Responsabilità penale dell’amministratore nelle società e posizione di garanzia
di Davide Giuseppe Giugno, Avvocato Scarica in PDFConsiderate le complesse dinamiche giuridiche costituenti il “timone” del modo dell’Impresa verrà dato ampio spazio al diritto penale dell’impresa.
Inizieremo, con un primo articolo ove verrà tratto il delicato tema dei “doveri dell’Amministratore delle Società” connessi alla sua posizione di garanzia. Nelle successive pubblicazioni, verranno affrontati gli aspetti tipicizzanti la responsabilità penale degli amministratori privi di deleghe ed approfondite le problematiche sottese alla responsabilità concorsuale di natura omissiva che, all’evidenza, costituisce l’insidia maggiore per chi, seppur non direttamente coinvolto nell’attività gestoria della Società, in occasione di un fatto reato, ometta di agire per impedire l’evento.
È d’uopo, pertanto, tracciare il perimetro normativo entro il quale sviluppare il nostro ragionamento circa i comportamenti che gli Amministratori dovrebbero tenere al fine di scongiurare il pericolo di essere chiamati a rispondere di responsabilità penali derivanti dall’espletamento dell’attività d’Impresa.
Al fine di individuare adeguatamente la concreta esposizione degli Amministratori di Società di incorrere nel rischio da responsabilità penale, è opportuno individuare i doveri cui gli stessi sono chiamati nell’espletamento dell’attività gestoria. Il richiamo, codificato, all’adempimento conforme alla legge ed allo statuto, consente, già a prima vista, di poter ipotizzare l’ampiezza dello spettro entro il quale si sviluppa l’attività degli Amministratori ed il conseguente rischio di trovarsi coinvolti in vicende giudiziarie, anche penali, per il sol fatto di ricoprire posizioni apicali e, comunque, di garanzia nell’assetto societario.
In tema di responsabilità degli Amministratori, già con la riforma del 2003 (d. lgs n. 6/2003), del diritto societario, il Legislatore, avvertendone la necessità, ebbe ad intervenire arginando la deriva alla quale erano esposti i protagonisti delle dinamiche imprenditoriali, chiamati a rispondere, in forza di un generico dovere di vigilanza, anche per fatto altrui. Ciò si palesava contrario ai principi costituzionali stigmatizzanti la natura personale della responsabilità penale (art. 27 Cost).
In tale direzione, maggiormente garantista, il dovere di vigilanza, eliso dal secondo comma dell’art. 2392 c.c., lascia il posto al dovere di agire informati, previsto espressamente dall’ultimo comma dell’art. 2381 c.c., così modificando radicalmente il perimetro della responsabilità degli Amministratori ed i limiti del suo accertamento giudiziario.
Ciò non di meno, occorre prestare debita attenzione al permanere della responsabilità solidale degli Amministratori verso la Società (art. 2392 c.c.) ed i creditori (art. 2476 c.c.). Vale la pena di evidenziare che la modifica dell’art. 2476 c.c. introdotta con l’art. 378 del CCI (d. lgs n. 14/2019), ha, di fatto, reso tutti gli Amministratori illimitatamente responsabili, così mortificando le legittime aspettative di contenimento della responsabilità delle S.r.l..
Risulta palmare inferire che il Legislatore, proprio al fine di prevenire la crisi dell’impresa e garantire la continuità aziendale, abbia voluto pungolare l’Imprenditore rendendolo penalmente responsabile nell’ipotesi di violazione dell’obbligo di dotare la Società di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili.
Nell’espletamento dell’obbligo da ultimo richiamato, torna prepotentemente il disposto dell’art. 2381 c.c., laddove prevede che, se da un lato gli organi delegati debbano determinare l’adeguatezza degli assetti societari, il consiglio e gli amministratori devono verificarne la congruità sulla base delle informazioni ricevute.
Così, l’Amministratore, per agire nel pieno rispetto della normativa vigente, dovrà, non solo fare l’Imprenditore (le strategie aziendali e gli obiettivi rimangono insindacabili salvo che palesemente “spregiudicati”), ma dovrà dedicarsi con diligenza a:
- Curare l’adozione di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili al fine di rilevare tempestivamente la crisi d’impresa in un’ottica di prevenzione;
- Attivarsi “senza indugio” per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale con gli strumenti previsti per la risoluzione della crisi aziendale.
In quest’ottica, non basterà valutare il bilancio d’esercizio. L’Amministratore dovrà acquisire costantemente informazioni circa il perdurare dell’equilibrio economico-finanziario della Società.
Nelle prossime pubblicazioni affronteremo, diffusamente, le questioni operative relative alle novità introdotte dal CCI e le connesse responsabilità penali al verificarsi del fatto illecito.
È chiaro che le norme richiamate possano ritenersi a contenuto cautelare, sicchè da esse discende il potere impeditivo gravante sugli Amministratori e la loro assunzione connessa alla loro “posizione di garanzia” assunta nei confronti della Società, dei Soci e de terzi.
Può dirsi, pertanto, che la posizione degli Amministratori viene definita di “garanzia” perché a loro è affidato il compito di preservare determinati beni giuridici dai pericoli cui sono esposti e garantirne l’integrità a beneficio della Società, dei soci e dei terzi. Si tratterebbe di una “posizione” assunta anche volontariamente da chi accetta di ricoprire il ruolo, ma non può ritenersi errato ricondurne la definizione alla gestione di affari anche ai sensi dell’art. 2028 c.c.
Orbene, il concetto di responsabilità solidale degli Amministratori, seppur definita ai fini delle conseguenze civilisticamente derivanti dal loro inadempimento ai doveri propri della funzione gestoria, nonché legali e statutari, si reverbera anche in ambito penalistico. Infatti, seppur, come anzi detto, la riforma del 2003 li ha sollevati dal dovere di vigilanza, il dovere di agire informati e la loro responsabilità solidale, sia per fatto proprio che per fatto altrui, impone agli Amministratori di intervenire per fare quanto nelle loro facoltà per impedire il compimento di fatti pregiudizievoli o eliminarne o attenuarne le conseguenze.
Ne costituisce un caso tipico quello delle società nelle quali il Consiglio di Amministrazione non conferisce deleghe ad alcuno. In tale evenienza, tutti i Consiglieri, seppur privi di deleghe, sono solidalmente responsabili per gli illeciti conseguenti dalla gestione dell’Impresa o dalle delibere adottate (Cass. pen., Sez. III, Sent. 28 marzo 2022 – ud. 4 febbraio 2022- n. 11087).
E’ esplicito il richiamo al combinato disposto degli artt. 2392 comma 1 (posizione di garanzia) e 2381 comma 2 c.c.. Vanno esenti da responsabilità quei consiglieri che, privi di colpa e conformemente a quanto previsto dal comma 3 dell’art. 2392 c.c., abbiano esternato e fatto annotare il loro dissenso rispetto a quanto deliberato o all’atto gestorio posto in essere.
Da ultimo, richiamando quanto rilevato in relazione all’obbligo di agire informati, la sussistenza delle deleghe non è da sola sufficiente ad escludere la responsabilità solidale dei consiglieri che ne sono privi qualora, questi, abbiano violato, dolosamente o colposamente, il dovere di informazione che grava su ogni singolo amministratore (art. 2381 c.c.). Torneremo, nelle prossime pubblicazioni, sul tema dei doveri/poteri impeditivi che gravano sugli amministratori, ancorché privi di deleghe ed affronteremo le problematiche sottese alla responsabilità ex art. 40 c.p. nelle varie declinazioni delle condotte penalmente rilevanti.
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