Responsabilità per concorrenza illecita: è tenuto al risarcimento del danno il socio accomandatario che recede e trasferisce il pacchetto clienti
di Francesca Scanavino, Avvocato e Assistente didattico presso l’Università degli Studi di Bologna Scarica in PDFCassazione civile, Sezione I, Ordinanza n. 23010 del 28 luglio 2023
Parole chiave: società di persone – società in accomandita semplice – recesso del socio – divieto di concorrenza – concorrenza illecita – risarcimento – danno – portafoglio clienti – accomandatario
Massima: “Ai sensi dell’art. 2301 c.c., integra attività di concorrenza illecita, rilevante ai fini dell’azione di responsabilità per i danni cagionati alla società, la condotta dell’accomandatario di una società di persone titolare di rapporto di agenzia di assicurazioni, allorché egli, dopo aver disdetto a nome della società il contratto di agenzia da essa intrattenuto, lo abbia poi assunto in proprio, procurando il trasferimento del portafoglio in capo ad una nuova società a lui riferibile, senza che il legittimo recesso dell’unico accomandatario, titolare del requisito della iscrizione all’albo degli agenti di assicurazione, possa in sé escludere l’esistenza di un danno, solo perché valido ed efficace; la quantificazione del danno, così cagionato, va accertata dal giudice del merito, anche a mezzo di c.t.u., secondo i metodi di valutazione del reddito aziendale prospettico, tenuto conto della differenza fra l’ammontare complessivo dei mancati ricavi e quello dei costi non sostenuti, che la società avrebbe conseguito o sopportato, in mancanza della condotta di illecita concorrenza“.
Disposizioni applicate: articolo 2301 c.c.
La controversia prende le mosse dalla domanda di condanna al risarcimento danni sollevata da un Società in Accomandita Semplice (Sas) contro l’ex socio accomandatario, per aver quest’ultimo violato il proprio dovere di non concorrenza ex art. 2301 c.c., trasferendo l’intero portafoglio clienti della Sas – durante il periodo intercorrente tra la comunicazione di recesso (1° marzo 2001) e l’efficacia del medesimo (1° marzo 2002) – in capo ad una nuova Sas a questi riferibile ed avente ad oggetto la medesima attività della società attrice (i.e. attività assicurativa).
Il Tribunale ritenne provate le condotte illecite, ma indimostrato il danno, concludendo per il rigetto della domanda risarcitoria.
Tale decisione venne confermata dalla Corte d’Appello, sulla base delle seguenti argomentazioni: essendo il socio accomandatario l’unico soggetto dotato dei titoli professionali richiesti dalla legge per conseguire l’oggetto sociale, in quanto iscritto all’albo degli agenti di assicurazione, in ogni caso il suo recesso avrebbe comportato la legittima risoluzione del rapporto di agenzia e la perdita del portafoglio clienti; pertanto, la responsabilità del socio accomandatario sussisterebbe unicamente per il pregiudizio cagionato alla società tra il momento della comunicazione del recesso e quello della sua efficacia (periodo in cui però non è stato rilevato alcun danno dalla Corte).
Avverso tale decisione ha proposto ricorso in cassazione la Sas, sostenendo che la Corte d’Appello aveva violato e falsamente applicato gli artt. 2260 e 2301 c.c. per aver ritenuto di limitare la sussistenza delle condotte illecite solo ad un anno, laddove, invece, la presenza in società dell’unico agente di assicurazione iscritto all’albo non impediva alla società, preso atto della volontà di recesso del medesimo, di procurare l’ingresso di un nuovo socio, munito di quel requisito, in modo da mantenere il portafoglio clienti ed il rapporto di agenzia e di scongiurare l’ingente danno alla società.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondate le motivazioni dell’attrice, affermando che la Corte territoriale aveva errato nel ritenere che l’attività illecita del socio accomandatario fosse limitata al periodo di sospensione dell’efficacia del recesso e che il danno dovesse essere limitato sino al momento di efficacia del recesso medesimo; in tal modo, infatti, la Corte territoriale sembrerebbe quasi postulare il diritto del socio infedele di cedere a sé stesso e conservare a suo esclusivo favore il c.d. “portafoglio clienti”, una volta receduto dalla società, senza che questo comporti ulteriore violazione dell’attività di concorrenza illecita.
Al contrario, invece, la società aveva certamente la facoltà, il potere ed il diritto di ricercare un diverso soggetto, dotato del requisito dell’iscrizione all’albo degli agenti di assicurazione. Tuttavia, immediatamente dopo la comunicazione del recesso del socio accomandatario alla società, il recedente ha iniziato ad esercitare la medesima attività di agenzia assicurativa a mezzo di una propria diversa società, senza lasciare nemmeno il tempo alla precedente compagine societaria, titolare legittima del rapporto di agenzia predetto, di conservare in capo a sé il relativo portafoglio clienti. Tale conclusione viola il disposto dell’art. 2301 c.c..
Alla luce delle argomentazioni che precedono, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza impugnata, pronunciando il seguente principio di diritto:
“ai sensi dell’art. 2301 c.c., integra attività di concorrenza illecita, rilevante ai fini dell’azione di responsabilità per i danni cagionati alla società, la condotta dell’accomandatario di una società di persone titolare di rapporto di agenzia di assicurazioni, allorché egli, dopo aver disdetto a nome della società il contratto di agenzia da essa intrattenuto, lo abbia poi assunto in proprio, procurando il trasferimento del portafoglio in capo ad una nuova società a lui riferibile, senza che il legittimo recesso dell’unico accomandatario, titolare del requisito della iscrizione all’albo degli agenti di assicurazione, possa in sé escludere l’esistenza di un danno, solo perché valido ed efficace; la quantificazione del danno, così cagionato, va accertata dal giudice del merito, anche a mezzo di c.t.u., secondo i metodi di valutazione del reddito aziendale prospettico, tenuto conto della differenza fra l’ammontare complessivo dei mancati ricavi e quello dei costi non sostenuti, che la società avrebbe conseguito o sopportato, in mancanza della condotta di illecita concorrenza”.
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