23 Novembre 2021

Responsabilità dell’amministratore condominiale per mala gestio: non è sufficiente l’inadempimento degli obblighi sullo stesso incombenti, ma è necessaria la prova del danno cagionato da tali inadempimenti

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale Civile di Cosenza, Sezione I^, Sentenza del 14 aprile 2021 n. 846

L’amministratore di condominio è l’organo di gestione e di rappresentanza del condominio e si obbliga, in virtù di apposito contratto, a compiere uno o più atti giuridici nell’interesse di un altro soggetto; la sua figura pertanto rientra nella fattispecie del mandato con rappresentanza in virtù dell’esplicito richiamo dell’art. 1129 c.c. il quale, tra l’altro, prevede che, per tutto quanto non espressamente disciplinato, all’amministratore di condominio si applichino le norme sul mandato. La L. n. 220 del 2012 ha introdotto una serie di ipotesi determinanti la revoca dell’amministratore a fronte di gravi irregolarità nella gestione della res communis che, tuttavia, non possono ritenersi esaustivamente contenute nella norma anzidetta, atteso che può essere individuata la cd. mala gestio, ogni qual volta l’amministratore svolga la propria attività ponendo in essere condotte non rispondenti all’interesse comune dei rappresentati, così come accade nell’ipotesi in cui il medesimo non metta a disposizione dei condomini la documentazione contabile in sede di approvazione del consuntivo o non fornisca un chiaro rendiconto del proprio operato, con conseguente violazione del dovere di diligenza ex art. 1710 c.c. ed obbligo di risarcimento del danno per la sua negligente attività”.

CASO

Nel 2017 il Condominio attore citava in giudizio la convenuta X al fine di ottenere il risarcimento del danno causato da quest’ultima, quale precedente amministratrice dello stesso Condominio, per mala gestio relativamente al periodo 2006-2013. In particolare, parte attrice rappresentava come il comportamento inadempiente dell’amministratrice avesse determinato plurimi danni al condominio consistiti:

a) nella omessa restituzione della cassa contanti;

b) nell’omesso versamento di ritenute alla fonte per gli anni 2007 e 2008, con conseguente irrogazione di sanzioni;

c) nell’omesso versamento consumi idrici anni 2005, 2006, 2007 e 2008 con conseguente irrogazione di sanzioni;

d) nell’omessa presentazione dei modelli 770 per gli anni 2010, 2011, 2012 e 2013;

e) negli esborsi sostenuti per l’avvio di azione giudiziaria ex art. 700 c.p.c. al fine di ottenere la restituzione della documentazione condominiale fiscale e contabile indebitamente trattenuta dall’amministratrice nonché per la successiva procedura esecutiva, instaurata dal Condominio.

L’attrice concludeva con la richiesta di accoglimento della domanda e la condanna della convenuta al pagamento dell’importo di euro 18.149,84, oltre al risarcimento dei danni, da liquidarsi equitativamente, per l’irregolarità della gestione, la convenuta rimaneva contumace.

SOLUZIONE

Il Tribunale cosentino riteneva fondata la domanda attorea solo limitatamente ad alcuni profili. Invero, non acclarava integralmente la responsabilità della convenuta per i fatti a lei contestati, atteso che gli stessi trovavano solo parziale conferma nella documentazione contabile e condominiale prodotta da parte attrice e dalle risultanze emergenti dall’istruttoria. Non riteneva quindi provato l’an e il quantum debeatur relativi ad alcuni danni asseritamente cagionati dalla precedente amministratrice condominiale. Condannava quindi parte convenuta esclusivamente al pagamento dell’importo di euro 200,00 versato dal Condominio per il pagamento delle spese di registro e alla refusione in favore del Condominio attore delle spese di lite per un importo di ulteriori 950,80 euro per compensi ed esborsi, oltre rimborso spese forfettarie iva e cpa per legge.

QUESTIONI

La sentenza presa in esame pone rilievo sulla configurabilità per mala gestio dell’amministratore condominiale[1] ed in particolare sull’onere della prova in tal senso[2] nonchè sulla valutazione del danno in via equitativa.

Il Tribunale cosentino  ha ritenuto fondata la domanda attorea – volta a conseguire il risarcimento dei danni patrimoniali sostenuti per le spese e per gli oneri causati dal “disordine contabile” dovuto alla mala gestio addebitabile all’ex amministratrice di condominio ai sensi degli artt. 1176, 1218 e 1710 c.c. con riferimento agli obblighi del mandatario – solo limitatamente ad alcuni profili.

