Responsabilità da cose in custodia per il danno riportato dal minore che cade su recinzione appuntita e tagliente
di Daniele Calcaterra, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Macerata, 29 novembre 2022, n. 1048, Sent., G.U. Dott. U. Rana
Responsabilità da cose in custodia – Prova contraria – Concorso colposo del danneggiato – Esclusione (art. 2051 c.c.)
Il proprietario-custode della recinzione che delimita la sua proprietà dal suolo pubblico risponde del danno patito dal minore che in bici cade su detta recinzione riportandone un danno, a nulla rilevando l’assenza dei genitori al momento del fatto lesivo che non è fattore idoneo a escluderne il carattere di prevedibilità ed evitabilità.
CASO
Tizio e Caia, quali esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio minore Sempronio, citavano in giudizio la società Alfa e i soci illimitatamente responsabili, per ottenere il risarcimento del danno patito dal figlio. Esponevano infatti che Sempronio in sella alla sua biciletta era caduto sulla recinzione posta attorno alla proprietà di Alfa, riportando un rilevante danno biologico.
Successivamente all’integrazione del contraddittorio nei confronti della compagnia assicurativa della società e all’istruzione della causa, la causa veniva trattenuta in decisione.
SOLUZIONE
Il Tribunale accoglie la domanda, condannando i convenuti e la compagnia assicurativa, in solido fra loro, al risarcimento del danno non patrimoniale patito da Sempronio.
QUESTIONI
L’esame della questione posta all’attenzione del tribunale offre l’occasione per riaffermare alcuni principi oramai consolidati nel nostro ordinamento, in tema di responsabilità da cose in custodia disciplinata dall’art. 2051 c.c.
Anzitutto, è un dato assodato quello per cui l’art. 2051 c.c. prevede un’ipotesi di responsabilità oggettiva. È ormai superato, infatti, l’orientamento che ravvisava nella fattispecie un’ipotesi di responsabilità soggettiva per colpa, in favore dell’altro contrapposto indirizzo, secondo cui si tratterebbe di responsabilità oggettiva. È solo il caso di ricordare che la differente impostazione ha avuto in passato conseguenze di notevole impatto pratico, tra cui, in particolare la diversa concezione del caso fortuito, cui la norma fa riferimento quale unico limite alla responsabilità che grava sul custode: la natura oggettiva della responsabilità in esame consente di ricomprendere nel concetto di caso fortuito solamente fattori esterni e autonomi rispetto alla sfera di controllo del custode, idonei a interrompere il nesso causale tra l’attività di custodia e l’evento lesivo e non più la dimostrazione di avere diligentemente adempiuto al dovere di custodia (circostanza che rileverebbe invece ove si desse credito alla tesi che ravvisa nella norma in commento una responsabilità soggettiva per colpa).
Da qui la considerazione per cui l’art. 2051 c.c. impone al danneggiato l’onere di provare esclusivamente il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno.
La prova di cui è onerato il danneggiato si esaurisce nella dimostrazione che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione potenzialmente lesiva (originaria o acquisita nel tempo) della cosa, mentre non è necessario dare prova della pericolosità della cosa, che resta di per sé fattore estraneo alla fattispecie (v. Cass. 02/10641).
Spetta invece al custode la prova liberatoria mediante la dimostrazione del caso fortuito, cioè di un fatto estraneo alla sua sfera di custodia che ha valenza di fattore causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità.
Questi caratteri dovrebbero essere presenti pure nel comportamento del danneggiato, nel caso in cui si voglia addurre tale giustificazione quale prova contraria ai sensi dell’art. 2051 c.c.: dovendo il custode prevenire anche il fatto del danneggiato, per quanto possibile evitandolo, si dovrebbe trattare di comportamenti sui quali il custode non abbia avuto alcuna signoria di controllo, e il cui verificarsi apparisse poco probabile, altrimenti il custode è pienamente responsabile verso la vittima.
Nello specifico, il concetto di prevedibilità deve intendersi come concreta possibilità per il danneggiato di percepire o prevedere la situazione di pericolo (v. Cass., n. 21/1456 e Cass., 12/22898).
Ed è appunto sul versante della prevedibilità/imprevedibilità dell’evento che si è giocata la partita innanzi al tribunale, nel caso di specie. Questi osserva infatti che per la oggettiva conformazione della recinzione – recinzione in ferro con terminali appuntiti e taglienti, alta solo un metro e mezzo dal piano del calpestio del marciapiede pubblico – l’evento si sarebbe verificato anche se fossero stati presenti i genitori e si sarebbe potuto verificare anche in danno di un adulto che per un qualsiasi motivo (malore, perdita di equilibrio, disattenzione o altro) fosse caduto sui ferri appuntiti della recinzione. La recinzione, cioè, nel pensiero dell’organo giudicante, presentava un’oggettiva potenzialità lesiva, tale per cui era del tutto prevedibile che un evento lesivo, come quello per cui è causa, si sarebbe potuto verificare. Ed in quanto evento prevedibile e quindi pienamente evitabile da parte del proprietario-custode, va affermata la sua responsabilità ai sensi dell’invocata disposizione (art. 2051 c.c.), senza che la condotta del danneggiato minore o l’assenza dei genitori possa in alcun modo valere quale esimente per il custode. Segue, in conseguenza di ciò, la condanna dei convenuti al risarcimento del danno patito dal minore.
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