava l’assegno divorzile sulla base della convivenza stabile instaurata dall’ex coniuge divorziato in forza della documentazione probatoria – non disconosciuta formalmente in giudizio – costituita da fotografie della nuova coppia e da un contratto di locazione cointestato (Cass. Civ. n. 10786/2022). I giudici di appello, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente che ha sostenuto l’errore dei giudici nel dare valore di prova legale alle fotografie non disconosciute, hanno compiuto una valutazione basata sul prudente apprezzamento dei suddetti elementi di prova, non sindacabile in sede di legittimità.

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