Nell parte motiva della sentenza, il Giudice ha preliminarmente osservato come, ai sensi del novellato art. 1130 c.c., l’amministratore di Condominio sia l’organo di gestione e di rappresentanza del Condominio e si obblighi, in virtù di apposito contratto, a compiere uno o più atti giuridici nell’interesse di un altro soggetto. La sua figura rientra quindi nella fattispecie del mandato con rappresentanza in virtù dell’esplicito richiamo dell’art. 1129 c.c. il quale, tra l’altro, prevede che, per tutto quanto non espressamente disciplinato, all’amministratore di Condominio si applichino le norme sul mandato (artt. 1703-1741 c.c.). Ciò premesso, il Giudicante ha evidenziato come la Legge di Riforma del Condomino (n. 220/2012) abbia introdotto una serie di ipotesi determinanti la revoca dell’amministratore a fronte di gravi irregolarità nella gestione della res communis (art. 1129 comma 11 c.c.) che tuttavia non possono ritenersi esaustivamente contenute nella predetta norma, atteso che può essere individuata la cosiddetta mala gestio, ogni qual volta l’amministratore svolga la propria attività ponendo in essere condotte non rispondenti all’interesse comune dei rappresentati, così come accade nel caso in cui egli non metta a disposizione dei condomini la documentazione contabile in sede di approvazione del consuntivo o non fornisca un chiaro rendiconto del proprio operato, con conseguente violazione del dovere di diligenza ex art. 1710 c.c. e obbligo di risarcimento del danno per la sua negligente attività.

La norma fa riferimento alla diligenza del buon padre di famiglia, indicata in linea generale quale parametro di valutazione dell’adempimento del debitore dall’art. 1176 c.c., stabilendo che “il mandatario è tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia”. Tale parametro di valutazione è applicabile alla tipologia di incarico assunto dall’amministratore condominiale in ipotesi di sua responsabilità per inadempimento, ritenendosi, in linea con il principio espresso dalla Suprema Corte sul punto, che “in tema di mandato, grava sul mandatario l’obbligo di compiere gli atti giuridici previsti dal contratto con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1710 cod. civ.), con quella diligenza, cioè, che è lecito attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza e accortezza, memore dei propri impegni, cosciente delle relative responsabilità” (Cass. n. 19778/2003).

Alla luce di tali considerazioni in diritto, il Tribunale cosentino non riteneva acclarata integralmente la responsabilità della convenuta per i fatti a lei contestati da parte attrice, atteso che gli stessi trovavano solo parziale conferma nella documentazione contabile e condominiale prodotta e dalle risultanze emergenti dall’istruttoria.

In ordine alla delibazione dei singoli addebiti imputati alla convenuta, rilevava in primo luogo che il prospetto redatto dal nuovo amministratore di condominio era inidoneo a provare la misura del quantum richiesto con riguardo alla omessa ricostruzione della cassa contanti, non essendo comprovato da alcun riscontro di tipo contabile. Del pari non poteva ritenersi provato che la condotta asseritamente negligente dell’amministratore avesse provocato aggravio economico a carico dei condomini. Non vi erano infatti elementi di prova circa il fatto che il disordine amministrativo e contabile attribuito all’ex amministratrice avesse da solo causato il pagamento ritardato delle somme dovute per consumi idrici, esponendo il mandante all’aggravio delle spese di mora e delle sanzioni. In particolare, non vi era neppure la dimostrazione del versamento nelle mani dell’amministratore di tali somme.

Invero le testimonianze sul punto erano insufficienti a dimostrare la messa a disposizione della provvista da parte dei condòmini alle scadenze pattuite: proprio uno dei testi del condominio attore, in sede di escussione testimoniale, dichiarava che l’amministratrice era solita rilasciare la ricevuta al momento dell’incasso degli importi dovuti. Di tali ricevute tuttavia non vi era traccia in atti. Peraltro, dai verbali di assemblea prodotti dall’attore risultava che il ritardo perpetrato dai condomini nel pagamento del piano di ammortamento accordato dall’ente della riscossione ed in generale dei ratei condominiali non fosse fatto episodico e marginale ma al contrario caratterizzasse anche la gestione successiva a quella operata dalla convenuta.

Ancora, il Tribunale non ha ritenuto sussistente il diritto al risarcimento del danno in favore del mandante neppure con riferimento alla omessa presentazione dei modelli 770 per gli anni 2010-2011-2012-2013, trattandosi di un credito meramente eventuale e privo di requisiti necessari di certezza ed attualità.

Quanto alla domanda risarcitoria relativa agli esborsi sostenuti per la promozione di attività giudiziaria, il Tribunale riconosceva che la convenuta avesse disatteso i propri doveri derivanti dal mandato di amministrazione, omettendo la riconsegna della documentazione afferente la gestione condominiale, tuttavia veniva contestualmente riconosciuta anche la precedente condanna dell’amministratrice per la rifusione delle spese di lite all’esito dell’accoglimento della domanda cautelare.

