14 Settembre 2015

Responsabilità solidale a favore del lavoratore negli appalti: integrazione del contraddittorio e condanna condizionata

di Francesco Vitella Scarica in PDF

Trib. Como, ord. 15 gennaio 2015


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Procedimento civile – Responsabilità solidale nell’appalto – Litisconsorzio necessario – Interpretazione costituzionalmente orientata – Condanna condizionata – Ammissibilità(
(Cost., artt. 24 e 111; cod. proc. civ., art. 102; d.leg. 10 settembre 2003, n. 276, art. 29, 2° comma, come sostituito dall’art. 21, 1° comma, del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni in legge 4 aprile 2012, n. 35 e successivamente modificato dall’art. 4, comma 31, lettere a) e b), della Legge 28 giugno 2012, n. 92 e dall’art. 28, 2° comma, del d.leg. 21 novembre 2014, n. 175)

[1] In tema di responsabilità solidale negli appalti ex art. 29, 2° comma, d. leg. n. 276/2003, poiché il litisconsorzio necessario non è stabilito soltanto nell’interesse dei responsabili solidali bensì anche a garanzia maggiore per il lavoratore secondo i principi della responsabilità solidale, deve ritenersi, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma alla stregua degli artt. 24 e 111 Cost., che il lavoratore ben possa rinunciare a valersi della solidarietà nei confronti del committente chiamando in causa solo l’appaltatore.

[2] Sebbene l’esercizio dell’azione di regresso ex art. 29 d. leg. n. 276/2003 sia posticipato dalla legge all’esito del pagamento e dell’infruttuosa esecuzione dell’appaltatore, nulla impedisce che, in base al principio di economia dei mezzi giuridici, la manleva venga anticipata nel giudizio di merito, in previsione dell’esito positivo dell’azione intrapresa dal creditore e condizionatamente alla fruttuosa escussione del regrediente per l’intero.

CASO
[1] [2] Nel caso di specie, un lavoratore ha citato in giudizio, invocando la responsabilità solidale di cui all’art. 29 d. leg. 276/2003, il committente, l’appaltatore e uno dei due subappaltatori coinvolti nell’esecuzione dell’appalto, suo datore di lavoro. A sua volta, l’appaltatore ha formulato domanda di regresso/manleva nei confronti del subappaltatore rimasto estraneo al giudizio, al fine di garantirsi di quanto eventualmente pagato in ragione della propria responsabilità solidale.

SOLUZIONE
[1] Il Tribunale di Como da un lato ritiene che l’art. 29 d. leg. n. 276/2003 configuri un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra tutti i soggetti coinvolti nell’esecuzione di un appalto – i quali, pertanto, devono essere convenuti in giudizio e rispondono solidalmente, nei confronti del lavoratore, di quanto a lui dovuto e non corrisposto dal datore di lavoro – ma, dall’altro lato, afferma che al lavoratore deve essere riconosciuta la possibilità di rinunciare alla responsabilità solidale nei confronti del committente, citando in giudizio il solo appaltatore-datore di lavoro, debitore principale.

Nel caso di specie, in cui sono stati chiamati in giudizio il committente, l’appaltatore e il subappaltatore-datore di lavoro, il Giudicante ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altro subappaltatore, soprattutto in considerazione della domanda di regresso/manleva formulata dall’appaltatore.

[2] Peraltro, il Tribunale di Como afferma l’ammissibilità della domanda di regresso/manleva formulata dall’appaltatore, sebbene la stessa sia stata proposta già nel giudizio di merito e non a seguito dell’infruttuosa escussione del responsabile principale.

QUESTIONI
[1] La prima questione che il Tribunale di Como ha affrontato nell’ordinanza in commento è l’interrogativo legato all’eventuale sussistenza di un litisconsorzio necessario tra tutti i soggetti gravati dal vincolo della responsabilità solidale negli appalti di cui all’art. 29 d. leg. n. 276/2003.

A questo proposito, la dottrina pare concorde nel ritenere che tale norma – come modificata dalla l. n. 92/2012 – contempli un’ipotesi di litisconsorzio necessario (v. M. Agostini, sub art. 29 D.lgs. 276/2003, in R. De Luca Tamajo-O. Mazzotta, Commentario breve alle leggi sul lavoro, Padova, 2013, 2091; L. Corazza, Somministrazione di lavoro e appalti, in G. Santoro Passarelli, Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, Torino 2014, 1679; P. Tosi, Appalto di opere o di servizi e solidarietà dopo la Legge n. 92/2012, in Lavoro giur., 2012, 977 ss.) anche solo processuale (v. R. Riverso, Appalti processo e azioni. L’art. 29 D.lgs. 276/2003 ss., in www.altalex.com, pubblicato il 22 ottobre 2014; sul litisconsorzio necessario c.d. processuale, v. P. Pototschnig, sub art. 102, in C. Consolo (a cura di), Codice di procedura civile commentato, Milano, 2013, 1180 ss.). In giurisprudenza, il Tribunale di Terni (25 febbraio 2013, inedita) conviene con il Tribunale di Como circa la sussistenza di un litisconsorzio necessario, mentre il Tribunale di Monza (22 luglio 2014) afferma l’insussistenza di un litisconsorzio necessario «nei casi in cui la domanda nei confronti del datore di lavoro, obbligato principale, sia improponibile o improcedibile … in quanto, diversamente opinando, il regime di responsabilità solidale accordato al lavoratore … risulterebbe completamente vanificato».

