Responsabilità della banca per illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFLa condotta della banca che effettui una illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi configura una sua responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, sia a seguito della violazione dei canoni di correttezza e buona fede richiesti nello svolgimento di ogni rapporto obbligatorio secondo le norme generali ex artt. 1715, 1374, 1375 c.c., sia ex art. 2043 c.c. (risarcimento per fatto illecito) (ex multis Cass. n. 13345/2006; Trib. Ascoli Piceno 13.9.2016; Trib. Verona 12.11.2015 e 27.4.2014; Trib. Milano 19.2.2001; Trib. Napoli 19.1.1998).
Abitualmente è ritenuto ammissibile il concorso cumulativo di una azione di responsabilità contrattuale con una di responsabilità extracontrattuale, atteso che le due azioni nascono da presupposti diversi: la prima deriva, come detto, dall’inadempimento di espressi obblighi contrattuali (buona fede, correttezza, solidarietà contrattuale: Trib. Milano 23.9.2009), l’altra sorge direttamente dalla violazione di diritti specifici del soggetto leso (diritti della personalità).
Il soggetto che assuma l’illegittimità della segnalazione ‘a sofferenza’ del proprio nominativo alla Centrale dei rischi deve fornire la prova di avere subìto, in conseguenza di ciò, un concreto pregiudizio (patrimoniale o no) (ex multis: Cass. n. 8421/2011; Cass. n. 6199/2004; Cass. n. 4881/2004; Cass. n. 4366/2003; Cass. n. 2679/1997; Trib. Torino 20.5.2015; Trib. Perugia 6.3.2014; App. Milano 8.6.1999; Trib. Bologna 25.5.2005); non sono, infatti, ricevibili richieste di risarcimento generiche: “il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive, ma in relazione all’effettivo pregiudizio subìto dal titolare del diritto leso (da dimostrare)” (in arg. Cass., SS.UU., n. 15350/2015; Cass., SS.UU., n. 26972/2008; Cass. nn. 1931/2017; 23206/2015, 16133/2014, 1781/2012 e 1183/2007).
Ai fini della dimostrazione del concreto pregiudizio subìto non può essere invocata la tesi del danno in re ipsa, poiché “snatura la funzione del risarcimento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell’effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo” (Cass., SS.UU., n. 26972/2008).