Sicché, in difetto di prova di ulteriore pregiudizio da ristorare, la domanda attorea veniva accolta solo nei limiti dell’importo di euro 200,00 versato dal condominio per il pagamento delle spese di registro del provvedimento giudiziale ottenuto. La convenuta veniva inoltre condannata alla refusione in favore del condominio attore delle spese di lite per un importo di ulteriori 950,80 euro per compensi ed esborsi, oltre rimborso spese forfettarie iva e cpa per legge.

In ordine infine alla ulteriore ipotesi del danno ravvisata nel pregiudizio economico sopportato dal Condominio, la cui liquidazione veniva richiesta in via equitativa, si rilevava che, in ordine alla possibilità attribuita al giudice di ricorrere, anche d’ufficio, a criteri equitativi per supplire all’impossibilità della prova del danno risarcibile nel suo preciso ammontare, la parte è comunque onerata di svolgere quelle deduzioni che possano conferire concretezza alla specifica pretesa, avendo tale attività deduttiva, lo scopo di fornire una base di partenza al giudice per la conseguente liquidazione ex articolo 1226 c.c., con la conseguenza che la richiesta può essere correttamente disattesa ove tali deduzioni siano omesse, poiché l’applicazione del principio giurisprudenziale – secondo cui è in re ipsa il danno per la privazione del godimento o la mancata disponibilità di un bene – può essere sufficiente alla decisione limitatamente all’ an debeatur, non esimendo tuttavia il danneggiato ai fini del quantum, dall’onere probatorio o quanto meno specificamente deduttivo, di fornire elementi al giudice per la liquidazione relativa (Cass., sez. III Civ., sent. 24 ottobre 2012, n. 21246).

Inoltre, anche nelle ipotesi per le quali il danno sia ritenuto in re ipsa e trovi la sua causa diretta ed immediata nella situazione illegittima posta in essere dalla controparte, la presunzione attiene alla sola possibilità della sussistenza del danno ma non alla sua effettiva sussistenza e, tanto meno, alla sua entità materiale, onde permane la necessità della prova di un concreto pregiudizio ai diversi fini della determinazione quantitativa e della liquidazione di esso per equivalente pecuniario, e non è precluso al giudice il negare la risarcibilità stessa del danno ove la sua effettiva sussistenza o la sua materiale entità non risultino provate (cfr. Cass., sez. II 24 aprile 2014, n. 9286). Tale prova tuttavia non veniva offerta dal Condominio attore, di talché il Tribunale cosentino rigettava la domanda attorea sulla liquidazione del danno in via equitativa.

[1] Su tale responsabilità si è recentemente pronunciato il Tribunale Civile di Milano, Sezione 13, con la sentenza del 15 febbraio 2021 n. 1326, per la quale “l’amministratore di condominio ha l’obbligo di eseguire l’incarico conferitogli usando la diligenza “del buon padre di famiglia” (art. 1710, comma 1, c.c.) e deve rendere il conto della gestione, ai sensi dell’art. 1713 c.c. Risponde nei confronti della compagine condominiale dell’omessa o inesatta esecuzione dei propri obblighi: in particolare, risponde dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei suoi poteri e, in generale, di qualsiasi inadempimento dei suoi obblighi legali o regolamentari. In caso di violazione di tali doveri risponde, nei limiti del suo rapporto interno col condominio, per i danni subiti dai condomini. In particolare, si configura la responsabilità per mala gestio e per grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali dell’amministratore condominiale, in relazione agli artt. 1710 e 1713 c.c. ed all’art. 1129 c.c., nel caso in cui abbia tenuto, nell’esercizio del mandato conferito, una contabilità non ordinata, non intellegibile ed in ogni caso non corrispondente alla reale situazione patrimoniale condominiale”. Nel caso di specie tuttavia il Tribunale milanese condannava il precedente amministratore condominiale conbvenuto in quanto parte attrice aveva provato i danni dallo stesso cagionati.

[2] A questo proposito si è pronunciato il Tribunale Civile di Roma Sezione 5, con la Sentenza del 6 aprile 2020 n. 5780, secondo la quale “in tema di danno da mala gestio contabile dell’amministratore, questi e’ tenuto a risarcire il Condominio in conseguenza anche delle sole violazioni contabili (pur senza, cioè, vere e proprie malversazioni) compiute, fermo restando il consueto onere probatorio (della perdita subita) a carico di chi si affermi danneggiato”.

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