Ciò detto, l’affermata sussistenza di un litisconsorzio necessario non impedisce al Giudicante di sostenere che, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 29 citato – in ossequio al diritto di azione e di difesa di cui all’art. 24 Cost. nonché ai principi del giusto processo ex art. 111 Cost. – il lavoratore ben possa citare in giudizio il solo appaltatore. Il litisconsorzio contemplato dalla norma, infatti, non sarebbe stabilito nel solo interesse dei responsabili solidali, bensì anche a garanzia del credito vantato dal lavoratore (cfr. Trib. Milano 29 settembre 2014 n. 2225), con la conseguente possibilità per quest’ultimo di rinunciare alla responsabilità solidale, così evitando l’operare delle regole sul litisconsorzio necessario. Laddove però – prosegue il Giudicante – il lavoratore chiami in giudizio anche il committente e non solo il suo datore di lavoro, è inevitabile che siano chiamati in giudizio tutti gli attori esistenti nella catena dell’appalto, soprattutto quando ognuno dei convenuti (committente e appaltatore o subappaltatore) abbia svolto domanda di manleva o regresso.

In dottrina paiono delinearsi opinioni più possibiliste, là dove si afferma – vuoi sulla base di considerazioni analoghe a quelle svolte dal Tribunale di Como (v. R. Riverso, Appalti processo e azioni, cit.) vuoi sul presupposto che il litisconsorzio necessario in questione sia stabilito nell’interesse dei responsabili solidali (P. Tosi, Appalto di opere o di servizi e solidarietà dopo la Legge n. 92/2012, cit.) – che il lavoratore creditore del subappaltatore possa rinunciare a valersi della solidarietà nei confronti del committente, chiamando in causa il solo appaltatore oltre che il subappaltatore, proprio datore di lavoro. In questa prospettiva, sarebbe possibile invocare la responsabilità solidale nei confronti solo di alcuni dei soggetti coinvolti nell’appalto (senza, dunque, rinunciarvi del tutto), escludendo così la necessarietà del litisconsorzio.

[2] La seconda questione affrontata dal Giudicante che merita di essere segnalata riguarda l’ammissibilità della domanda di regresso formulata già nel giudizio di merito e non a seguito dell’infruttuosa esecuzione del responsabile principale (nel caso di specie, uno dei due subappaltatori). A questo proposito è, infatti, bene ricordare che la norma, così come riscritta dalla l. n. 92/2012, prevede la possibilità per il committente di eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori. In tale ipotesi, il giudice deve accertare la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori.

Il Tribunale di Como qualifica la decisione sulla domanda di regresso quale sentenza di condanna condizionata che, secondo la Suprema Corte, è ammessa nell’ordinamento processuale vigente – in omaggio al principio di economia dei giudizi – se la relativa efficacia è, appunto, condizionata «al verificarsi di un determinato evento futuro e incerto, alla scadenza di un termine stabilito o ad una controprestazione specifica, purché il verificarsi dell’evento dedotto in condizione non richieda ulteriori accertamenti di merito da compiersi in un nuovo giudizio di cognizione, ma possa semplicemente essere fatto valere in sede esecutiva mediante opposizione all’esecuzione» (Cass. 30 dicembre 2009, n. 27657, in www.dejure.it, redazione Giuffrè 2015; cfr. anche Cass. 23 marzo 2004 n. 5719, in Giust. civ., Mass., 2004, 3).

Peraltro, considerando che, sempre a mente dell’art. 29 d. leg. n. 276/2003, il committente che ha eseguito il pagamento può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali, paiono qui riproponibili le considerazioni svolte dalla giurisprudenza circa l’azione di regresso tra condebitori anche al di fuori della responsabilità solidale in tema di appalti: ebbene, è pacifico in giurisprudenza che il condebitore solidale possa esercitare il regresso anche in via preventiva, in previsione dell’esito positivo dell’azione intrapresa dal danneggiato e condizionatamente alla fruttuosa escussione del regrediente per l’intero (Cass. 19 maggio 2008 n. 12691, in Giust. civ., 2009, I, 2474; Cass. 13 novembre 2002, n. 15930 in Danno e resp., 2004, 289; nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Trieste 1 ottobre 2014 n. 245, in www.dejure.it, redazione Giuffrè 2015). 

Quanto affermato dal Tribunale di Como è sostenuto anche da una parte della dottrina, secondo cui il giudice dovrà «emetter[e] sentenza di condanna che il creditore dell’appaltatore potrà eseguire nei confronti del committente solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore o del subappaltatore» (M. Agostini, sub art. 29 D.lgs. 276/2003, cit., 2091).

Non mancano voci di dissenso, secondo cui il tenore letterale della norma imporrebbe di ritenere che non possa essere emessa nei confronti del committente (ed eventualmente dell’appaltatore) una sentenza di condanna, bensì una mera sentenza di accertamento della responsabilità solidale; e ciò discenderebbe, peraltro, dalla disposta trattazione del beneficio di escussione in sede di merito (anziché in sede esecutiva) (così P. Tosi, Appalto di opere o di servizi e solidarietà dopo la Legge n. 92/2012, cit.). In giurisprudenza non è mancato chi ha ritenuto che il committente possa eccepire il beneficio della preventiva escussione per la prima volta nel processo esecutivo, ovvero che tale eccezione «non inciderebbe in alcun modo sul merito della vicenda, poiché il Giudice deve comunque provvedere, sussistendone i presupposti, alla condanna; l’eccezione trova, insomma, unicamente applicazione nella successiva sede esecutiva» (Trib. Roma, dott.ssa Belli, 10 dicembre 2012 e Trib. Roma, dott. Buonassisi, 2 novembre 2012 n. 17686, riportate da L. Alesii – E. Nocerino, Beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore previsto in favore del committente, in www.diritto.24.ilsole24.com, 28 maggio 2013).